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Lisa Licitra vince il premio dell’oncologia europea

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L’ESMO Award edizione 2021 andrà a una donna italiana, impegnata da oltre 30 anni nello studio e nella cura dei tumori della testa e del collo. È Lisa Licitra, direttore della Struttura complessa Oncologia medica 3 – Tumori Testa-Collo della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano, professore associato nel dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università degli Studi di Milano e direttore scientifico della fondazione Cnao, il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica per il trattamento dei tumori. Il premio, “per il suo eccezionale contributo al progresso della comprensione e del trattamento dei tumori della testa e del collo, e per il suo impegno nel motivare e tutorare oncologi medici di tutto il mondo”, come recita la motivazione, le verrà consegnato il 17 settembre, seconda giornata di lavori del Congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO), quando Licitra terrà la conferenza dal titolo “Un oncologo medico di fronte a una malattia”.

Una malattia, il cancro del distretto testa-collo, di fronte alla quale Licitra si trova a partire dalla metà degli anni 80, quando con una borsa di studio entra a far parte, come giovane oncologa, di un gruppo di chirurghi e radioterpisti. “Era un gruppo interdisciplinare ante litteram – spiega l’esperta – che qui in Isistuto si era formato naturalmente, per necessità, intorno a una malattia rara e mortale, contro la quale a un certo punto è stato necessario aggiungere competenze. L’oncologia cervico-facciale nasce nelle mani dei chirurghi e dei radioterapisti, dopo ha coinvolto esperti di chemioterapia e di cure sistemiche. Soprattutto per gestire il cisplatino, che ancora oggi rappresenta il trattamento principe nella cura dei tumori cervico-facciali. Il premio che mi è stato attribuito ha una motivazione a cui sono molto legata ed è quello aver fatto conoscere la mia disciplina ad altre discipline. La chirurgia e la radioterapia detenevano la conoscenza dei tumori della testa e del collo, l’oncologo medico non l’aveva, e molto spesso ancora purtroppo non ce l’ha. Questa è una malattia un po’ particolare”.

 

In che senso si tratta di una malattia particolare?

Perché è una malattia locale, e anche la recidiva e le metastasi sono molto spesso locali, solo una minoranza di pazienti sviluppa lesioni a distanza. Normalmente l’oncologo medico non vede le lesioni: la malattia di cui mi occupo io si vede e si sente, invece. Coinvolge molti sensi, è fortemente invalidante, chi ne soffre fa fatica a respirare, a parlare, a deglutire. E c’è la questione dell’aspetto fisico, che molto spesso è compromesso. Ecco, in un caso su due, un tumore testa-collo è tutta questa roba qua. Certo, negli anni la chirurgia ha imparato a ricostruire i tessuti, la radioterapia a circoscrivere le radiazioni e a preservare il più possibile le funzioni degli organi.

 

Si parla molto di oncologia di precisione. Che prospettive ci sono in questo senso per questo tumore raro?

È vero che si trata di una malattia rara (10mila casi l’anno nel 2020 in Italia, ndr) tuttavia i tumori della testa e del collo sono la più frequente tra le famiglie dei tumori rari. Il problema è che questi tumori vengono accorpati a tanti sottogruppi differenti, che hanno storie naturali, trattamenti e biologia diversi. Quindi è logico provare a scardinare questa semplificazione, visto che andiamo verso la precision oncology. Dobbiamo puntare a selezionare al massimo i pazienti, a suddividere la grande famiglia dei tumori testa-collo nei vari sottogruppi sulla base della clinica e della biologia della malattia. I tumori testa-collo hanno una biologia particolare che di per sé si presta poco alla precision oncology intesa come è intesa e come funziona oggi.

Perché?

La precision oncology oggi si basa sull’individuazione di mutazioni contro le quali vengono mirati dei farmaci. Ora, le mutazioni dei tumori cervico-facciali ci sono, ma non sono utili a disegnare farmaci innovativi perché si tratta di mutazioni a carico di geni oncosoppressori, cioè di geni con un’attività inibitoria che non funziona. Oggi è molto difficile mettere a punto farmaci mirati contro inibitori che non funzionano. Noi siamo di fronte a una a malattia per la quale pochi farmaci si sono dimostrati utili: l’unico farmaco che colpisce un target specifico approvato è cetuximab, ma in altri tumori, come quello del polmone o della mammella, di questo tipo di farmaci ce ne sono decine. I due farmaci principali contro la malattia di cui mi occupo sono il cisplatino e il cetuximab. C’è la new entry dell’immunoterapia: in Italia abbiamo il nivolumab e il pembrolizumab. Non abbiamo dati eccezionali, certo, come per il melanoma o per il carcinoma polmonare, però li abbiamo: nei pazienti con malattia che ricorre o metastatica con questi farmaci abbiamo osservato un aumento della sopravvivenza. Ora si tratta di capire come inserire l’immunoterapia all’interno della storia naturale della malattia.

 

Qual è quindi la strategia da seguire per trovare delle soluzioni terapeutiche nuove per il carcinoma della testa e del collo?

Utilizzare tanti dati e selezionate al massimo i pazienti, raccogliendoli in piccoli gruppi così da mirare meglio gli obiettivi degli studi. Se mantengo una eterogeneità all’interno dei trial rischio di vedere ben poco. Per fare un esempio: è chiaro che c’è un piccolo gruppo di pazienti che beneficia dell’immunoterapia, ma dobbiamo capire chi sono. Quindi, ripeto, dobbiamo avere gruppi sempre più piccoli di pazienti omogenei. Abbiamo bisogno di sfruttare tanti dati, tutti i dati che la vicenda clinica e la biologia del tumore producono, metterli insieme e provare a suddividere i casi sulla base di queste informazioni.

Ma per mettere insieme tanti dati e analizzarli servono tante persone, tante professionalità e tanta collaborazione. Parliamo di multidisciplinarietà?

Per chi si occupa dei tumori del distretto cervico-facciale, la multidisciplinarietà è una religione. Partiamo dai big data: se voglio mettere insieme milioni di dati ho bisogno di clinici ma anche di ingegneri, bioinformatici, statistici, di esperti di intelligenza artificiale. Sul fronte più clinico è chiaro che i pazienti con un tumore testa-collo necessitano di approcci integrati, che non possono che essere decisi da un gruppo di persone: il chirurgo, il radiologo, il patologo, il biologo, l’infermiera l’assistente sociale, lo psicologo, il riabilitatore, il logopedista, il dentista, lo stomatologo. Insomma la multidisciplinarietà è necessaria fuori e dentro il reparto. Big data, multidisciplinarietà, collaborazione e integrazione sono il futuro di tutta la medicina, non soltanto chi si occupa di tumori della testa e del collo. Noi abbiamo solo maggiore necessità, oggi.

 

 

Le è stato conferito l’ESMO Award 2021 per i traguardi scientifici raggiunti ma anche per il suo impegno nel fare da tutor e nel motivare altri medici. Quanto è importante per lei sostenere e stimolare giovani oncologi?

Avere intorno giovani, persone dedicate, persone che hanno una luce negli occhi per me è emozionante. La mia battuta è: allora ragazzi io ci ho impiegato 30 anni a capire questa cosa, ma il mio dovere è farvelo capire in pochi minuti. Il resto fatelo voi, andate avanti!



www.repubblica.it 2021-09-15 10:56:53

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