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Cancro al seno, individuate 300 sostanze chimiche da indagare

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UN nuovo studio ha identificato quasi 300 sostanze chimiche in grado di aumentare, in un test di laboratorio eseguito su cellule, i livelli di due ormoni: l’estradiolo, il progesterone, o entrambi. E circa una trentina di queste potrebbero avere – il condizionale è d’obbligo – un effetto cancerogeno, in particolare nei confronti del tumore al seno. Alcune sono (o erano, a seconda del paese considerato) presenti nei pesticidi, in prodotti comuni come tinture anche per capelli, prodotti di combustione compreso il fumo di sigaretta, sono additivi alimentari o contaminanti dell’acqua. Va ovviamente tenuto presente che si tratta di dati ottenuti in vitro – solo a volte in modelli animali – e non nell’essere umano. Ma i risultati sono interessanti proprio perché potranno contribuire ad aumentare la conoscenza dei fattori di rischio ambientale per questo tumore, su cui c’è bisogno di fare ricerca.

Cosa c’entra il tumore al seno? Si conoscono molti fattori di rischio che aumentano le probabilità di sviluppare questa malattia: tra questi vi sono sia l’uso prolungato delle terapie ormonali sostitutive in menopausa sia la storia riproduttiva (menarca precoce, menopausa tardiva, l’assenza di gravidanze e il non aver allattato al seno), e si ritiene che entrambi i fattori agiscano aumentando l’attività di estrogeni (come l’estradiolo) e progesterone. Per questo c’è molto interesse verso le sostanze che interferiscono con gli ormoni, sebbene il nesso diretto di causa-effetto con il tumore al seno nelle donne non sia stato provato.

 

La ricerca

Lo studio è pubblicato su Environmental Health Perspectives, una rivista autorevole, ed è stato condotto da due ricercatrici del Silent Spring Institute di Newton (Usa), un’organizzazione scientifica dedicata alla ricerca sulle cause ambientali del tumore al seno. “Una delle preoccupazione è se gli interferenti endocrini possano aumentare il rischio e la progressione del tumore al seno”, scrivono le due autrici dell’indagine, Bethsaida Cardona e Ruthann A. Rudel, esperte in tossicologia: “La maggior parte dei tumori al seno, infatti, sono sensibili agli ormoni e presentano recettori per gli estrogeni e il progesterone”. Questo, però, non significa in modo automatico che una sostanza che aumenta i livelli di tali ormoni possa avere un impatto sul rischio. Il punto, secondo le ricercatrici, è proprio questo: si tratta di un aspetto che non sarebbe stato ancora indagato come meriterebbe. Soprattutto se si pensa che il cancro al seno è diventato quest’anno il tumore più diagnosticato a livello mondiale, superando per numero i casi di tumore del polmone. “Quello che sappiamo è che le donne sono esposte a molteplici sostanze chimiche ogni giorno e che queste esposizioni si sommano. Dovremmo essere estremamente cauti nei confronti dei prodotti che aumentano i livelli di ormoni”.

Le ricercatrici hanno condotto una meta-analisi complessa, partendo dai dati derivati da un test sviluppato per il programma ToxCast della Environmental Protection Agency (convalidato a livello internazionale per l’uso in contesti normativi) su ben duemila sostanze: hanno stilato una lista basata sulla loro attività in vitro, analizzato 16 studi in vivo (su roditori) e fatto valutazioni sulla cancerogenicità e la tossicità per lo sviluppo e la riproduzione. Hanno così trovato 182 sostanze che aumentano i livelli di estradiolo, 185 che aumentano i livelli di progesterone e 71 sostanze che aumentano entrambi gli ormoni in linee cellulari. Sempre attraverso i dati di ToxCast, hanno anche identificato le fonti di esposizione e predetto l’esposizione a cui sono soggette le donne. Va detto che per la maggior parte delle sostanze, però, attualmente non si hanno sufficienti dati per valutarne i reali effetti.

33 sostanze sorvegliate speciali

Tra le 300 sostanze chimiche individuate con questo metodo, 33 sono note anche all’International Agency for Research on Cancer (IARC): 5 sono infatti già classificate come “sicuramente cancerogene” (Gruppo 1), altre 5 come “probabilmente cancerogene” (Gruppo 2A) e le restanti 23 come “possibilmente cancerogene” (Gruppo 2B) per l’essere umano, come scrivono in un commento allo studio Kathryn Z. Guyton e Mary K. Schubauer-Berigan della IARC. “Di tutte queste sostanze – riportano le due esperte – solo il dietilstilbestrolo (un estrogeno di sintesi utilizzato tempo fa come farmaco, ndr.) è un fattore di rischio riconosciuto per il cancro al seno. È però interessante notare che alcuni di questi agenti cancerogeni sono collegati ad altri tipi di cancro nell’essere umano, ad esempio della vescica, della prostata e al linfoma non Hodgkin”.

Tuttavia, molti dei prodotti chimici attivi non sono stati testati in vivo o valutati da IARC, e attualmente non abbiamo valutazioni solide di cancerogenicità per 56 sostanze chimiche che aumentano l’estradiolo e per 63 che aumentano il progesterone: “Diversi agenti – continuano Guyton e Schubauer-Berigan – come l’antracene (utilizzato, per esempio, per preparare coloranti, insetticidi e sostanze concianti, ndr.), il bisfenolo A (che costituisce le resine sintetiche, ndr.), il carbaryl, il clorpirifos, la difenilammina e la permetrina (usati nei pesticidi in alcuni paesi, ndr.) sono stati raccomandati per una prossima valutazione da parte della IARC, sebbene solo poche di tali raccomandazioni si basino su evidenze solide riguardo al cancro al seno negli esseri umani”.

I limiti dello studio e le difficoltà della ricerca sui fattori di rischio ambientali

“L’approccio utilizzato in questo nuovo studio è interessante, ma ha anche molti limiti”, commenta Enrico Garattini dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e ricercatore della Fondazione AIRC nell’ambito dell’oncologia della mammella e dei tumori solidi: “Non è detto che quello che si osserva nella linea cellulare sia generalizzabile in vivo, e in particolare nell’essere umano. E non è automatico che l’aumento del livello di ormoni causi il tumore al seno Si tratta quindi di predizioni e bisogna essere molto attenti a non trarre conclusioni affrettate. Soprattutto perché quello che chiamiamo genericamente tumore al seno è un insieme di malattie anche molte diverse le une dalle altre. Anche all’interno del carcinoma mammario ormono-sensibile, che rappresenta circa il 70% dei casi, ci sono enormi differenze. Assolutamente condivisibile, però, la posizione delle autrici e del commento dello IARC, secondo cui la ricerca sui fattori ambientali del tumore al seno debba essere implementata. Il problema reale, almeno in Italia, è la carenza assoluta e strutturale di fondi”.

Gli studi epidemiologici sono una strada importante per chiarire qualsiasi potenziale collegamento, ma finora evidenze “sufficienti” sui fattori di rischio ambientale per il cancro al seno derivano quasi tutte da studi condotti sulla nutrizione e sull’esposizione a farmaci. “L’approccio utilizzato da Cardona e Rudel – concludono Guyton e Schubauer-Berigan – fornisce un importante esempio di applicazione di test in vitro convalidati per capire quali sostanze chimiche devono avere la priorità per ulteriori studi e valutazioni”.

 



www.repubblica.it 2021-07-22 12:08:13

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