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Infarto, così si può predire il rischio in anticipo

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Come si fa a sapere se persone senza alcun sintomo, ma con iniziali lesioni alle arterie coronariche, svilupperanno un infarto? Le previsioni sull’evoluzione dell’aterosclerosi sono oggi praticamente impossibili e non si riesce a sapere in anticipo chi è a maggior rischio di sviluppare un infarto a medio-lungo termine. Domani, forse, con un cocktail su misura di controlli si potrà scoprire chi, in presenza di aterosclerosi delle arterie coronariche che magari non danno alcun problema, corre rischi più elevati di andare incontro ad un infarto.

Un “miscuglio di informazioni”, messo in ordine anche grazie al supporto dell’intelligenza artificiale, per svelare il futuro della salute cardiaca. Non è un’utopia, ma la promessa che si apre per la ricerca grazie allo studio Intestrat-Cad, coordinato dal Centro Cardiologico Monzino e che apre la seconda fase del reclutamento per i volontari che intendono essere studiati.

Con l’indagine si cercheranno nel sangue di persone senza precedenti infarti o trattamenti di angioplastica per rivascolarizzare le arterie che irrorano il cuore – ma per le quali la Tac abbia evidenziato una malattia aterosclerotica coronarica iniziale – uno o più biomarcatori da associare al quadro evidenziato dalla stessa Tac. Grazie a questi “segnalatori”, individuabili grazie ad un semplice esame del sangue, si punta a identificare i pazienti a maggior rischio con un semplice esame del sangue. Insomma: la ricerca punta a identificare come “costruire” il cocktail di controlli per soggetti che non hanno problemi, ma con l’aterosclerosi che aggredisce le coronarie, e quindi scoprire in anticipo, in assenza di sintomi, quale sarà la prima manifestazione clinica nel corso della vita di un soggetto con aterosclerosi coronarica (cioè se presenterà un evento acuto o una forma cronica stabile di cardiopatia).

Ovviamente, proprio su questi soggetti, si potrà poi fare un monitoraggio molto più attento e magari potrà essere possibile studiare percorsi di cura per i fattori di rischio e trattamenti mirati per le placche maggiormente pericolose.

“L’idea originale della ricerca parte dal presupposto dello studio Epifania, avviato al Monzino 4 anni fa: non tutte le placche coronariche sono uguali e soprattutto non tutte conducono a un evento cardiovascolare – spiega Gualtiero Colombo, Responsabile dell’Unità di Genomica Funzionale e Immunologia del Monzino – ci siamo dunque posti l’obiettivo di classificare il diverso rischio di eventi coronarici dei pazienti con placche iniziali, in base a indicatori prognostici molecolari personalizzati. La partnership con alcune delle migliori eccellenze della Lombardia permette importanti evoluzioni rispetto ad Epifania. Utilizzeremo l’intelligenza artificiale per generare modelli i di predizione di rischio, studieremo nuovi aspetti molecolari della malattia, come l’assetto della risposta immunitaria/infiammatoria a livello cellulare”.

Proprio dai dati preliminari del primo studio, peraltro, si conferma come le placche aterosclerotiche non siano tutte uguali e che le forme di aterosclerosi possono dunque essere diverse dal punto di vista molecolare: di conseguenza, potrebbero esistere parametri specifici per diversi sottotipi di malattia coronarica. “Ora possiamo allargare i nostri orizzonti e le nostre ambizioni e trovare un maggior numero di questi parametri, per definire la predisposizione all’infarto a livello di singolo soggetto – riprende l’esperto – parte ora la fase due del progetto: richiamare i pazienti per i quali c’è indicazione per eseguire una seconda Tac coronarica, in modo da valutare la progressione della malattia.”

Lo studio è importante perché pur partendo da una base apparentemente identica il processo aterosclerotico delle coronarie, che porta alla loro progressiva occlusione, può durare decenni e manifestarsi clinicamente in modalità molto diverse. Ci sono individui, anche di età avanzata, che mai hanno avvertito e mai avvertiranno sintomi. In altri casi la malattia si sviluppa in modo progressivo fino a provocare angina, cioè una malattia cronica, ma relativamente benigna. Altri pazienti invece vanno incontro a eventi gravi, come l’infarto, o addirittura fatali, come la morte improvvisa. Con questo studio, forse, domani sarà possibile identificare chi è a rischio e come comportarsi. La ricerca Interstrat-Cad è finanziata dalla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica (FRRB) ed unisce in partnership l’Istituto Clinico Humanitas, l’IFOM (Istituto FIRC di Oncologia Molecolare), l’Università di Pavia e il Policlinico San Matteo di Pavia, con il Monzino come centro coordinatore e reclutatore.

 



www.repubblica.it 2021-06-23 10:11:47

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