Tutte le notizie qui
Backaout
Backaout

Tumore del polmone non operabile, con immunoterapia il 43% dei pazienti vivo dopo 5 a…

48

- Advertisement -


I benefici in termini di sopravvivenza globale e di quella libera da progressione si confermano anche dopo cinque anni per i pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio III non resecabile e che non sono andati in progressione dopo trattamento chemio-radioterapico. Al Congresso della American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso fino all’8 giugno, infatti, sono stati presentati i dati aggiornati a 5 anni dei risultati dello studio di Fase III Pacific che confermano come durvalumab dimostri un beneficio clinicamente significativo e che si mantiene nel tempo sia in termini di sopravvivenza globale (OS) che di sopravvivenza libera da progressione (PFS).

Tumore al polmone non operabile

Il tumore del polmone è la principale causa di morte in Italia. Degli oltre 40.000 nuovi casi di carcinoma polmonare diagnosticati lo scorso anno nel nostro paese, circa l’80-85% possono essere classificati come non a piccole cellule. Oggi un paziente su tre con questo tipo di tumore, presenta alla diagnosi una malattia in stadio III, una fase in cui la maggior parte delle volte il tumore non può più essere rimosso chirurgicamente. Prima dell’approvazione di durvalumab per decenni la chemio-radioterapia è stata l’unica opzione di trattamento disponibile per questi pazienti. “Lo stadio localmente avanzato del carcinoma polmonare non a piccole cellule – spiega Umberto Ricardi, direttore del Dipartimento di Oncologia e della Struttura Complessa Universitaria di Radioterapia della Città della Salute e della Scienza di Torino – è un setting complesso e clinicamente eterogeno, dove comunque in passato solo il 15-25% dei pazienti sopravviveva a cinque anni dopo (chemio)radioterapia, con progressione locoregionale e comparsa di malattia metastatica come pattern di insuccesso terapeutico”.

I risultati a cinque anni

Dopo la pubblicazione dei primi dati del 2017 e 2018 pubblicati sul New England Journal of Medicine, al Congresso dell’Asco sono stati presentati i risultati delle analisi aggiornate dello studio Pacific condotto in 235 centri in 26 Paesi ed ha coinvolto 713 pazienti. Tra i risultati più significativi quello sulla sopravvivenza globale mediana che è risultata di 47,5 mesi per durvalumab rispetto a 29,1 mesi per il placebo: “I dati presentati al congresso dell’American Society of Clinical Oncology – spiega Giorgio Scagliotti, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Università di Torino – confermano, anche dopo un follow-up a 5 anni, il potenziale dell’immunoterapia come approccio terapeutico nel trattamento del tumore del polmone in stadio III non resecabile. L’aggiornamento a 5 anni dello studio Pacific mostra un dato di sopravvivenza complessiva del 42,9% e una riduzione del rischio di morte di circa il 30% per i pazienti trattati con durvalumab. In aggiunta, 1 paziente su 3 nel braccio di trattamento con durvalumab non risulta essere andato incontro a progressione di malattia, un risultato particolarmente rilevante in termini di controllo della malattia e che conferma ulteriormente la possibilità di offrire un trattamento ad intento curativo in questo setting”.

Terapie efficaci ma gestite in team

Per poter gestire al meglio il tumore, però, non basta avere a disposizioni armi terapeutiche sempre più efficaci. “I dati presentati ad Asco – prosegue Icardi – confermano ulteriormente la possibilità di offrire ai pazienti in stadio localmente avanzato un trattamento immunoterapico in grado di aumentare le probabilità di cura e di ottimizzare l’efficacia della chemio-radioterapia, opportunità che non può però prescindere dal coinvolgimento di un adeguato team multidisciplinare, che comprenda oncologo, chirurgo e radioterapista per un adeguato inquadramento diagnostico-stadiativo e per una corretta selezione dei pazienti cui offrire la migliore opzione terapeutica”.

I prossimi step della ricerca

Durvalumab è un anticorpo monoclonale umano diretto contro il PD-L1, che blocca l’interazione di PD-L1 con PD-1 e CD80, contrastando i meccanismi di immuno-evasione messi in atto dal tumore e consentendo la riattivazione del sistema immunitario. Il farmaco è approvato in Italia per il trattamento con intento curativo del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio III non resecabile e ha ricevuto l’approvazione europea per il trattamento di prima linea del carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC). Dalla prima approvazione nel febbraio 2018, più di 80.000 pazienti in questo setting sono stati trattati con durvalumab in tutto il mondo. Come parte di un ampio programma di sviluppo, durvalumab viene anche studiato come monoterapia e in combinazione con chemioterapia, radioterapia, piccole molecole e tremelimumab (un anticorpo monoclonale anti-CTLA4), come trattamento di prima o seconda linea per pazienti con NSCLC, SCLC, carcinoma uroteliale, carcinomi del distretto testa-collo, epatocarcinoma e altri tumori solidi.



www.repubblica.it 2021-06-05 09:30:10

This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Accept Read More