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Tumore prostata: da meccanismo intestino via a nuove terapie – Medicina

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(ANSA) – PADOVA, 08 OTT – Una ricerca del team internazionale guidato dal Prof. Andrea Alimonti (Istituto Veneto di Medicina Molecolare, Università di Padova, Istituto Oncologico di Ricerca, Institute of Cancer Research di Londra) ha scoperto un meccanismo nell’ intestino dell’uomo che potrebbe cambiare l’approccio terapeutico nei casi di tumori alla prostata diventati resistenti alla castrazione. Il cancro alla prostata è il tumore maligno più frequente nell’uomo e la sua incidenza sta aumentando. Gli ormoni maschili (androgeni) sono il fattore principale tra quelli che stimolano la crescita di questo tumore, e per questa ragione – nei casi che richiedono un trattamento – vengono usati farmaci che bloccano la produzione di androgeni. Se però è vero che nelle fasi iniziali questo tipo di trattamento riesce quasi sempre a bloccare la malattia, dopo un periodo variabile di tempo il tumore diventa spesso resistente a questo approccio terapeutico (in questo caso si parla di cancro alla prostata resistente alla castrazione) e allora la prognosi diventa più infausta. Il gruppo ha identificato un nuovo meccanismo coinvolto nel rendere il cancro alla prostata resistente alla terapia anti-androgena e legato al microbioma intestinale. Il team ha potuto dimostrare che il microbioma, sia in alcuni modelli animali che nell’uomo, si arricchisce di certe specie batteriche particolari nei casi in cui si registra appunto una resistenza alle terapie anti-androgeniche. “Queste specie batteriche – spiega Alimonti – sono in grado di produrre androgeni partendo da alcuni precursori metabolici. Così facendo questi batteri sono in grado di stimolare la crescita tumorale nei pazienti, anche quando le terapie medicamentose sono state in grado di eliminare gli androgeni prodotti dai testicoli e dalle ghiandole surrenali”.
    Questa scoperta potrebbe avere in futuro un’ enorme importanza: grazie ad analisi molto complesse, i ricercatori sono stati in grado di dimostrare l’esistenza nei pazienti sia di batteri che favoriscono sia di batteri che contrastano quest’evoluzione, creando quindi le condizioni per una prognosi migliore o peggiore. “La nostra scoperta – dice Alimonti – apre quindi la possibilità a strategie terapeutiche, che grazie alla manipolazione del microbioma, potrebbero annullare lo sviluppo di specie batteriche produttrici di androgeni. Stiamo già cercando partner industriali che siano disposti a darci una mano per verificare se questo sogno sia realizzabile”. (ANSA).
   

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