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Tumore al seno avanzato, la più lunga sopravvivenza mai raggiunta

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NEGLI ultimi anni le terapie mirate hanno cambiato la storia del tumore al seno metastatico, e i dati presentati oggi al Congresso europeo di oncologia medica (Esmo) non lasciano dubbi: mostrano la più lunga sopravvivenza osservata finora.

I risultati sono quelli dello studio clinico Monaleesa-2 e riguardano la combinazione di ribociclib (un farmaco mirato innovativo, della classe degli inibitori delle CDK4/6) con il letrozolo (un inibitore dell’aromatasi, tra i farmaci più utilizzati) nelle donne in post-menopausa per il trattamento del cancro al seno più comune, quello di tipo “ormonale” (Er-positivo ed Her2-negativo), di prima linea.

Oltre 5 anni di sopravvivenza mediana

La sopravvivenza globale mediana raggiunta è di quasi 64 mesi, che equivalgono a più di 5 anni. “Mediana” significa che la metà delle pazienti vive più a lungo. Lo studio ha coinvolto oltre 660 pazienti mai trattate prima per il carcinoma mammario avanzato. Metà sono state trattate con ribocilib e letrozolo, l’altra metà con letrozolo e un placebo. Ad un follow-up di più di 6 anni – il più lungo tra gli studi ad oggi condotti sugli inibitori CDK4/6 – l’analisi mostra che la differenza stimata nel miglioramento della sopravvivenza globale mediana è di oltre un anno.

“Attendevamo con ansia questi dati, che sono molti solidi e confermano l’efficacia della terapia a bersaglio molecolare con ribociclib. Siamo di fronte a una sperimentazione il cui risultato è stabile, definitivo. Ribociclib ha mostrato una riduzione del 24% del rischio di morte, coerente con quanto già visto negli altri due studi MONALEESA”, dice Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli.

Ribociclib in pre- e post-menopausa

Vi erano infatti già due studi con ribociclib condotti su popolazioni diverse: MONALEESA-7 (nelle donne in pre- e peri-menopausa, in combinazione con la terapia endocrina) e MONALEESA-3 (nelle donne in post-menopausa, in combinazione con fulvestrant, un altro farmaco anti-ormonale). Il ‘pezzo’ mancante era proprio il MONALEESA-2. “Lo studio è maturo, con un follow up mediano di circa 80 mesi”, continua De Laurentiis: “Questo significa che metà delle pazienti è stata seguita per almeno 7 anni. I dati delle tre sperimentazioni su ribocliclib si rafforzano a vicenda e lo pongono come l’unico inibitore CDK4/6 ad aver dimostrato un vantaggio in sopravvivenza globale in tutte le popolazioni studiate, quindi in donne in pre/peri e postmenopausa e con diverse combinazioni ormonali”. I centri di ricerca italiani hanno contribuito in maniera importante a tutto il programma degli studi MONALEESA.

Risultati importanti per metà delle donne con tumore al seno avanzato

Manca ancora un registro delle donne con un tumore al seno metastatico, ma si stima che in Italia sia più di 37.000. La malattia resta la prima causa di morte oncologica nella popolazione femminile, ma grazie ai recenti avanzamenti e alle terapie mirate, oggi molte di loro convivono con la malattia per diversi anni. A quante di queste pazienti interessano i nuovi dati? “Quella studiata in MONALEESA-2 è la popolazione con carcinoma mammario più frequente nella pratica clinica quotidiana”, risponde Saverio Cinieri, Direttore dell’Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale ‘Perrino’ di Brindisi e Presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom): “Le donne in post menopausa rappresentano infatti circa il 70% di quelle con tumore al seno endocrino-sensibile e la metà di queste corrisponde al profilo delle pazienti incluse nello studio”.

Un anno in più prima della chemio

I nuovi risultati mostrano un aumento di 12 mesi nel tempo libero da chemioterapia nel braccio trattato con ribociclib e letrozolo rispetto al braccio trattato con il solo letrozolo. “Il trattamento standard dei tumori mammari positivi per i recettori ormonali è la combinazione di un inibitore di cicline con il trattamento ormonale”, ricorda Pierfranco Conte, Direttore della Divisione di Oncologia Medica 2 dell’Istituto Oncologico Veneto di Padova: “Ribociclib è l’unico farmaco della classe degli inibitori CDK4/6 in grado di vantare una totale coerenza e solidità di risultati, indipendentemente dalla condizione menopausale e dalla linea di terapia. Un altro ‘numero’ che misura la portata dello studio MONALEESA-2 è che, a 6 anni di follow up, quasi la metà delle donne, il 44%, è ancora vivo. Sono dati mai visti con nessun trattamento in questa popolazione di pazienti. Gli inibitori di CDK4/6, inoltre, permettono di evitare il ricorso alla chemioterapia in prima linea o di posticiparla, con grandi vantaggi in termini di qualità di vita e di minori tossicità”.

Qualità di vita conservata anche dopo 6 anni

In questa analisi con un follow up più lungo, inoltre, non sono stati osservati nuovi eventi avversi: “Grazie a questa terapia – aggiunge Conte – riusciamo a offrire alle pazienti non solo una sopravvivenza a lungo termine ma anche a migliorare la loro qualità di vita, con un ottimo controllo della malattia. La maggioranza delle donne infatti può continuare a condurre la propria vita”. Quando un trattamento offre una lunga sopravvivenza generale – come in questo caso – per le pazienti significa avere più tempo per stare con le persone che amano e per fare ciò che le rende felici, sottolinea Shirley A. Mertz, Presidente del Metastatic Breast Cancer Network (MBCN): “Questi dati rappresentano una nuova speranza per le donne di tutto il mondo”.



www.repubblica.it 2021-09-19 11:42:25

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