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Tumori, un paziente su 4 può accedere alle terapie mirate

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PER poter utilizzare le terapie mirate c’è bisogno di test che individuano il bersaglio. La metafora sarà scontata, ma non si scappa: bisogna mirare se si vuole cercare di far centro. Oggi si stima che circa il 25% dei pazienti possa ricevere un farmaco a bersaglio molecolare proprio grazie alle analisi genomiche che scoprono le alterazioni del Dna. Ci sono dei però. Innanzitutto, l’approvazione del farmaco e del corrispondente test nel nostro Paese non sono contestuali, determinando spesso ritardi nell’accesso reale alle terapie innovative che richiedono l’esecuzione di queste analisi molecolari. Dall’altro lato, però, c’è un alto rischio di inappropriatezza: questi test sono infatti test poco invasivi, e spesso vengono usati in modo improprio in persone sane con l’obiettivo, non realistico, di diagnosticare precocemente il cancro.

Per questo società scientifiche e aziende mettono in piedi piattaforme di analisi e network di esperti, per garantire l’accesso ai test quando è indicato, e impedirne un uso non corretto. Una di queste piattaforme è AZFastNet, sviluppata da AstraZeneca, che ha l’obiettivo di rendere più agevole e diffuso l’accesso ai test di diagnosi molecolare e favorire un approccio multidisciplinare alla prevenzione e al trattamento dei tumori. Attraverso questa applicazione, i centri oncologici possono entrare in contatto con laboratori di diagnostica altamente qualificati per richiedere in modo semplice e diretto l’esecuzione dei test per la determinazione dello stato mutazionale dei geni BRCA1/BRCA2 (per il tumore della mammella e dell’ovaio) ed EGFR (per il tumore del polmone).

“I biomarcatori sono l’insieme delle caratteristiche genetico-molecolari dei tumori, necessarie per definire la terapia personalizzata – spiega Saverio Cinieri, Direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale ‘Perrino’ di Brindisi e Presidente eletto Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) -. Le linee guida nazionali ed internazionali suggeriscono che, nei tumori per i quali sono disponibili farmaci a bersaglio molecolare, la determinazione dei biomarcatori debba essere eseguita contestualmente alla valutazione istologica della malattia, per fornire al clinico tutte le informazioni necessarie per la scelta della migliore terapia”. A differenza di quanto accade negli Stati Uniti, dove l’ente regolatorio (FDA) approva contestualmente i farmaci a bersaglio molecolare ed i test necessari per identificare il biomarcatore corrispondente, l’agenzia regolatoria europea (EMA) è deputata alla sola approvazione dei farmaci. “Sia a livello europeo che nazionale – continua Cinieri – l’approvazione farmaco/test per biomarcatore è disgiunta, creando una potenziale situazione paradossale in cui, alla disponibilità del farmaco, non corrisponde la contemporanea approvazione del biomarcatore, limitando di conseguenza l’accesso alle nuove terapie. È importante garantire anche in Italia la contemporanea disponibilità di farmaco e test per i pazienti oncologici; senza mai abbandonare il principio di appropriatezza”.

Nel tumore del polmone una delle principali mutazioni che permette l’utilizzo di terapie mirate è quella che riguarda il gene EGFR. Nel 2020, in Italia, sono stati stimati quasi 41mila nuovi casi della neoplasia che è ancora il big killer, responsabile di quasi il 19% delle morti oncologiche. “Trattare la malattia nei primi stadi significa migliorare le possibilità di sopravvivenza e in alcuni casi offrire l’opzione di guarigione – afferma Paola Morosini, Medical Affairs Head Oncology AstraZeneca -. Un approccio che si riflette all’interno del nostro portfolio: nel carcinoma polmonare abbiamo una terapia target anti EGFR in  adiuvante (dopo l’intervento chirurgico radicale) nei pazienti non a piccole cellule in stadio precoce (IB-IIIA) che presentano mutazione specifica; ma anche l’immunoterapia, per pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio III non resecabile. Immunoterapia che ha dimostrato di essere efficace anche nel microcitoma, un tipo di tumore del polmone particolarmente aggressivo e caratterizzato da una rapida progressione. Trattamenti con cui oggi garantiamo una maggior speranza di vita ai pazienti”.

Nel caso dei tumori del sangue, invece, l’accesso ai test molecolari è oggi garantito quasi a tutti i pazienti. L’oncoematologia, infatti, ha fatto da apripista alla terapia di precisione. Nella leucemia linfatica cronica, ad esempio, è fondamentale poter determinare la presenza di due alterazioni. In particolare per una, BTK, è in arrivo anche in Italia una nuova terapia mirata: ccalabrutinib. “Ogni anno la leucemia linfatica cronica fa registrare circa 3.400 nuove diagnosi nel nostro paese – dice Paolo Ghia, Direttore Programma di Ricerca Strategica sulla Leucemia Linfatica Cronica all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università Vita-Salute San Raffaele – Uno dei maggiori ostacoli al trattamento di questi pazienti, che in genere ricevono la diagnosi dopo i 70 anni e spesso presentano una o più comorbidità, è trovare opzioni terapeutiche efficaci e tollerate per la gestione della malattia nel lungo termine, senza dover interrompere il percorso terapeutico. Acalabrutinib, inibitore di BTK, ha evidenziato un beneficio significativo in termini di efficacia e tollerabilità a lungo termine tanto nel trattamento in prima linea quanto nella malattia recidivante o refrattaria”.

Nel 2020, nonostante l’impatto importante della pandemia COVID-19, AstraZeneca ha coinvolto nei suoi studi clinici 200 centri in 10 Regioni e anche, attraverso il sostegno alla ricerca indipendente, ha raggiunto oltre 20mila pazienti in più di 14 Regioni con l’attivazione di oltre 80 nuove sperimentazioni per neoplasie che colpiscono 11 organi, in particolare nei tumori del polmone (22 studi in corso), dell’ovaio (12 studi in corso), della mammella ed ematologici. Venticinque trial riguardano proprio monoterapie e terapie di combinazione su diverse forme di tumori ematologici delle cellule B. “I nostri investimenti in ricerca clinica oncologica in Italia ammontano a circa 20 milioni di euro nel 2020 – conclude Mirko Merletti, Vice Presidente Oncology AstraZeneca: “Grazie alla diagnostica siamo in grado di identificare i pazienti con più probabilità di beneficiare di un particolare trattamento”.



www.repubblica.it 2021-10-15 14:43:10

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