Tutte le notizie qui
Backaout
Backaout

Tumore della prostata neuroendocrino. Il futuro è nei BET-inibitori?

56

- Advertisement -

Il tumore si trasforma, cambia natura, e a volte da adenocarcinoma diventa carcinoma neuroendocrino, una forma di cancro della prostata più grave e aggressivo, resistente alle cure ormonali e capace di accorciare la vita dei pazienti che ne sono affetti. Ora, uno studio pubblicato su Clinical Cancer Research, ha identificato un meccanismo molecolare alla base di questa trasformazione, e ha individuato anche una possibile contromisura: gli inibitori delle proteine BET. Ma andiamo per ordine.

Di cosa parliamo

Il tumore della prostata rappresenta circa il 20% di tutte le neoplasie diagnosticate tra gli uomini over 50: solo nel nostro paese ogni anno si contano 37 mila nuovi casi. Tra le opzioni di cura – oltre a chirurgia, radioterapia, chemioterapia e all’attesa vigile – c’è l’ormonoterapia, il trattamento di prima linea in caso di malattia metastatica. Oggi, tra i farmaci ormonoterapici abbiamo a disposizione inibitori del recettore degli androgeni nuovi e molto efficaci, come enzalutamide, apalutamide, darolutamide e abiraterone, per esempio. Il che è davvero una buona cosa. Ma alcuni studi hanno recentemente dimostrato che nei pazienti in terapia con questi potenti antiandrogeni, l’incidenza del carcinoma neuroendocrino della prostata è del 17%, mentre negli altri pazienti non arriva all’1%. “Un fatto che suggerisce con forza che interferire con la funzione del recettore degli androgeni contribuisce all’aumento del numero dei tumori neuroendocrini prostatici”, riflette Joshi J. Alumkal, del Rogel Cancer Center, Department of Internal Medicine all’Università del Michigan e autore principale dello studio.

Situs Judi Slot Online Terbaru 2021

http://hospice26.ru/situs-judi-slot-online-gampang-menang/

http://sportsvews.com/

http://www.techeasypay.com/slot-gacor-online-gampang-menang/

https://consultarsaldodetarjetavisavalealimentos.com.ar/daftar-situs-slot-gacor-gampang-menang/

https://www.clinicavalparaiso.cl/kumpulan-situs-slot-gacor-terbaik-gampang-menang-resmi/

Domande e risposte

Ma come fanno i tumori prostatici a diventare neuroendocrini? In che modo i farmaci che bloccano il recettore degli androgeni interferiscono con il processo di trasformazione? E infine (e soprattutto), come fare a bloccarlo, questo processo? Utilizzando colture cellulare e biopsie di pazienti con carcinoma prostatico, gli autori hanno osservato che nelle cellule resistenti il Dna si organizza in modo da favorire il passaggio alla forma neuroendocrina quando il recettore degli androgeni è bloccato dai farmaci. “Abbiamo scoperto – ha aggiunto Alumkal – che in questo processo gioca un ruolo importante E2F1, un fattore di trascrizione coinvolto nella differenziazione cellulare”, cioè nel cambiamento di identità delle cellule verso la forma più aggressiva. In questo processo – hanno sempre osservato gli autori – E2F1 non agisce da solo, ma viene aiutato da un tipo particolare di proteine, le proteine del bromodomino BET.

Il gruppo di ricerca ha scoperto allora che bloccando l’azione di queste proteine con farmaci inibitori di BET (molecole scoperte negli anni 90, ma la cui attività antitumorale ha cominciato ad essere studiata nel decennio scorso) la trasformazione si può interrompere. “Quando siamo andati a trattare con BET-inibitori le cellule di carcinoma neuroendocrino in coltura, comprese quelle derivate ????dai pazienti, abbiamo ridotto notevolmente la vitalità di questi tumori”, ha detto infatti Alumkal.

Una strada promettente

Prima di questo studio, Alumkal e i suoi colleghi ne avevano realizzato un altro, di tipo clinico, su pazienti con carcinoma prostatico. Gli autori avevano scoperto che un BET-inibitore, ZEN-3694, dava risultati migliori sui tumori più aggressivi. “Siamo allora tornati indietro – racconta Alumkal – e abbiamo visto che diversi di quei pazienti erano affetti da un carcinoma neuroendocrino della prostata che dipendeva dal trattamento”. Coloro che avevano avuto i migliori risultati con ZEN-3694 erano proprio quelli che esprimevano di più E2F1 e le proteine del bromodominio BET, e meno il recettore degli androgeni.

Il prossimo passo? È già in programma: uno studio clinico più ampio, internazionale e randomizzato, che si concentrerà in particolare sulla valutazione dell’efficacia di ZEN-3694 negli uomini che rispondono poco agli inibitori del recettore degli androgeni. Staremo a vedere. Ma una strada si è aperta, e ha l’aria di essere promettente.

www.repubblica.it 2021-07-08 08:56:22

This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Accept Read More