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Ricerca, la raccolta fondi si misura con l’impatto

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«Stanno maturando le partnership con le aziende di settori diversi – spiega Cristina Delicato, responsabile dell’area fundraising dell’università Campus Bio-Medico di Roma – È un sistema più evoluto rispetto alla sponsorizzazione e coinvolge la corporate social responsability. I dipendenti vengono coinvolti direttamente e vengono resi partecipi di un tema, per esempio, lo stile di vita sano e l’alimentazione corretta, in una progettazione che coinvolge anche la dimensione del welfare aziendale».

In modo simile, in Gran Bretagna la catena di generi alimentari Tesco ha annunciato l’anno scorso una partnership di cinque anni con Cancer Research Uk, British Heart Foundation and Diabetes Uk concentrandosi non tanto sulla raccolta fondi ma sulla promozione della salute di dipendenti e consumatori. «All’estero è un meccanismo consolidato – racconta Silvia Capotorto che guida l’unità Partnership Fondazione Airc per la ricerca sul Cancro, che ha maturato sei anni di esperienza in Gran Bretagna in charity tra cui Cancer Research Uk, un gigante che raccoglie 635 milioni di sterline l’anno. «Certo lì è diversa la cultura del dono, come la normativa. Ma la direzione è quella: un’alleanza strategica di lungo periodo che consenta alle non profit la sostenibilità dei progetti di ricerca e, attraverso le aziende, il contatto con nuovi potenziali donatori o volontari, ambassador delle charity e degli stili di vita che promuovono. Noi abbiamo cominciato a farlo con la grande distribuzione e con le aziende alimentari».

Impatto

Anche gli strumenti classici di rendicontazione si fanno più complessi. «Non bastano i numeri, i report sono a disposizione sul sito – aggiunge Betti – Bisogna puntare non solo sull’efficienza ma sull’efficacia, spiegare i risultati della ricerca, legati alle cure, raccontando le storie delle persone». Ma l’approccio strutturato, molto orientato al marketing non rischia di dare un’impressione fredda al donatore, con l’effetto che le cause si assomiglino un po’ tutte? «Come nel for profit bisogna tenere in mente la propria missione e quindi il proprio posizionamento. – risponde Betti – Solo così ci si distingue. Per esempio, la nostra missione sono le malattie genetiche rare che colpiscono poche persone. Ma ogni persona è unica e ogni vita conta, questo è il nostro messaggio. Purtroppo spesso le non profit sollecitano indistintamente la benevolenza, senza avere una adeguata cultura della comunicazione in funzione dell’audience».

Sull’impatto Airc fornisce ogni anno un numero: nel 2018 per ogni euro donato alla ricerca lo 0,87 per cento è andato alla ricerca. «Ma i numeri sono noiosi, spesso ostici e non raccontano tutto. E poi si può essere efficienti senza essere efficaci», aggiunge Contucci. Attraverso i social e l’house organ, Airc racconta gli esiti della ricerca: grazie a 108 milioni di raccolta fondi Airc sostiene 524 progetti di ricerca, 101 borse di studio e 24 progetti speciali. Ma per rendicontare le ricadute della ricerca Airc elabora una serie di indicatori di risultato sulle ricerche finanziate come il numero delle pubblicazioni sulle riviste, l’impact factor (l’indice sintetico elaborato sulla base delle citazioni della rivista stessa) , il numero di citazioni ottenute dai paper, ma anche il grado di network con le istituzioni pubbliche ecc. Un lavoro complesso che si è avvalso di consulenti come Avanzi e che ha portato all’ingresso di Airc in Social Value Italia.



www.ilsole24ore.com 2019-09-18 13:43:37

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