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Tumori del sangue: sempre più Car-T

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IN ITALIA, 7 pazienti su 10 con tumori del sangue oggi sono vivi dopo 10 dalla diagnosi o sono considerati guariti. Una parola, guarigione, che raramente può essere usata in oncologia. Merito, anche e soprattutto, della ricerca italiana che continua a fare da apripista. In particolare negli ultimi due anni, la storia naturale di due malattie – il linfoma a grandi cellule B e la leucemia linfoblastica acuta – è cambiata radicalmente grazie agli studi condotti nel nostro paese su due frontiere dell’immunoterapia: le terapie con cellule Car-T e con gli anticorpi bi-specifici. Molti degli studi che sono presentati in questi giorni a Milano, al congresso nazionale della Società italiana di Ematologia (Sie) riguardano queste due strategie. E tra questi, lo studio real life su quasi 200 pazienti con linfomi non Hodgkin aggressivi trattati in Italia con Car-T. I dati colpiscono: ad oggi è considerato guarito il 40% dei pazienti, mentre prima solo il 5% sopravviveva a 6 mesi.

Mortalità minore che con il trapianto

“Un risultato ottenuto con una singola infusione, quindi senza necessità di terapia di mantenimento, in persone prive di ogni alternativa terapeutica”, sottolinea Paolo Corradini, presidente Sie: “Allo stesso tempo, oggi appena il 5% dei pazienti necessita della terapia intensiva per le complicanze – che vengono gestite sempre meglio – mentre la mortalità è intorno al 3%: di molto inferiore a quella per trapianto. Con il Gimema, stiamo attualmente conducendo uno studio anche su come queste persone tornano a vivere dopo la terapia, ma ciò che osserviamo ogni giorno ci dice che si ha una qualità di vita eccezionale, di molto migliore rispetto a quella che si ha post-trapianto”.

Ad oggi, sono attivi o stanno per attivarsi 25 centri Car-T in tutta la penisola. I pazienti trattati trattati fino ad oggi, però, sono pochi rispetto a quelli attesi: un problema esclusivamente organizzativo, sottolineano gli esperti Sie, e che richiede uno sforzo maggiore nel selezionare e indirizzare i pazienti eleggibili dagli ospedali periferici.

Il futuro prossimo di Car-T

Un problema che dovrà essere assolutamente superato, perché nei prossimi mesi ci si aspetta che le terapie Car-T non saranno più solo utilizzabili dopo la terza linea di trattamento, ma già dopo la seconda. Inoltre, stanno entrando anche nel mondo di altri linfomi – in particolare quello mantellare e follicolare – e del mieloma multiplo (per il quale la Commissione europea ha già approvato l’utilizzo di una delle due terapia commerciali oggi utilizzate in Italia). “La malattia fa registrare 5.800 nuovi casi ogni anno in Italia”, continua Corradini: “Nello studio KarMMa su 128 pazienti pesantemente pretrattati, il tasso di risposta globale ha raggiunto il 73%. La sopravvivenza globale mediana ha superato i due anni. Risultati molto importanti, se pensiamo che per questi pazienti con mieloma multiplo privi di alternative di cura, prima dell’arrivo delle CAR T, l’aspettativa mediana di vita era compresa fra 6 e 9 mesi”. Due studi internazionali, infine, riguardano la leucemia linfatica cronica, con 8-9 pazienti trattati in Italia con ottimi risultati.

Gli anticorpi “ponte” per la leucemia linfoblastica acuta

Riflettori accesi anche sugli anticorpi bispecifici per la leucemia linfoblastica acuta. Queste molecole permettono di costruire un “ponte” tra le cellule del sistema immunitario e le cellule leucemiche, in modo che le prime possano arrivare direttamente alle seconde, e ucciderle. “La leucemia linfoblastica acuta è un tumore raro dei linfociti, che causa ogni anno quasi 800 nuove diagnosi nel nostro Paese. È però il più frequente in età pediatrica: rappresenta l’80% delle leucemie e circa il 25% di tutti i tumori negli under 14. L’incidenza raggiunge il picco tra i 2 e i 5 anni e poi cala con l’aumentare dell’età”, spiega Pier Luigi Zinzani, presidente Commissione attività formative della Sie: “Due studi italiani possono cambiare la storia della malattia. Nel primo, su 149 pazienti, grazie alla combinazione della sequenza costituita dalla chemioterapia con un anticorpo bispecifico, è stata evidenziata una risposta completa del 90% e la remissione molecolare è passata dal 73% al 96% dopo l’aggiunta dell’anticorpo: significa che neanche i test molecolari riescono a ‘vedere’ cellule malate. Il secondo studio dimostra che è possibile trattare la malattia senza la chemioterapia. La remissione è stata ottenuta nel 98% dei casi”.

Costi e sospetinibilità

Ma se la platea di pazienti che potrà beneficiare di queste terapie in un prossimo futuro sarà molto più ampia, il sistema potrà sostenere i costi? “Aifa ha ottenuto un meccanismo di pagamento in base al risultato, assicurando al nostro paese i farmaci più costosi del mondo ai costi più bassi”, risponde Emanuele Angelucci, vice presidente Sie: “Il pagamento completo avviene dopo un anno dalla somministrazione e stiamo ragionando sul fatto che questo tempo potrebbe non essere sufficiente a valutare l’efficacia. Sia Car-T sia gli anticorpi bi-specifici, però, sono terapie one-shot, questo vuol dire che i pazienti non devono continuare a seguire una cura per il resto della loro vita”.

Covid, vaccini e rischio trombosi

Non poteva mancare il tema Covid, vaccinazioni e rischio trombosi. “Sappiamo che la vaccinazione anti-Sars-Cov-2 potrebbe essere meno efficace nelle persone colpite da una patologia ematologica neoplastica e in trattamento attivo con chemioterapia”, spiega Sergio Siragusa, vice presidente Sie: “Quasi tutte le terapie ematologiche, infatti, sono immunosoppressive e ciò potrebbe rendere meno efficace, ma non pericolosa, la vaccinazione. Sie ha prodotto linee guida sulla gestione della vaccinazione anti Covid nei pazienti affetti da malattie ematologiche neoplastiche e benigne”. In entrambi i casi, infatti, il tipo e le tempistiche della vaccinazione devono tener conto della concomitante terapia e della gravità della patologia di base, fermo restando che nessuna patologia ematologica e la sua terapia costituiscono una controindicazione alla vaccinazione. “Anzi – continua Siragusa – la vaccinazione non solo protegge i pazienti dai rischi di complicanze infettive, ma anche da quelle trombotiche che colpiscono dal 4 al 20% dei pazienti con infezione attiva da Covid-19. I casi estremamente rari di trombosi atipiche registrati in donne di età inferiore a 50 anni e sottoposte a vaccino con vettore virale sono ancora oggetto di studio. La Sie ha prodotto un consenso di esperti circa la gestione dei pazienti che possono presentare segni o sintomi suggestivi di tali rarissime complicanze; ad oggi, non sono stati registrati nuovi casi in Italia. Va tenuto presente che il rischio di trombosi che si possono verificare in seguito a Covid, inoltre, è molto più alto”. In generale, il tasso di mortalità per Covid dei pazienti ematologici evidenziato da uno studio della Sie dello scorso anno è pari al 37%. La società scientifica ha suggerito, per la maggior parte dei pazienti affetti da patologie ematologiche, l’uso di vaccini a mRNA.



www.repubblica.it 2021-10-25 16:25:08

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