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Vaccino Covid, è allarme fragili: “Pensiamo alla terza dose o sarà troppo tardi”

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I contagi Covid sono cresciuti del 61,4% in una settimana: una crescita esponenziale, che fa gridare all’emergenza le istituzioni, preoccupa gli esperti e apre la strada ad un autunno in cui la quarta ondata non pare più un’eventualità. La Fondazione Gimbe, nel suo ultimo rapporto settimanale (relativo al periodo tra il 7 e il 13 luglio) parla di un incremento da 5.571 a 8.989 nuovi positivi in sette giorni. Preoccupano soprattutto i fragili: malati cronici immunodepressi, cardiopatici, oncologici. Che, di fronte a una quarta ondata risulterebbero doppiamente scoperti.

L’allerta di Baldanti 

A lanciare l’allarme è Fausto Baldanti, responsabile del Laboratorio di Virologia Molecolare del San Matteo. “Oggi il tema vero è chi ha davvero bisogna dela terza dose – dice – abbiamo in corso studi sui pazienti più fragili, persone in cui si generano risposte anticorpali totali, ossia anticorpi neutralizzanti e anche T-cellulari, più basse rispetto ai soggetti immunocompetenti. Quindi una riflessione sulla terza dose andrebbe fatta partendo da queste categorie”.

Casi in crescita, ma scende il testing

Dunque i contagi salgono. Ma, secondo Fondazione Gimbe il testing non segue la stessa parabola. Lo spiega il presidente Nino Cartabellotta. “Sul fronte dei nuovi casi – precisa – si registra un netto incremento settimanale, peraltro sottostimato da un’attività di testing in continuo calo, che rende impossibile un tracciamento adeguato dei contatti”. Dall’inizio di maggio il numero di persone testate settimanalmente si è infatti progressivamente ridotto del 56,3%, passando da 662.549 a 289.869. Nella settimana 7-13 luglio in tutte le Regioni, ad eccezione di Basilicata e Valle D’Aosta, si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente per la progressiva diffusione della variante Delta. I decessi continuano invece a scendere, attestandosi nell’ultima settimana a 104 con una media di 15 al giorno rispetto ai 24 della settimana precedente.

Più di 4 milioni a rischio

Tenendo conto del progressivo aumento dei muovi positivi e della diffusione della variante Delta, ancora più veloce delle precedenti e secondo gli esperti destinata prevalere in Italia, il tallone d’Achille continua ad essere rappresentato dagli oltre 4,77 milioni di over 60 a rischio di malattia grave non coperti dalla doppia dose di vaccino: di questi, 2,22 milioni (12,4%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino con rilevanti differenze regionali (dal 21,8% della Sicilia al 7,2% della Puglia) (figura 16), mentre 2,55 milioni (14,2%) devono completare il ciclo dopo la prima dose (1.856.129 con AstraZeneca, 596.190 con Pfizer-BioNTech, 96.503 con Moderna).

“Il balzo in avanti rispetto ai 5,75 milioni di over 60 non adeguatamente protetti della scorsa settimana – puntualizza la Fondazione Gimbe – è quasi esclusivamente legato al completamento di cicli vaccinali: in altri termini, non cresce il numero di over 60 che ricevono la prima dose, segno di una persistente esitazione vaccinale in questa fascia di età”. Peraltro, il trend di somministrazione delle prime dosi per fasce di età conferma l’appiattimento delle curve degli over 80 e delle fasce 70-79 e 60-69 e una flessione per tutte le altre classi d’età, con notevoli differenze di copertura tra le varie classi anagrafiche.

La terza dose serve a tutti?

Per contrastare questo stato di cose ora si guarda non solo all’estensione delle seconde dosi a chi non le ha ancora fatte, ma anche ad una terza dose in autunno. A parlare è ancora Baldanti: “Premesso che la variante Delta circola tra i non vaccinati, quindi i giovani che sono la categoria meno coperta, e tra i vaccinati con una dose, c’è un dato importante da considerare: Pfizer si è resa disponibile a fornire la terza dose di vaccino. Noi al San Matteo avevamo già osservato che tra i nostri operatori sanitari, quelli vaccinati con due dosi ma che in precedenza avevano fatto la malattia e sviluppato anticorpi contro il Covid, conservavano titoli anticorpali alti contro tutte le varianti. È vero quindi che la tripla esposizione rafforza l’immunità. Anche se gli Stati Uniti, la Fda (Federal drug administration), sostiene che sul territorio hanno osservato l’efficacia delle due dosi di vaccino, tanto da renderle sufficienti anche contro la variante Delta”.

“I fragili non possono aspettare”.

“Oggi il tema vero è chi abbia necessariamente bisogno della terza dose – prosegue Baldanti – . Dai nostri studi, tuttora in corso, sui pazienti più fragili, come immuncompromessi, trapiantati, oncologici, risulta che la loro risposta al vaccino è più bassa. Parliamo in termini di aumento di anticorpi totali, rispetto alle persone immunocompetenti (capaci di manifestare una risposta immune, come la produzione di anticorpi, quando le cellule del sistema immunitario sono esposte ad antigeni). Quindi la riflessione sulla terza dose andrebbe fatta partendo da queste categorie di pazienti, non solo al fine di immunizzarle al meglio, ma anche per una migliore allocazione delle risorse vaccini”.

“Bisogna aprire una discussione: se fare la terza dose e a chi farla – conclude il virologo del San Matteo – . In questo caso, con riferimento ai fragili, parliamo di persone che sicuramente possono essere esposte all’infezione. I criteri scientifici ci sono, serve solo che vengano condivisi da tutti. Serve che i decisori convochino le società scientifiche per ricavare pareri certificati attraverso documenti: si chiamano Consensus conferences. Cosa aspettiamo a convocarne una?”.



www.repubblica.it 2021-07-16 13:04:52

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