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Tumore del rene, la prima immunoterapia in fase precoce

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Ad oggi non ci sono terapie per i pazienti con tumore del rene ad alto rischio di recidiva, e l’osservazione è l’unica strategia possibile. Ma dal congresso annuale dell’American Society of clinical Oncology arriva uno studio destinato a cambiare la pratica clinica. Per la prima volta, infatti, l’immunoterapia somministrata dopo la chirurgia ha aumentato significativamente il tempo libero da ricomparsa della malattia, riducendo del 32% il rischio di recidiva e di morte nei due anni di follow up, rispetto al placebo.

 

Più di un quarto dei pazienti ha una recidiva

Nel 2020, in Italia sono state stimate 13.520 nuove diagnosi di tumore del rene. In generale, circa il 25% si presenta metastatico già alla diagnosi, mentre il restante 75% è operabile. Il 25-30% dei pazienti operati, però, va incontro a recidiva, la maggior parte entro due anni. Questa percentuale è ancora più alta se si prendono in esame esclusivamente casi classificati a rischio intermedio o alto. Lo studio (KEYNOTE-564, di fase 3) ha valutato pembrolizumab, un farmaco anti-PD-1, come potenziale trattamento adiuvante (cioè dopo la chirurgia) proprio in questi pazienti a rischio intermedio-alto o alto di recidiva, dopo nefrectomia (rimozione chirurgica di un rene) o dopo nefrectomia e resezione delle lesioni metastatiche.

 

Lo studio su pembrolizumab come terapia adiuvante

“L’immunoterapia con pembrolizumab, che ha già ottenuto risultati importanti nella malattia avanzata, apre per la prima volta una nuova prospettiva per il suo impiego anche in una fase più precoce, subito dopo la chirurgia”, conferma Sergio Bracarda, Direttore del Dipartimento Oncologico e della Struttura Complessa di Oncologia Medica e Traslazionale dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni: “Ad oggi per questi pazienti, dopo l’intervento, non ci sono opzioni terapeutiche disponibili se non l’attenta osservazione con controlli regolari. Mancavano studi in grado di supportare un vantaggio concreto nella riduzione del rischio di recidiva con un trattamento farmacologico che fosse efficace e tollerabile. Nello studio KEYNOTE-564, pembrolizumab ha dimostrato di essere efficace nel ridurre del 32% il rischio di recidiva o di morte rispetto al placebo: un risultato importante, con un profilo di tollerabilità accettabile e con un trend favorevole di sopravvivenza globale. Per conoscere l’impatto sulla sopravvivenza globale dovremo attendere i dati a più lungo termine, ma già ritardare il tempo di ricomparsa del tumore potrebbe modificarne la storia naturale”.

Per arrivare a questo risultato ci sono voluti decenni, come ricorda Toni K. Choueiri, director of the Lank Center for Genitourinary Oncology, co-leader of the Kidney Cancer Center, Dana-Farber Cancer Institute e professor of medicine alla Harvard Medical School: “Speriamo di continuare a fornire nuove opzioni di trattamento ai pazienti con tumore del rene”. Gli studi sono già in corso sia per la prima linea di trattamento che per la seconda e la terza: si guarda a combinazioni di due immunoterapie e di queste con inibitori dell’angiogenesi, molto efficaci nel tumore del rene.

 

Il tumore del rene e il ruolo della ricerca italiana

ll tumore del rene più comune è il carcinoma a cellule renali (RCC), che riguarda circa nove diagnosi su 10. Questa neoplasia è due volte più comune negli uomini che nelle donne e, nella maggior parte dei casi, viene scoperta per caso, durante accertamenti diagnostici eseguiti per altre malattie addominali. “In passato il tumore del rene veniva portato come esempio di malattia orfana, oggi abbiamo diverse possibilità per la malattia avanzata e, finalmente, risultati importanti anche in una fase più precoce”, conclude Saverio Cinieri, presidente eletto dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom): “L’Italia ha partecipato attivamente a questo studio clinico, portando – come molto spesso accade – dati di grande qualità”.



www.repubblica.it 2021-06-07 12:52:42

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