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Prostata, superfarmaci contro le metastasi

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I medici li chiamano “superfarmaci”: sono una nuova classe di agenti antitumorali, che si è rivelata efficace contro alcuni casi di tumore alla prostata in fase avanzata, quando sono già presenti delle metastasi. I medicinali in questione sono gli “inibitori di Parp”. Si sono dimostrati efficaci nel cancro della prostata metastatico, che non risponde più ai trattamenti, e in presenza di specifiche mutazioni del Dna del tumore, quali quelle dei geni BRCA1 e BRCA2. A discutere di questa nuova promettente strada, oggi, sono gli urologi italiani della Società italiana di Urologia (Siu), in congresso a Riccione.

Il tallone d’Achille del cancro

Il cancro della prostata è la neoplasia più frequente nella popolazione maschile e rappresenta il 20% di tutti i casi di tumore dai 50 anni in su. La genomica oggi consente di trovare nuove armi per contrastare questa malattia e migliorare la vita dei pazienti. L’idea è studiare le caratteristiche del cancro per trovare il tallone d’Achille da colpire. Fanno questo anche i farmaci che inibiscono Parp, dove Parp è una famiglia di proteine coinvolte in vari processi biologici, fra cui la riparazione del Dna di un tessuto. In alcuni casi di tumore della prostata avanzato la proteina Parp, insieme al gene BRCA2 (ma anche il BRCA1 ha un ruolo), aiuta a riparare i danni del Dna del tessuto tumorale e consente alle cellule malate di sostenersi e sopravvivere. “Individuare le alterazioni dei geni BRCA2 e BRCA1”, sottolinea Francesco Porpiglia, Ordinario di Urologia dell’Università degli Studi di Torino e responsabile dell’ufficio scientifico Siu, “è essenziale nelle forme avanzate, per identificare i pazienti che potrebbero trarre beneficio dagli inibitori di Parp”. Gli inibitori di Parp sono efficaci sia nel caso in cui le mutazioni siano germline (o germinali), che possono essere trasmesse per via ereditaria, e quelle somatiche, che avvengono in qualunque cellula dell’organismo e non sono ereditarie.

Un trattamento efficace

Fra gli inibitori di Parp c’è il farmaco oloparib, già autorizzato dalla Food and Drug Administration (Fda) negli Stati Uniti, insieme a rucaparib. Oloparib ha ricevuto l’approvazione anche da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali (Ema), ma in Italia la somministrazione ancora non è possibile, se non all’interno di specifici studi clinici – a cui in certi casi i pazienti possono prendere parte. Prendendo in mano i risultati dell’efficacia, nello studio clinico di fase 3 (l’ultimo stadio della sperimentazione), chiamato Profound, il trattamento con oloparib nei partecipanti con cancro alla prostata metastatico e resistente, in presenza delle mutazioni citate, ha raddoppiato il tempo di sopravvivenza “libero dalla progressione della malattia” (cioè in cui il tumore non avanza). “I risultati sono significativi”, sottolinea Giuseppe Carrieri, direttore del dipartimento di Urologia all’Università di Foggia, “e si va sempre più verso l’obiettivo di rendere cronica la malattia, con pazienti affetti dal tumore nella fase metastica che sopravvivono in alcuni casi anche per vari anni”.

Gli esperti concordano che si tratta di una delle principali strade promettenti, che potrebbero presto diventare una realtà per molti pazienti. “Se tutto procederà come speriamo – aggiunge Carrieri – il farmaco potrebbe arrivare nel giro di un anno o un anno e mezzo”. Insomma ad oggi, dato che in Italia non c’è ancora lil via libera ufficiale, il trattamento non è ancora accessibile a tutti. “Il punto centrale – prosegue Porpiglia – è e sarà rendere sempre più disponibili questi test genetici per i pazienti candidabili, con cancro metastatico e resistente alle terapie. Ricordando che non sono pochi. In Italia circa 20mila pazienti hanno una resistenza alla terapia ormonale: fra questi in media circa in 3mila pazienti potrebbe presentare le mutazioni. E ancora nel 50% di queste persone si potrebbe avere una risposta ottimale al trattamento”.



www.repubblica.it 2021-10-16 11:00:00

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