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Sclerosi multipla: lavoro e cure messi a rischio dalla pandemia

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PER LE persone con sclerosi multipla la pandemia ha bruciato il 13 % dei posti di lavoro, una percentuale che raddoppia nei giovani (il 25%). Il 12% ha deciso autonomamente di non ricevere tutte le cure per ridurre il rischio di contagiarsi e nei momenti più critici dell’emergenza il 42% non ha ricevuto servizi sanitari di cui ha avuto necessità, nonostante il grande impegno della Rete dei Centri Clinici per la SM. Inoltre due persone con SM su 3 segnalano di non aver ricevuto l’assistenza domiciliare necessaria. Sono alcuni dei dati che emergono dal Barometro della Sclerosi Multipla 2021 che fornisce la fotografia aggiornata della SM in Italia presentato alle Istituzioni in occasione dell’incontro #1000azionioltrelaSM che apre gli eventi della Settimana Nazionale della SM, il principale appuntamento con l’informazione sulla malattia. 

Emergenze che si aggiungono a criticità preesistenti, su cui l’Agenda della Sclerosi Multipla guidata da AISM è comunque riuscita a incidere.  “Molte le criticità che abbiamo affrontato nel corso dell’anno con una costante azione di advocacy e un dialogo continuo con le Istituzioni nazionali e locali sui temi legati alla cura e assistenza delle persone con SM e più in generale ai diritti delle persone con disabilità e gravi patologie: la tutela dei lavoratori fragili, il mantenimento delle cure, l’accesso ai farmaci e alla riabilitazione, la priorità nella campagna della vaccinazione”, dice Paolo Bandiera, direttore Affari Generali e Relazioni Istituzionali  – “Sono state attivate indagini per conoscere l’impatto della pandemia sulle persone con SM in modo da intercettare in tempo reale le esigenze e rispondere meglio ai loro bisogni. E’ stata potenziata l’assistenza sul territorio e il nostro Numero Verde ha gestito oltre 13mila richieste durante il periodo della pandemia”. 

La sclerosi multipla

La sclerosi multipla è una emergenza sociale. 130 mila persone in Italia con sclerosi multipla, una malattia cronica, imprevedibile e progressivamente invalidante che colpisce il sistema nervoso centrale. E’ la principale causa di disabilità tra i giovani. Colpisce le donne con un rapporto di 3 a 1 rispetto agli uomini. Si registra una diagnosi ogni 3 ore con 3.600 nuovi casi l’anno. La sclerosi multipla viene diagnosticata tra i 20 e i 40 anni nel pieno dell’età lavorativa. In circa il 3-5% di tutte le persone con sclerosi multipla l’insorgenza della malattia si verifica sotto i 16 anni di età (casi pediatrici). Tra costi diretti e indiretti si stima un costo totale annuo della malattia pari a circa 6 miliardi di euro. “Una malattia per cui la ricerca è in pieno fermento. Solo con la ricerca finanziata da AISM con la sua Fondazione FISM sono stati investiti 40 milioni di euro negli ultimi 5 anni. 117 gruppi di ricerca sono attivi e abbiamo progetti in corso per un valore di 16 milioni di euro. Sono 664 le pubblicazioni prodotte sulla SM negli ultimi 5 anni. E abbiamo garantito una immediata ricerca scientifica su questo virus pandemico e sclerosi multipla, impatto sulla malattia, terapie e vaccinazioni.  Una ricerca italiana sempre fondamentale al progresso delle conoscenze in ogni campo ma soprattutto con una ricaduta concreta per la vita e le prospettive delle persone con sclerosi multipla e patologie correlate. Per questo la persona con SM è al centro delle scelte di strategia della ricerca”. dichiara Mario Alberto Battaglia, presidente della Fondazione FISM, il braccio della ricerca di AISM.

 

L’impatto della pandemia

Il Barometro mette in luce altri dati sull’impatto della pandemia. A distanza di un anno dall’inizio dell’emergenza 1 persona su 4 con sclerosi multipla segnala che le strutture e i servizi riabilitativi risultano ancora inattivi e i servizi socio-assistenziali risultano ripresi solo nel 40% dei casi. Il 27% delle persone con SM ha avuto bisogno di supporto psicologico, quasi metà non l’ha ricevuto. Altro elemento critico sono le cure domiciliari: il 65% indica che i propri caregiver sono stati sottoposti a uno stress eccessivo a causa del carico assistenziale aggiuntivo, frutto dell’isolamento. 

Sebbene per il 91% dei centri clinici per la cura della SM ( 240 in tutta Italia)  la pandemia abbia prodotto un forte impatto sul funzionamento, e nel 79% dei casi sulla qualità dei servizi, l’impegno personale e professionale dei neurologi e degli infermieri dei Centri clinici è stato fondamentale per le persone con SM  e in pochi mesi dall’inizio dell’emergenza la rete dei Centri si è saputa riorganizzare con teleconsulti, televisite e nuove modalità per la gestione a distanza della malattia ( 1 su 2 ha attivato nuovi canali di contatto) mantenendo nello stesso tempo le risposte essenziali per le cure e per le urgenze e ricadute, attivando protocolli anticontagio, cercando di seguire i pazienti anche a distanza nonostante le oggettive difficoltà di collegamento con i servizi territoriali.

Rimane sempre, anche prima della pandemia, una generale carenza di risorse presso i Centri clinici: in alcuni casi si arriva ad un neurologo e ad un infermiere dedicato ogni 1000 pazienti, quando non si dovrebbe superare la soglia di 1 a 250 per garantire una adeguata presa in carico. Per il 35% delle persone con SM il Centro è diventato comunque di più’ difficile accesso e il 18% delle persone nella fase iniziale ha incontrato difficoltà aggiuntive nel ricevere la terapia farmacologica, successivamente attenuatesi grazie a soluzioni innovative come la ricetta dematerializzata, la proroga dei piani terapeutici, la distribuzione diretta per alcuni farmaci, e l’impegno della stessa AISM.

I farmaci

Altri problemi emergono dal Barometro per i farmaci sintomatici: una parte significativa, nonostante parziali miglioramenti registrati negli ultimi anni, non è coperta dal SSN e il costo grava sulle famiglie che arrivano a pagare fino a 6.500 euro l’anno di tasca propria. 

Altro nodo è la riabilitazione: il 65% dei pazienti non trova risposte adeguate, rimane il problema della diffusa mancanza di piani riabilitativi individuali, e durante la pandemia il 32%dei pazienti più gravi indica che sono stati sospesi i servizi di riabilitazione domiciliare e l’11% si è dovuto pagare le sedute di riabilitazione attingendo ai risparmi propri o familiari per evitare i danni derivanti dalla sospensione dei trattamenti. 



www.repubblica.it 2021-06-03 12:01:29

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