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Esami di maturità, ma quando cercheremo l’empatia con i ragazzi?

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DOPO più di un anno di didattica a distanza, intervallata da periodi in presenza, i ragazzi si stanno preparando per sostenere le ultime verifiche di fine anno e, per alcuni di loro, si stanno anche avvicinando gli esami di maturità. Ma, è giusto sottoporli a questo ulteriore stress? Per molti la scuola viene vista come un luogo dedito esclusivamente all’istruzione e all’insegnamento di una o più discipline per acquisire conoscenze, ma è molto di più. La scuola è il principale luogo di apprendimento all’interno del nostro sistema educativo, dove prima delle competenze di base, bisogna insegnare la socialità, attraverso l’empatia e l’educazione all’affettività

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La Dad e la resilienza

I nostri ragazzi durante questo anno di didattica a distanza si sono impegnati molto, nonostante le condizioni non sempre favorevoli. Si sono impegnati ad alzarsi al mattino per accendere il pc e seguire le lezioni nella propria stanza, si sono impegnati ad avere sempre a disposizione uno strumento per rispettare gli orari e non rimanere indietro con il programma, si sono improvvisati tecnici di fronte ai problemi di connessione internet…Insomma, hanno mostrato una resilienza e una capacità di adattamento che non tutti ci aspettavamo da loro. Certo, non sarà stato per tutti così, ma la maggior parte di loro si è dimostrata molto matura e collaborativa. E, non pensiamo, che non abbiano avuto anche loro difficoltà, così come le abbiamo avute noi adulti con lo smartworking. 

Ora, che finalmente, sono tornati tra i banchi di scuola e sono riusciti ad assaporare nuovamente cosa vuol dire il ritorno alla vita scolastica, si sentono di nuovo sottoposti a ulteriore pressione per via dell’imminente votazione di fine anno. Lo trovo molto ingiusto e poco gratificante alla luce di tutti i cambiamenti che hanno accettato. La scuola non può non tenere conto dell’anno appena trascorso. Troppo spesso si sente dire che i ragazzi in Dad non hanno fatto nulla e ne hanno approfittato per non adempiere ai loro obblighi scolastici, ma perché facciamo di tutta l’erba un fascio? Perché diamo per scontato che i ragazzi se non tenuti sotto stretta osservazione da un insegnante in un aula non siano in grado di autogestirsi? Abbiamo perso completamente la fiducia verso le nuove generazioni e questo non possiamo permettercelo. Ricordiamo gli episodi legati alle interrogazioni online, dove più di un insegnante ha chiesto a uno studente di bendarsi gli occhi per evitare che sbirciasse le risposte corrette. I ragazzi, si sa, hanno mille risorse, ma arrivare a fare questa richiesta a un ragazzo fa emergere l’inadeguatezza del docente sull’uso dello strumento didattica a distanza. 

L’empatia

E, adesso, che i ragazzi sono tornati in presenza, i docenti, così come le normative, potrebbero recuperare ciò che non è stato possibile fare nei mesi scorsi. Se all’inizio i docenti erano stati colti impreparati, così come il nostro Governo, ora si dovrebbe correre ai ripari. Come fare? Pensando alla scuola in modo più empatico e umano. 

Il primo pensiero una volta suonata la campanella non doveva essere la verifica o l’interrogazione per valutare il grado di preparazione degli alunni, ma valutare la loro salute mentale. Non è una lotta contro il tempo, siamo giunti a fine anno e dobbiamo tirare le somme, questo non è stato un anno normale. C’è un tema, infatti, su cui bisognerebbe fare un’importante discussione: come si sentono i ragazzi oggi? Cosa si aspettano per il loro futuro? Mi auguro che in queste ultime settimane prima delle vacanze qualche insegnante sceglierà di dedicare le proprie ore alla salute mentale degli studenti. Fare l’insegnante, soprattutto in tempo di Covid, non è stato facile per via della mancanza di competenze digitale e di strumenti adeguati, ma un’altra problematica emersa è la carenza di empatia. Certo, in alcuni casi e non in tutti. 

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Il rischio della dispersione scolastica

Il mio consiglio? Cerchiamo di fare uno sforzo e metterci al posto degli studenti. La scuola, così come il suo ruolo, non va assolutamente minato, ma va, in una situazione come questa, rivalutato. Secondo i dati riportati dall’Associazione Nazionale Di.Te, di cui sono presidente, il 40% degli over 14 intervistati non riesce a immaginare il futuro e si sta allontanando dallo studio. In questo momento, aggiungere a questa frustrazione una bocciatura o un voto basso potrebbe rischiare di allontanarli del tutto. Piuttosto, sfruttiamo i mesi estivi per riabituare i ragazzi alla normalità, preparali al rientro a settembre, condividere con loro le scelte per recuperare le eventuali lacune, senza perdere di vista la loro salute mentale.
 

Giuseppe Lavenia, psicologo e sicoterapeuta, è presidente Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo “Di.Te” e docente di Psicologia delle Dipendenze Tecnologiche all’Università E-Campus

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www.repubblica.it 2021-06-04 13:45:12

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