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Vaccini: Covid,cure sclerosi multipla non riducono anticorpi – Medicina

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(ANSA) – ROMA, 22 SET – Alcune terapie per il trattamento
della sclerosi multipla riducono la capacità di fare anticorpi
anti-Covid nei malati vaccinati con doppia dose, ma la maggior
parte dei farmaci ne permette il normale sviluppo. Con Moderna
si è avuto il triplo di anticorpi rispetto a Pfizer in questi
pazienti. Lo indica uno studio italiano, il più ampio mai
realizzato sulla vaccinazione anti-Covid nei pazienti con
sclerosi multipla, pubblicato sulla rivista EBioMedicine dal
Policlinico San Martino e l’Università di Genova.
   
La ricerca, cofinanziata dalla Fism (Fondazione italiana
sclerosi multipla) e condotta su 780 pazienti con sclerosi
multipla, di cui 594 vaccinati con Pfizer e 186 con Moderna
afferenti a 35 centri nazionali per la sclerosi multipla, ha
verificato che ad un mese dalla seconda dose, la maggior parte
dei pazienti vaccinati con Moderna o Pfizer aveva un’elevata
copertura di anticorpi contro il Covid-19. La percentuale si è
ridotta in chi è trattato con alcuni farmaci, quali
l’immunosoppressore fingolimod (93%), e gli anticorpi
monoclonali rituximab (64%) e ocrelizumab (44%). In tutti i
pazienti è stato osservato che il vaccino di Moderna determina
livelli di anticorpi 3.2 volte più alti rispetto a quello di
Pfizer. “II risultati dimostrano che fingolimod, rituximab e
ocrelizumab, inibiscono la produzione di anticorpi dopo la
vaccinazione anti-Covid – spiega Maria Pia Sormani,
coordinatrice dello studio – Con tutti gli altri farmaci i
livelli sono normali”. L’obiettivo dei ricercatori è verificare
che i malati di sclerosi multipla non si ammalino in forma grave
di Covid, in particolare quelli che hanno prodotto bassi livelli
di anticorpi.
   
“Non sappiamo ancora – aggiunge Antonio Uccelli, direttore
scientifico del San Martino – se la riduzione di anticorpi
contro il Covid si traduca in una minore efficacia del vaccino.
   
Per questo è fondamentale monitorare i pazienti e studiare la
risposta al vaccino mediata da altri tipi di cellule
immunitarie, come i linfociti T, che potrebbe garantire comunque
una protezione sufficiente”. Tali risultati sono utili per i
pazienti fragili in trattamento con farmaci che frenano l’azione
del sistema immunitario. (ANSA).
   

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