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Cuore e farmaci contro il tumore al seno, protezione su misura

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La cardioncologia, che si occupa di comprendere come il cuore risente dei trattamenti necessari per combattere il tumore, aggiunge un altro tassello alle conoscenze. Quando occorre sottoporsi a trattamenti per il tumore al seno, circa 55.000 nuovi casi in Italia ogni anno, occorre che oncologo e cardiologo studino un percorso su misura in base alle condizioni della donna, perché non sempre farmaci come beta-bloccanti o antagonisti del recettore dell’angiotensina sono necessari per tamponare i potenziali effetti delle terapie anticancro sulla salute del cuore. La ricerca, pubblicata su Circulation, è stata coordinata da Siri Lagethon Heck, dell’Ospedale Universitario Akershus di Lørenskog, in Norvegia. Nella ricerca, definita con l’acronimo Prada (prevenzione della disfunzione cardiaca durante la terapia adiuvante per tumore mammario), sono state valutate 120 donne con tumore in fase iniziale in terapia adiuvante che hanno assunto candesartan (antagonista del recettore dell’angiotensina) o metoprololo (beta-bloccante), oppure entrambi i farmaci o un sempolice placebo. Dopo circa due anni di osservazione media, è stata eseguita una risonanza magnetica del cuore e si è visto che il danno sulla frazione di eiezione del ventricolo sinistro (in pratica la forza con cui il sangue viene spinto dal cuore nell’aorta per poi giungere all’intero organismo) è risultata solo minimamente ridotta in tutti e quattro i gruppi di pazienti. Inoltre non sono state osservate differenze significative su altri parametri, come la concentrazione di troponina I o T nel sangue, che possono indicare una lesione del muscolo cardiaco. Per questo non sarebbe sempre giustificata la prescrizione di trattamenti specifici per il cuore in queste donne, a meno che non esistano specifici fattori di rischio cardiovascolare anche perché, come segnala lo stesso Heck, “il trattamento cardioprotettivo con questi farmaci può dare ai pazienti effetti collaterali e non dovrebbe essere somministrato di routine quando non è necessario”. Ovviamente la situazione cambia quando esistono elementi che possono facilitare l’insorgenza di scompenso cardiaco e in questo senso è in corso uno studio multicentrico per testare uno specifico farmaco (sacubitril/valsartan) in pazienti più ad alto rischio. Va ricordato che alcuni studi hanno dimostrato però che in caso di terapia con antracicline (farmaci impiegati nel trattamento di chemioterapia) o anticorpi monoclonali specifici sono stati osservati effetti indesiderati sul cuore che possono comportare un maggior rischio di sviluppare scompenso.

“Il problema della cardiotossicità di alcuni farmaci, ad esempio le antracicline e trastuzumab, di come prevenirla e di come trattarla è un tema molto importante in oncologia – osserva Massimo Di Maio, docente del dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino. Da anni, la collaborazione tra oncologi e cardiologi su questi temi è diventata parte integrante dell’assistenza per i pazienti. AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) ha recentemente inserito la cardioncologia tra le linee guida ufficiali dell’Associazione: il documento è coordinato dal professor Antonio Russo, ed è in via di sottomissione all’Istituto Superiore di Sanità per l’inserimento sul Sistema Nazionale Linee Guida.”Già negli anni scorsi, Aiom produceva raccomandazioni su questo tema. Nel capitolo dedicato alle antracicline, si legge che le uniche cose raccomandate come “da farsi sempre” sono l’attenta valutazione basale, per escludere la presenza di comorbidità, e il follow-up post-trattamento. “Al contrario, l’uso di farmaci ad azione cardioprotettiva, pur definito ragionevole dal punto di vista fisiopatologico, è elencato tra i punti da farsi “a scelta del curante”, ricorda Di Maio. In particolare, a proposito delll’impiego di beta-bloccanti, Ace-inibitori o altri farmaci, che chiaramente vanno usati in presenza di ipertensione o preesistente cardiopatia, il documento recita che “la prevenzione primaria nei pazienti a basso rischio cardiovascolare non può essere fortemente raccomandato per un uso routinario in tutti i centri. Da questo punto di vista, le conclusioni degli autori dello studio Prada vanno a confermare tale raccomandazione”.

 



www.repubblica.it 2021-05-28 10:47:32

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