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Tunnel carpale, quando la mano si blocca

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Può colpire quelli che per la prima volta raccolgono le olive dopo la potatura, o gli addetti alle operazioni di assemblaggio a catena, che sottopongono le mani a gesti specifici e ripetuti. Ma anche macellai, chi tutto il giorno clicca con il mouse e batte velocemente sui tasti del portatile, svolge lavori di carpenteria e confezionamento di pacchi. Ma non soltanto. Anche un uso smodato di cellulari e tablet può essere un gesto che espone a rischio.

È il 1950 quando il chirurgo statunitense George Phalen descrive in maniera accurata la sindrome del tunnel carpale, già individuata nei primi anni del Novecento dal medico britannico James Paget. Una neuropatia periferica spesso invalidante, dovuta a una irritazione o alla compressione del nervo mediano della mano che dà dolore, e limitazione di movimento. La soluzione è spesso chirurgica, come spiega Vincent Mazzone, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia della mano del Policlinico Gemelli di Roma. 

Innanzi tutto, che cosa provoca la sindrome del tunnel carpale?
“Un rigonfiamento delle guaine sinoviali che avvolgono i tendini dei muscoli che permettono alle dita di flettersi. Questi tendini attraversano un passaggio parecchio stretto che si trova nella regione palmare del polso. In questo canale passa anche il nervo mediano, che conferisce la sensibilità alle prime tre dita della mano e al lato dell’anulare rivolto verso il pollice. Quando le guaine si infiammano aumentano di dimensioni e occupano tutto lo spazio del canale, spingendo il nervo contro la faccia interna del legamento e comprimendolo”. 

Quanto è diffusa?
“È la più frequente e conosciuta tra le malattie e le deformità invalidanti della mano. Nella nostra pratica quotidiana l’incidenza e la richiesta di prestazione corrispondono a quelle di un’appendicite per il chirurgo generale. Sono molto più colpite le donne, in un rapporto di 3:1, spesso per via di cambiamenti ormonali, come succede nell’ultima fase del puerperio. Nelle donne che vanno incontro a ritenzione idrica, tra i primi tessuti coinvolti ci sono proprio le guaine sinoviali dei tendini flessori delle dita della mano. Altre cause possono essere una terapia anticoncezionale non perfettamente bilanciata o gli squilibri ormonali della menopausa. Senza dimenticare ipotiroidismo e insufficienza renale”. 

Quali sono i sintomi?
“All’inizio la compressione provoca un formicolio delle dita, incostante, che diventa significativo la notte. Se persiste, subentra il dolore, capace di svegliare il paziente e costringerlo ad alzarsi per muovere la mano. Nei mesi successivi questa sintomatologia si esaurisce, ma non è un buon segno. Si va verso una riduzione importante della sensibilità, fino alla paralisi del nervo”. 

Come si fa la diagnosi?
“Il sospetto è clinico, grazie all’esame obiettivo e alla raccolta dell’anamnesi. ‘Dottore, sono venuto perché di notte le mani si addormentano’, qualcuno racconta. Oppure ‘Non riesco a stringere la caffettiera’. Tutti segni che bisogna considerare per non confondersi con altre patologie, come l’artrosi cervicale. La prima cosa è domandare se la sintomatologia sia notturna o diurna. La risposta ci orienta, da sdraiato il paziente non lamenta cervicalgia, perché la testa non carica sulla colonna”. 

Esistono esami strumentali?
“Ce n’è uno specifico chiamato elettromiografia, studia l’attività elettrica dei nervi periferici sensitivi e motori. A volte possono però esserci falsi positivi e negativi, in particolare nella fase iniziale della sintomatologia. Ecco perché bisogna unire tutte le informazioni a disposizione per arrivare alla diagnosi”. 

Qual è la terapia?
“Se i tendini sono infiammati, si può provare con alcuni farmaci per bocca e nelle fasi più avanzate ricorrere a un’infiltrazione locale di cortisone. Ma la terapia conservativa è efficace fino allo stadio con formicolio e dolore. A fare la differenza è la durata dei sintomi. Nonostante un quadro acuto, le guaine possono sgonfiarsi velocemente e tornare al volume iniziale. Una situazione sfumata che però dura anni è invece più pericolosa, perché la compressione del nervo è diventata cronica. È tipico della tendinopatia occupazionale, da microtraumatismo ripetuto. In persone con un canale carpale molto largo il nervo non viene compresso in maniera estrema, e si convive con il fastidio per lunghi periodi. A quel punto le terapie conservative diventano inutili”.

Qual è il passo successivo?
“Si esegue la resezione del legamento trasverso del carpo. I rischi intraoperatori sono bassi, si tratta di una procedura veloce, di circa 15-20 minuti, che impegna poco il paziente dal punto di vista generale”. 

Quali sono i vantaggi?
“I tempi di recupero immediati. Eseguito l’intervento di decompressione, formicolio e dolore  scompaiono già dalla prima notte. Dopo l’operazione si applica una fasciatura che lascia le dita scoperte. A distanza di 14 giorni si rimuovono i punti. A volte viene praticato anche quando sarebbe più indicata la terapia conservativa. È il paziente stesso a chiederlo. Di solito anziani, over 85, il cui legamento trasverso del carpo va incontro a sclerosi e retrazione e chiude il canale dall’esterno. La persona si sveglia di notte, passeggia per casa rischiando di cadere, con i conviventi che non dormono per la paura”. 

L’operazione è completamente risolutiva?
“Scomparsi formicolio e dolore, restano due problematiche: il recupero della sensibilità del territorio di competenza del nervo e quello della forza del pollice, con la sua capacità di entrare al centro del palmo della mano e opporsi nella presa alle altre dita. Sono aspetti che si ripristinano più lentamente, di solito 60-90 giorni a partire dall’intervento chirurgico. Ecco spiegata la classica esternazione del paziente ‘Dottore, non abbiamo risolto nulla’, che però è priva di fondamento”. 

Esistono dispositivi specifici che possono avere un ruolo positivo?
“Nelle fasi acute l’uso di un tutore può essere utile. Non parliamo di immobilizzazione della mano, ma di uno strumento che posiziona le dita in modo da permettere un leggero aumento della sezione del tunnel carpale, sufficiente ad allentare la pressione e dare sollievo. Si indossa la notte, si leva il mattino. Insieme ai farmaci antinfiammatori non steroidei e all’infiltrazione di cortisone, a volte è in grado di far regredire completamente la sintomatologia”.

Quanto è importante la prevenzione?
“Fondamentale, soprattutto in alcuni ambienti di lavoro. Ho avuto pazienti donne che lavoravano in grandi fabbriche, addette a una particolare attività del processo produttivo che richiedeva una gestualità raffinata e ripetuta. Sono stati bravi i medici del lavoro a notare questa situazione specifica, a intervenire e monitorare il danno grazie anche all’elettromiografia. Uno dei due stabilimenti ha azzerato il problema, modificando il tipo di movimento”.



www.repubblica.it 2021-11-14 06:32:00

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