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Screening per il tumore del polmone nei fumatori, a che punto siamo?

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SAREBBE dovuto partire un anno e mezzo fa. Poi è arrivata la pandemia. Parliamo dello screening per il tumore del polmone nei forti fumatori, con TAC a basso dosaggio di radiazioni: un progetto pilota di diagnosi precoce che, secondo gli esperti, potrebbe dimezzare la mortalità per questa malattia nel prossimo ventennio. E ora siamo di nuovo ai blocchi di partenza. La Commissione Bilancio della Camera ha infatti approvato un emendamento al decreto Sostegni bis che stanzia 1 milione di euro l’anno per la Rete Italiana Screening Polmonare che doveva essere costituita nel 2020. “Si tratta di un sostegno fondamentale per mettere a punto una strategia di prevenzione in tutta italia, perché non dà solo strumenti economici ma riconosce la necessità di un programma di prevenzione”, dice Ugo Pastorino, Direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Toracica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, tra i promotori della sperimentazione.

10 mila volontari, per cominciare

Si può quindi ricominciare a mettere in piedi un programma coordinato per lanciare lo studio pilota che coinvolgerà 10 mila persone, per dimostrare che lo screening del tumore del polmone è possibile a costi sostenibili e che è costo-efficace negli anni. “Stimiamo che ogni anno lo screening per il tumore del polmone nei forti fumatori potrebbe coinvolgere intorno ai 500-600 mila persone: quindi 10 mila è un numero piccolo in proporzione, ma è molto importante per dimostrare nella pratica che la strategia è sostenibile ed efficace”, spiega Pastorino. Oggi la percentuale di tumori del polmone scoperti quando sono ancora operabili e potenzialmente curabili è del 20-25%: con lo screening si pensa che raddoppierà. “Il costo del trattamento della malattia avanzata è molto elevato – prosegue il chirurgo – e i risultati purtroppo ancora scarsi anche con i farmaci più moderni e costosi. Lo screening permetterebbe di salvare 10-15 mila vite all’anno, quindi obiettivo molto importante, con un costo relativamente basso”.

I prossimi passi

Realisticamente, il progetto potrebbe partire davvero nel gennaio del 2022, Covid permettendo. I prossimi passi sono l’approvazione definitiva, la pubblicazione del decreto attuativo con la mappa dei primi centri accreditati: “I centri con TAC di ultima generazione sono tantissimi e non mancano i radiologici in grado di fornire un ottimo livello di competenza”, continua l’esperto: “Non sarà necessario, quindi, un investimento in tecnologie: la cosa più importante è fare da subito formazione: se si parte da zero il rischio di commettere errori e aumentare il senso di sfiducia che deriva da false diagnosi è alto. Per questo nel progetto è prevista la formazione e la possibilità di appoggiarsi a un secondo radiologo per una lettura centralizzata delle immagini, per fornire un criterio orientativo”. Nella TAC di un forte fumatore, infatti, si individuano molte lesioni polmonari, ma quelle significative sono poche. In 20 anni di esperienza, oggi sappiamo che è possibile separare bene le poche lesioni importanti dalla miriade di lesioni non patologiche, grazie all’intelligenza artificiale e alla lettura di un radiologo esperto, riducendo al minimo i richiami.

Si punta a offrire un servizio vicino alle persone e gratuito

Altro aspetto fondamentale: le persone che partecipano allo screening non dovrebbero percorrere più di 100 km per fare l’esame, e questo, con la conformazione geografica dell’Italia, non è sempre semplice. “Quello che vogliamo creare è anche un modello di medicina territoriale”, sottolinea Pastorino: “I partecipanti non dovrebbero sostenere alcun costo per l’esame e spendere poco per lo spostamento. Parliamo di persone in genere molto negative per quanto riguarda il futuro: fataliste, che hanno paura del contatto con struttura sanitaria quando non vi è un bisogno immediato, e pensano che ci sia poco da fare per chi ha fumato per molto tempo. Purtroppo lo pensano anche alcuni medici, ma non è necessariamente vero”.

 

Il ruolo dei medici di medicina generale

Un altro obiettivo del programma è coinvolgere i medici di medicina generale: “Hanno un ruolo fondamentale per individuare e convincere i loro pazienti più a rischio, perché non possiamo affidarci solo alla auto-selezione e alla volontà individuale. Ma anche per valutare le conseguenze positive dello screening”, conclude Pastorino: “Questo progetto può essere un esempio di un buon gioco di squadra della medicina specialistica e territoriale”.



www.repubblica.it 2021-07-23 11:09:37

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