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Vaccino in gravidanza, perché non c’è chiarezza

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“Prima lo prenoti, meglio è”. Un messaggio che arriva dritto al punto, quello che il servizio sanitario inglese, per voce della Chief Midwifery Officer for England, Jacqueline Dunkley-Bent, rivolge alle donne in gravidanza per incoraggiarle a fare il vaccino, “il modo più efficace di proteggere la donna e il suo bambino dagli effetti di Covid-19”. Pragmatismo inglese, sostenuto dagli ultimi dati che documentano una crescita dei ricoveri in ospedale per le donne incinte non vaccinate. Negli ultimi giorni anche i Centers for Disease Control americani, punto di riferimento per la tutela della salute, hanno aggiornato le linee guida raccomandando il vaccino anti Covid in gravidanza, “alla luce dei benefici che superano ogni potenziale rischio”.

E in Italia?

In Italia, invece, la linea di demarcazione è meno nitida. Da un lato l’atteggiamento di prudenza sposato dal Ministero della Salute – in una recente circolare si afferma che la vaccinazione “non è controindicata in gravidanza”, riconoscendo comunque la possibilità di un certificato di esenzione temporanea – e la cautela dell’Istituto Superiore di Sanità. Quest’ultimo, nelle vigenti indicazioni ad interim, stilate lo scorso 31 gennaio dall’Italian Obstetric Surveillance System, sottolinea come le gravide non sono al momento un target prioritario, e la vaccinazione in gravidanza “non è raccomandata di routine”, ma andrebbe considerata per le donne ad alto rischio, con una scelta valutata caso per caso, dopo avere considerato i benefici e i rischi.

Dall’altro lato le società scientifiche di ginecologia e ostetricia riunite nella Federazione Sigo che, dati internazionali alla mano, ritengono che la vaccinazione debba essere “fortemente raccomandata” alle gestanti, da considerare come popolazione fragile nei confronti dell’infezione da Sars-CoV-2.

Uno scarto semantico in cui si possono insinuare incertezze, dubbi e qualche esitazione. Tanto che la Sigo ha lanciato un appello alle istituzioni perché rassicurino le donne sulla vaccinazione anti Covid e favoriscano l’offerta attiva del vaccino, dal momento che la gravidanza è un fattore di rischio per malattia grave da Covid-19.

“C’è bisogno di una comunicazione chiara, semplice e facilmente comprensibile. Non possiamo nasconderci dietro le parole: lo chiedono le donne. Che a causa di messaggi non univoci stanno vivendo una grande confusione su un argomento così sensibile”, avverte Enrico Ferrazzi, direttore dell’Ostetricia alla Clinica Mangiagalli di Milano e ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università degli Studi di Milano.

Qualcosa, intanto, si sta muovendo: l’Istituto Superiore di Sanità, interpellato da Salute, fa sapere che sta lavorando a un nuovo documento – che sarà pronto a breve ed è destinato a sostituire le indicazioni ad interim di inizio anno – in cui verranno ricalibrate le raccomandazioni sul vaccino anti Covid alle donne in gravidanza, alla luce dei nuovi dati emersi in letteratura scientifica negli ultimi mesi. Ad esempio uno degli studi più aggiornati sulle donne vaccinate prima delle 20 settimane di gravidanza, iscritte negli Usa al registro di sorveglianza “v-safe”, ha dimostrato che l’immunizzazione con vaccini a mRna non è associata a un aumentato rischio di aborto.

Le linee guida internazionali

“Le più recenti linee guida internazionali, da quelle dell’American College of Obstetricians and Gynecologists a quelle del Royal College of Obstetricians & Gynaecologists inglese, raccomandano la vaccinazione anti Covid alle donne incinte, sulle quali l’infezione può avere un impatto più significativo in termini di ospedalizzazioni e gravità della malattia, oltre a riverberarsi sullo sviluppo di patologie della gravidanza e parti pretermine”, spiega Ferrazzi, che in Mangiagalli sta ricominciando a ricoverare gravide con Covid, tutte non vaccinate.  “Il rischio assoluto, fortunatamente, rimane basso, ma non va trascurato che il pericolo di finire in terapia intensiva aumenta di tre volte rispetto alle donne non gravide, specialmente nel caso di altre malattie concomitanti come diabete e ipertensione, età superiore ai 35 anni e obesità, tenendo presente che la fase più delicata è la seconda metà della gravidanza”.

Che fa la Lombardia

A fare da apripista per accompagnare le donne verso una vaccinazione consapevole è la Lombardia, regione che ha vissuto le ondate più violente della pandemia. Da fine luglio la vaccinazione anti Covid viene ufficialmente raccomandata a tutte le gestanti, e sono previsti appropriati interventi di counseling rivolti alle donne da parte dei professionisti sanitari: lo prevedono le indicazioni ad interim approvate dalla Regione, frutto del lavoro di un panel di esperti del Comitato Percorso Nascita, condiviso dal Comitato tecnico scientifico lombardo.

Protezione anche al neonato

“Nel documento spieghiamo che le gravide non sono state incluse nelle sperimentazioni dei vaccini contro il Covid, ma che gli studi finora pubblicati e le osservazioni su 220 mila donne in gravidanza vaccinate non hanno rilevato problemi di sicurezza né per la futura mamma né per il bambino – chiarisce Ferrazzi, che ha fatto parte del gruppo di esperti autori delle linee guida lombarde – In gravidanza vengono somministrati vaccini a mRna, Pfizer e Moderna, che dal punto di vista biologico non hanno effetti su placenta o feto perché le sequenze di Rna messaggero vengono rapidamente degradate senza penetrare nel nucleo cellulare. Semmai, gli anticorpi acquisiti dalla mamma vengono trasferiti al nascituro, con l’effetto di fornire al neonato una protezione per i primi mesi di vita”.

Oltre il 99% delle ricoverate non vaccinate

Nelle valutazioni delle future mamme dovrebbe rientrare anche la minaccia della variante Delta, che imperversa con una maggiore contagiosità. Un recente studio dell’Università di Oxford, finanziato dal National Institute for Health Research inglese conferma che le donne incinte risultano colpite in modo più pesante dalla variante Delta. Se nella prima ondata il 24% delle gestanti ricoverate aveva un Covid moderato-severo, i quadri più gravi sono saliti al 36% con la variante Alfa e al 45% con la Delta. La buona notizia per le donne immunizzate è che quasi nessuna rischia il ricovero: più del 99% delle gravide ospedalizzate prese in esame nello studio non erano vaccinate.



www.repubblica.it 2021-08-13 04:19:00

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