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Melanoma, una nuova combinazione di immunoterapie frena la malattia

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L’immunoterapia è stata negli ultimi anni la vera novità sul fronte delle terapie oncologiche, dimostrando un’efficacia importante in alcuni tumori, primo fra tutti il melanoma, il tumore della pelle più aggressivo.

L’idea è quella di togliere i freni al sistema immunitario in modo che possa attaccare le cellule malate, freni che l’organismo ha per evitare un’eccessiva attività che potrebbero essere dannose. Le cellule cancerose, però, sfruttano questa regolazione per nascondersi. Da qui l’esigenza di sbloccare questi sistemi di sicurezza. “I primi due freni che abbiamo imparato a conoscere sono PD-1 e CTLA-4, la cui scoperta è valsa il premio Nobel per la medicina, oggi sappiamo che c’è anche LAG-3 che può essere sbloccato”, spiega Paolo Ascierto, Direttore Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative del ‘Pascale’ di Napoli.

A dimostrarlo sono i dati presentati durante il Congresso dell’American Society of Clinical Oncology che riguardano la combinazione di nivolumab, che sblocca PD-1, e relatlimab, anticorpo anti LAG-3.

I risultati

Lo studio ha coinvolto oltre 700 pazienti con melanoma metastatico o non operabile mai trattati prima a cui è stata somministrata o la combinazione o la monoterapia a base di nivolumab. I risultati mostrano che le due molecole hanno ridotto del 25% il rischio di progressione della malattia. In particolare, la sopravvivenza libera da progressione mediana ha raggiunto 10,12 mesi con la combinazione rispetto a 4,63 mesi con la monoterapia con nivolumab.

“È evidente il significativo beneficio clinico offerto dalla nuova combinazione relatlimab e nivolumab in prima linea, con una buona tollerabilità. Gli inibitori di checkpoint immunitari in monoterapia o in combinazione hanno cambiato la storia della malattia e migliorato i tassi di sopravvivenza. Ciononostante, resta una percentuale di pazienti che potrebbero trarre benefici dalla nuova terapia di combinazione che influenza vie cellulari complementari per migliorare l’attività anti-tumorale. Pertanto, puntare alla via di LAG-3 in combinazione con l’inibizione di PD-1 può rivelarsi una strategia chiave per potenziare la risposta immune”, commenta Ascierto. “La sfida ora è capire quali siano i pazienti candidati a questo trattamento e LAG-3 può costituire un biomarcatore valido per la selezione della miglior terapia”. 

L’altra combinazione

La dimostrazione dell’impatto significativo che l’immunoterapia ha avuto nel melanoma viene dai risultati, anch’essi presentati ad Asco, dello studio internazionale di fase III che ha valutato la combinazione delle due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e ipilimumab, in prima linea nel melanoma avanzato. “Il 49% dei pazienti trattati con la combinazione è vivo a 6 anni e mezzo. In particolare, la sopravvivenza globale mediana è stata di 72,1 mesi con nivolumab più ipilimumab – la più lunga finora riportata in uno studio di fase III nel melanoma avanzato – rispetto a 36,9 mesi con nivolumab e a 19,9 con ipilimumab. È quindi decisivo l’impatto della combinazione sulla sopravvivenza globale, soprattutto se si considera che, prima dell’immunoterapia, la speranza di vita dei pazienti con melanoma metastatico era di circa 6 mesi e meno del 10% era vivo a un quinquennio”, dice l’oncologo.

In più, il 77% dei pazienti vivi a 5 anni e che hanno ricevuto la combinazione non ha più avuto necessità di ricevere un trattamento sistemico. La duplice immunoterapia quindi mantiene la sua efficacia a lungo termine, anche dopo la fine delle cure.

Il contributo italiano

Il ‘Pascalè di Napoli è sempre stato all’avanguardia nello studio dell’immunoterapia nel melanoma, con i “vecchi” check point inibitori così come con quello nuovo. I primi studi su relatlimab furono infatti avviati circa quattro anni proprio qui, e quello di Napoli è centro in cui è stato reclutato il maggior numero di pazienti. “Siamo costantemente impegnati su questo fronte: per aumentare il numero di pazienti che possono beneficiare dell’immunoterapia e per estendere le combinazioni di molecole anche ad altre patologie. Sul primo fronte penso che in futuro sperimenteremo la possibilità di intervenire con una tripletta di check point inibitori, sul secondo stiamo già partecipando a studi in cui la nuova combinazione viene testata per il tumore del polmone, del rene e della testa collo”, conclude Ascierto.



www.repubblica.it 2021-06-07 14:22:27

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