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Epatite B, allo studio i farmaci che potenziano il sistema immunitario contro il viru…

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Un po’ antivirale, un po’ immunoterapia, per un’azione doppia, mirata da una parte contro il virus dell’epatite B (HBV) dall’altra a sostenere la risposta immunitaria delle cellule che dovrebbero combatterlo. È questa la promessa racchiusa in un alcune sostanze capaci di inibire l’azione di un enzima coinvolto nel metabolismo del colesterolo e che potrebbero un giorno diventare un nuovo trattamento contro l’epatite B. Arriva da uno studio, pubblicato sulle pagine di Nature Communications, che ha testato l’efficacia di queste sostanze, inibitori dell’enzima acilcoenzima A-colesterolo aciltransferasi (ACAT) in alcune cellule in vitro.

Poche armi spuntate contro l’epatite B

Lo studio è preliminare ma il meccanismo d’azione e i risultati osservati sono incoraggianti e aprono una nuova strada. Soprattutto alla luce di quelli che sono oggi i bisogni quando si parla di epatite B, una malattia che ogni anno fa quasi 900 mila vittime, soprattutto legate a cirrosi e tumore al fegato (carcinoma epatocellulare). “I farmaci attualmente impiegati per trattare i pazienti con epatite B devono essere assunti a lungo termine in molti pazienti e molto raramente riescono a ottenere una guarigione – spiega a Frontiere Mala Maini dell’University College London, a capo dello studio – si stanno testando nuove combinazioni per provare ad abbassare la carica virale o per potenziare il sistema immunitario. E gli inibitori dell’enzima ACAT potrebbero essere usati per ottenere entrambi i risultati, dal momento che hanno sia attività antivirale che immunomodulatoria”.

Un’idea che arriva dal passato

L’idea di mettere alla prova l’efficacia di questi inibitori arriva da lontano, e mette insieme da una parte l’esperienza accumulata dal lavoro di Maini e colleghi su come stimolare il sistema immunitario contro i virus e i tumori correlati, dall’altra dalle intuizioni di altri ricercatori sull’attività di immunostimolante, inibendo l’enzima ACAT, come racconta la ricercatrice. “Il nostro e altri gruppi di ricerca negli ultimi anni sono riusciti a capire che diversi nutrienti sono essenziali per la crescita dei tumori, dei virus e l’attività delle cellule del sistema immunitario, al punto che manipolando questi fattori metabolici è possibile controllare l’equilibrio tra patogeno o tumore e l’ospite. Il colesterolo – va avanti Maini – è uno di questi nutrienti, arricchito nei tumori e nel fegato, l’organo colpito dall’epatite B, ma che ha anche un ruolo importante per regolare l’attività dei linfociti T, cellule importanti per il controllo di virus e tumori”.

Lo studio sugli inibitori di ACAT

Partendo da questo, e grazie al lavoro Nathalie Schmidt dell’University College London, prima autrice del paper, i ricercatori hanno testato se inibitori di ACAT – come il farmaco avasimibe, già sperimentato clinicamente – potessero essere efficaci anche contro l’epatite B, testandoli su cellule T estratte di pazienti (da fegato e tumori), confermandone l’attività immunostimolante, che agisce su più fronti. “Gli inibitori ACAT riducono l’accumulo di goccioline di grasso nelle cellule T, che possono comprometterne la funzione – riprende Maini – Promuovono, invece, la presenza di colesterolo libero nella membrana cellulare, che è importante per la formazione delle sinapsi (immunologiche, nda) per riconoscere e rispondere agli antigeni estranei di virus e tumori. Abbiamo anche osservato come gli inibitori ACAT potenziano il metabolismo cellulare, consentendo di produrre più energia, necessaria per produrre un’efficace risposta immunitaria”. E, non da ultimo, ha aggiunto la ricercatrice, sembrano anche ridurre la carica virale (su cellule infettate in vitro con il virus). L’idea, se altri esperimenti e i test in vivo lo confermeranno, è che gli ACAT possano trovare impiego come farmaci a doppia azione contro l’epatite B, magari in combinazione con altri farmaci.



www.repubblica.it 2021-06-03 09:37:13

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