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Seno, gli sport che combattono il tumore

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Non ci sono solo lo yoga o il tai chi per chi ha avuto un tumore al seno. Anzi, alle discipline che distendono mente e corpo bisognerebbe sempre affiancare l’attività aerobica. E qui non parliamo soltanto di corsa o nuoto. Superando i cliché, anche giocare a calcetto vale, come raccontiamo questa settimana nella newsletter di Salute Seno (qui trovate tutti i link per iscriversi gratuitamente). A dirlo sono i ricercatori danesi di due università, la University of Southern Denmark (SDU) e la University of Copenhagen, che hanno condotto il primo studio sui benefici di questo sport per le donne operate di tumore al seno, dal titolo Football Fitness After Breast Cancer

Attraverso l’ospedale universitario Rigshospitalet, sono state coinvolte 68 donne tra i 23 e i 74 anni, divise in due gruppi (in un rapporto di 2:1). Di tutte le pazienti, 46 hanno seguito il protocollo sperimentale, che prevedeva l’allenamento due volte a settimana per un anno, mentre le restanti 22 hanno rappresentato il gruppo di controllo. L’allenamento ha previsto riscaldamento, fitness, esercizi specifici del calcio e partite 5 contro 5, o 7 contro 7 a due porte. “Il gioco del calcio è una forma di allenamento intenso e utile per queste pazienti, perché agisce sulla densità delle ossa, sulla forza dei muscoli e sull’equilibrio”, ha detto Peter Krustrup, a capo del Dipartimento di Sports Science and Clinical Biomechanics, che studia da più di 15 anni gli effetti fisiologici positivi di diversi tipi di sport. 

Gli effetti del calcetto su muscoli e ossa

Krustrup parla con i dati pubblicati su Scandinavian Journal of Medicine & Science in Sports e Acta Oncologica: diversi parametri – densità ossea, equilibrio, forza muscolare, percentuale di massa grassa, pressione arteriosa e colesterolo – sono stati misurati dopo 6 e 12 mesi dall’inizio del programma, e le pazienti hanno compilato questionari sulla qualità di vita e sul livello di energia percepita nelle attività quotidiane. Inoltre, è stato valutato il rischio di sviluppare il linfedema (il rigonfiamento del braccio dovuto a un problema di linfodrenaggio: una possibile, sebbene sempre meno frequente, complicanza dell’intervento di asportazione dei linfonodi ascellari).

Risultati? L’allenamento ha migliorato forza muscolare delle gambe, equilibrio e, cosa molto importante, la densità ossea delle vertebre lombari in chi ha partecipato per meno di un’ora a settimana in media. Per le partecipanti che si sono allenate di più, la densità ossea è aumentata anche a livello del femore. Un dato importante, dal momento che alcune cure oncologiche, in particolare quelle ormonali, inducono la menopausa e peggiorano la qualità e la quantità della massa ossea, esponendo al rischio di fratture. Invece, la sollecitazione dell’apparato muscolo-scheletrico agisce in senso contrario, stimolando lo sviluppo del tessuto osseo. Anche il dato sul miglioramento dell’equilibrio è importante, perché riduce il rischio di cadute. Altri farmaci, inoltre, incidono sulla massa muscolare, che è quindi fondamentale recuperare. Nessun miglioramento, come era atteso, per i problemi di linfedema, ma non si è osservato neanche un aumento del rischio, cosa che, invece, era temuta. Già dopo 6 mesi, infine, le partecipanti hanno riportato che i problemi di salute erano visti meno come delle barriere, e dopo 12 mesi è aumentata la percezione di energia nelle attività quotidiane.

Insomma, il calcio sembra essere sulla via della promozione come sport che può dare benefici per le pazienti, tanto che i ricercatori immaginano già di poter estendere questo tipo di allenamento a livello nazionale, attraverso la Danish Football Association e in collaborazione con i centri oncologici. Ovviamente, ci si riferisce a un protocollo studiato ad hoc per le pazienti oncologiche e, intanto, gli studi continueranno per poter avere dati più forti su cui basarsi. 

Entrare nel metabolismo aerobico

“Ormai abbiamo un po’ di evidenza scientifica solida sui benefici dell’attività fisica di tipo aerobico, proprio soprattutto nell’ambito del tumore al seno”, commenta Chiara Segrè, Responsabile della Supervisione Scientifica di Fondazione Umberto Veronesi. Spesso si dice che qualsiasi attività vada bene, ma non è esattamente così. Certo, muoversi poco è sempre meglio che niente, ma poter ottenere dei benefici significativi per la salute nel medio e nel lungo termine è un altro paio di maniche: “Come per altri aspetti della vita, bisogna dedicarsi del tempo e avere costanza”, riprende Segrè: “Bisogna dare il tempo all’organismo di entrare nel metabolismo aerobico. Se corro per 10 minuti, il corpo ha una reazione di adattamento rapida, ma non innesca quei cambiamenti metabolici che possono davvero fare la differenza”. Per quei cambiamenti è necessario che l’attività aerobica sia protratta per oltre 30 minuti ed eseguita per almeno 5 volte a settimana. Perché prima si consumano zuccheri immediatamente disponibili, solo dopo glicogeno e poi i grassi. Ed è qui che si innescano quei meccanismi positivi. 

I benefici di cui parliamo sono gli stessi mostrati dallo studio danese: riduzione della massa grassa, della glicemia e della produzione di ormoni. “Questo – spiega Segrè – è un aspetto importante, perché il tessuto del seno è sottoposto alla regolazione ormonale. Inoltre l’attività aerobica protratta e costante aiuta a rinforzare il sistema immunitario e contrasta l’infiammazione, che è alla base di molte malattie, compresi i tumori”.

Pagaia che ti passa

Non sarà il caso del calcio, ma ci sono sport e discipline che hanno dimostrato di poter migliorare anche il linfedema. Uno su tutti: il dragon boat, diventato uno degli sport simbolo delle donne con tumore al seno, tanto che i campionati mondiali e le gare nazionali prevedono sempre anche la regata delle “donne in rosa”. Ma non è il solo: anche il nordic walking e la scherma sembrano poter essere di aiuto. E, se l’acqua della piscina non è controindicata (in base alle terapie), il nuoto. In ogni caso, qualsiasi sport si decida di intraprendere, il confronto con il proprio oncologo resta sempre il primo passo da compiere.

Il gruppo fa bene alla mente

“Tra gli altri effetti positivi da segnalare ci sono poi quelli psicologici, che hanno comunque una radice biologica forte”, continua Segrè: “A livello del cervello, infatti, l’attività aerobica rilascia fattori neurotrofici che riescono a ridurre ansia e depressione, e quindi l’utilizzo di farmaci ansiolitici, e anche i problemi del sonno. Questo si verifica soprattutto nelle pazienti che praticano sport di gruppo”. Un effetto che ben conoscono le donne che hanno partecipato al progetto Pink Ambassador di Fondazione Veronesi, che da anni prevede allenamenti curati da coach professionisti e incontri con un team tecnico formato da una biologa nutrizionista e una psiconcologa, e che ha appena concluso la formazione delle nuove squadre.

Gli effetti “protettivi” a lungo termine

Questi gli effetti a medio termine. Ma nel lungo periodo i benefici possono essere davvero importanti: “È stata osservata una riduzione del rischio di ricaduta e mortalità”, dice Segrè: “Soprattutto per i tumori al seno ormono-dipendenti, ma non solo, l’attività aerobica riesce a ridurre il rischio di riammalarsi della metà”. Questo non significa avere la certezza che il tumore non tornerà o non progredirà, perché i fattori da cui dipende la sua evoluzione sono molti, ma significa che è possibile in ogni caso ridurre le possibilità che questo avvenga o ritardare la sua ricomparsa . “Vale anche per chi non ha mai avuto un tumore – conclude l’esperta – i benefici dell’attività fisica sono una certezza nell’incertezza”.

 



www.repubblica.it 2021-05-02 15:57:00

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