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Il vetrino è virtuale – la Repubblica

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ANCHE il vetrino si fa tecnologicamente avanzato. Il campione di un tumore tradizionalmente analizzato al microscopio può infatti trasformarsi, nel giro di pochi minuti, in un file virtuale e può essere condiviso in tempo reale attraverso una piattaforma che collega in rete tutti i laboratori. Si tratta di un passo in avanti della cosiddetta digital pathology verso una diagnostica sempre più democratica, perché può evitare ai pazienti di percorrere centinaia di chilometri per portare, fisicamente, il loro vetrino nei diversi centri per raccogliere un parere in più sulla diagnosi e sulle possibili terapie.

 

Laboratori digitalizzati, l’esempio di Sicilia e Piemonte

L’introduzione di scanner capaci di trasformare il vetrino ‘fisico’ in file consultabili da computer ha favorito la diffusione della telepatologia, cioè la trasmissione delle immagini a distanza. Il sistema più avanzato al mondo si trova in Giappone. In Europa è virtuoso l’esempio dell’Olanda. Ma anche in Italia vi sono alcune esperienze di laboratori di anatomia patologica completamente digitalizzati dalla ricezione del campione di tessuto alla diagnosi finale, come in Sicilia e in Piemonte.

La Società Italiana di Anatomia Patologica e Citopatologia Diagnostica (SIAPeC-IAP) sta puntando molto sulla digital pathology e ha stilato un documento insieme all’Istituto Superiore di Sanità (ISS) per stabilire i requisiti minimi di un laboratorio digitale di anatomia patologica. Il testo sarà presentato al Congresso SIAPeC-IAP, che si svolgerà in forma virtuale da domani al 27 novembre.

Il vetrino è il punto di partenza

Le cellule prelevate con l’esame citologico e analizzate in laboratorio dall’anatomo-patologo consentono non solo la diagnosi ma anche lo studio delle alterazioni dei geni, indispensabile per la selezione dei pazienti oncologici che possono essere trattati con terapie mirate. L’analisi del vetrino è quindi il punto di partenza dell’oncologia di precisione, che può migliorare le percentuali di sopravvivenza nella fase metastatica della malattia, fino a raddoppiarle. “Ci viene chiesto di definire la natura delle lesioni, esprimendo una diagnosi importante per il percorso del paziente”. spiega Anna Sapino, Presidente SIAPeC-IAP: “È, quindi, un lavoro che richiede alta professionalità, la possibilità di confronto e l’utilizzo di nuove tecnologie, perché non sempre è tutto ‘bianco’ o ‘nero’, e in questi casi dobbiamo avere un supporto per limitare al massimo il dubbio diagnostico”.

Risparmi per milioni di euro

Questa “terza rivoluzione” della professione può infatti garantire diagnosi più precise e veloci. “L’investimento iniziale può determinare risparmi di milioni di euro in pochi anni”, aggiunge Filippo Fraggetta Presidente eletto SIAPeC-IAP: “Non solo. I vantaggi per i pazienti sono davvero importanti. Se desiderano una consulenza, non devono più viaggiare per portare il vetrino in diverse strutture, con il rischio che sia perso o si rompa. La rete digitale annulla le distanze tra centro e periferia. E i tempi per la refertazione possono essere razionalizzati, anche con ricadute positive in termini di minore stress per i pazienti in attesa dell’esito. La possibilità di condividere i vetrini digitali con esperti in tempo reale, con la massima sicurezza e affidabilità, anche a distanza, rappresenta un’arma aggiuntiva per garantire il miglior standard di diagnosi e cura. Le anatomie patologiche che passano al digitale potranno lavorare in modo più lineare e semplificato, eliminando azioni di controllo manuale ripetitive. La versatilità della digital pathology va dall’interpretazione a distanza per la diagnosi primaria alla richiesta di seconde opinioni, all’uso accademico per la formazione fino alla valutazione dei preparati virtuali da parte dei gruppi multidisciplinari”.

 

Ma servono più anatomo-patologi

C’è un altro aspetto da considerare: l’oncologia di precisione ha portato con sè maggiori carichi di lavoro. Oggi in Italia gli anatomo-patologi sono circa 1.100, 5 anni fa erano almeno 1.500. “Servono professionisti – sottolinea Sapino – perché i numeri degli esami, soprattutto per il cancro, sono in aumento e richiedono competenze specifiche. Ancora c’è bisogno dei nostri occhi e della nostra testa che traduce in diagnosi un’immagine, non importa se vista ad un microscopio o su uno schermo”.

 

L’anatomo-patologo è coinvolto in diversi momenti della gestione del paziente all’interno dei percorsi diagnostico-terapeutici (PDTA), dalla fase di screening a quella diagnostica fino ai controlli.  “Contribuiamo allo sviluppo dei PDTA e la SIAPeC-IAP partecipa alla stesura di linee guida e raccomandazioni per la standardizzazione dei referti a livello nazionale e internazionale”, spiega Emanuela Bonoldi, Segretario nazionale della società scientifica: “L’obiettivo finale – cpnclude – è che, indipendentemente dal domicilio, il paziente abbia sempre accesso al miglior percorso di assistenza”.



www.repubblica.it 2021-11-22 15:43:48

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