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Covid, ecco che cosa mangiare quando si perde gusto e olfatto

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Il disgusto per la carne o le verdure cotte, il piacere per tutto ciò che è croccante, piccante e saporito. Chi fa i conti con la perdita di gusto (ageusia) e olfatto (anosmia) a causa del Covid-19 ha cambiato radicalmente il modo di fare la spesa. Meno bistecche e melanzane, più muesli e finocchio, poi tante spezie, formaggi stagionati, senape e gelati. Si fa di necessità virtù, perché mangiare deve rimanere un piacere, soprattutto se la disfunzione olfattiva si protrae per settimane o mesi.

“Quando parliamo di senso del gusto, parliamo di sensazioni chimiche recepite dalle cellule gustative che vengono tradotte nei sapori, quindi dolce, salato, amaro, acido e sapido”, fa sapere Michela Crippa, insegnante di scienze gastronomiche e tecnologie alimentari, ma soprattutto assaggiatore professionista che, nel marzo 2020, perdendo gusto e olfatto a causa del coronavirus ha avviato una serie di training per imparare a recuperare i due sensi e a realizzare piatti per chi “sente” poco. “Il senso dell’olfatto, invece, nasce da molecole volatili che raggiungono l’epitelio olfattivo tramite le narici, da cui intercettiamo i profumi, e attraverso la via retronasale, dopo la deglutizione e la masticazione del cibo, che in simbiosi con il gusto crea ciò che definiamo aroma”.

 

Le tre fasi della disfunzione olfattiva

Grazie ai training, Crippa e colleghi hanno raccolto la testimonianza di circa mille persone, individuando tre fasi della disfunzione olfattiva da Covid-19. “Per i primi venti giorni circa prevale l’anosmia accompagnata da ageusia”, spiega Crippa, “poi il gusto torna, lasciando spazio alla cacosmia, cioè alla percezione di un odore sgradevole, spesso fantasma. Nel mio caso cavolo cotto o plastica bruciata”. La terza fase, invece, sarebbe la parosmia, che stanno vivendo molte persone come sintomo di long Covid, “ossia un’alterazione dell’olfatto, dove alcuni aromi solitamente considerati piacevoli, vengono percepiti molto forti, tanto da risultare disgustosi, o totalmente diversi”. C’è chi accosta la vaniglia all’odore di fogna, ad esempio, chi la pesca all’aroma del basilico. 

 

Nel piatto pochi ingredienti e di stagione

Il primo suggerimento è costruire piatti semplici, rispettando il più possibile il singolo prodotto. “Se mischiamo tanti ingredienti, la miscela delle componenti aromatiche che giunge al bulbo olfattivo può essere decodificata con più difficoltà o in modo errato” continua il gastronomo. Secondo consiglio, scegliere alimenti di stagione all’apice della loro maturazione e del loro sapore. Terzo, puntare sulle percezioni chemestetiche, esperienze sensoriali che coinvolgono altri recettori, attivabili sia dalla temperatura (il fresco o il caldo), sia da sostanze contenute negli alimenti, ad esempio la capsaicina del peperoncino che provoca il piccante.

Alimenti speziati e piccanti

“Le spezie, come il pepe di Sichuan o il peperoncino, ma anche lo zenzero, la senape o la menta contengono composti che non agiscono solo sulle cellule gustative o sul bulbo olfattivo, ma anche sui nervi tattili” racconta Crippa. “Quindi irritano la lingua e creano sensazioni di fresco, pizzicore o bruciore, che, quando manca gusto e olfatto, sono estremamente piacevoli”. È il motivo per cui piacciono tutti i prodotti pungenti e aromatici, tra cui i formaggi stagionati o affinati.

 

Cibi croccanti, caldi o freddi

A fare la differenza, persino la consistenza e la temperatura. “La pasta troppo cotta o la verdura bollita non risultano gradevoli, mentre si gusta maggiormente tutto ciò che è croccante, come il finocchio, le carote, l’insalata iceberg, i maccheroni al dente o il pane tostato”, suggerisce Crippa, “ispirandomi alla minestra estiva-invernale di Gualtiero Marchesi, consiglio di cuocere le verdure (carote, zucchine, cavolfiore) in padella o al forno, per lasciarle croccanti, e poi servirle con un gazpacho di pomodoro e pecorino, oppure, d’inverno, con un brodo di carne speziato e del parmigiano”. Dà soddisfazione anche il gelato. Merito delle sue molecole di grasso che, come dei vettori, trasportano e aiutano a diffondere le sensazioni odorose nella cavità orale e nasale. Infatti non appena si morde un gelato, racconta l’esperto, “si assapora lo shock termico tra freddo e il caldo della bocca e si sprigionano molecole odorose, soprattutto per via retronasale”. 

Gli alimenti no

Gli aromi percepiti come disgustosi variano da persona a persona, ma in generale “i problemi più grandi ci sono con i cibi che contengono complessi sulfurei o azotati, quindi carne, cipolla e aglio. Inoltre, abbiamo notato che anche i prodotti trasformati, come bevande gasate, biscotti e merendine industriali, non sono molto apprezzati. Forse – conclude il gastronomo – per il mix di ingredienti e additivi alimentari”.



www.repubblica.it 2021-10-02 05:25:00

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