Mesotelioma, un nuovo trattamento dalla combinazione di chemio e immunoterapia
L’IMMUNOTERAPIA combinata alla chemioterapia e all’analisi approfondita della genomica tumorale può migliorare la sopravvivenza dei pazienti con mesotelioma pleurico, un tumore raro che attacca la pleura, provocato nella quasi totalità dei casi dall’esposizione professionale all’amianto (o asbesto). E un tumore cattivo, visto che a 5 anni dalla diagnosi in Italia sopravvive circa il 10% di chi ne è colpito.
Sopravvivenza raddoppiata
Oggi il mesotelioma pleurico maligno può contare su possibilità di cura piuttosto limitate, ma un studio multicentrico di fase 2 (chiamato PrE0505) potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti. I primi risultati sono pubblicati su Nature Medicine dai ricercatori del Johns Hopkins Kimmel Cancer Center e del Bloomberg-Kimmel Institute for Cancer Immunotherapy. Gli autori hanno somministrato a 55 pazienti con mesotelioma pleurico non operabile una dose di durvalumab (un anticorpo monoclonale inibitore di PD-L1) in combinazione con pemetrexed (un farmaco che agisce inibendo l’attività degli enzimi coinvolti nella produzione di Dna e Rna) e platino (cisplatino o carboplatino), per un massimo di sei cicli. Il risultato è stato che la sopravvivenza globale media è stata di 20,4 mesi (vale a dire un tempo significativamente più lungo dei 12 mesi storicamente osservati), e per i pazienti con tumori epitelioidi, cioè col sottotipo più comune di mesotelioma pleurico, di 24,3 mesi.
Più mutazioni, migliori risposte
A rispondere meglio alla terapia combinata sono stati i pazienti con i tumori con un più alto carico di mutazioni immunogeniche (cioè con più modificazioni del genoma tumorale capaci di provocare una risposta immunitaria) e un repertorio più diversificato di cellule T in grado di riconoscere e distruggere le cellule cancerose, e quelli con alterazioni nei geni coinvolti nella riparazione del danno al Dna. “Lo studio PrE0505 indica che durvalumab somministrato in simultanea con la chemioterapia a base di platino è promettente e che le risposte (al trattamento, ndr) sono controllate dalla genomica del tumore – ha detto Patrick Forde, autore dello studio e direttore del programma di ricerca clinica sui tumori toracici al Johns Hopkins Kimmel Cancer Center. “Per i pazienti con mesotelioma pleurico epitelioide – ha aggiunto – la sopravvivenza ha superato i due anni e in alcuni di questi pazienti ancora oggi non registriamo una progressione di malattia”.
La fase 3 dello studio
Naturalmente lo studio continua: infatti l’immuno-chemioterapia in combinazione con la caratterizzazione genomica approfondita dei tumori confrontata con la sola chemio è oggi oggetto di ulteriori indagini in uno studio clinico internazionale di fase III. “I nostri risultati non solo mirano a una potenziale nuova terapia efficace contro il mesotelioma, ma spiegano anche, a livello molecolare, perché i pazienti rispondono”, ha detto un altro degli autori, Valsamo Anagnostou, direttore del Biorepository di Oncologia toracica del Johns Hopkins Kimmel Cancer Center e professore associato di Oncologia presso la Johns Hopkins University School of Medicine. “Abbiamo scoperto – ha aggiunto Anagnostou – che alcune caratteristiche davvero uniche che riguardano la genomica sia del paziente sia del tumore, e che sembrano guidare la risposta clinica. Inoltre, i pazienti che ottengono risultati buoni con la chemio-immunoterapia sono quelli con mutazioni germinali a carico dei geni che predispongono al cancro. Tutto questo – ha concluso – ha il potenziale per essere tradotto in nuove strategie di trattamento per i pazienti con mesotelioma”.
Il mesotelioma, l’amianto e l’Italia
Il mesotelioma è il cancro del tessuto che riveste gli organi interni. Ogni anno si contano in Italia all’incirca 1.800 nuovi casi di malattia, con la quale nel nostro paese oggi convivono grosso modo 2.700 persone, due volte su tre uomini. Nel 95% dei casi il mesotelioma è provocato dall’esposizione all’amianto (o asbesto, dal greco asbestos indistruttibile) soprattutto per inalazione e in oltre il 90% dei casi si tratta di mesotelioma della pleura, che in Italia è una malattia professionale tabellata, il che significa la sua origine professionale è sorretta da presunzione legale. Ossia: perché venga riconosciuto il nesso di causa-effetto con l’insorgenza del mesotelioma è quindi sufficiente dimostrare di essere stati adibiti a lavorazioni che hanno esposto all’azione delle fibre di amianto. Questa sostanza fibrosa minerale per decenni è stata impiegata nell’edilizia, nell’industria automobilistica, nella produzione di vernici, nella fabbricazione di treni o navi e in molto altro ancora, raggiungendo un picco di diffusione tra il 1970 e il 1990. A partire dal 1990, l’asbesto è stato bandito in molti paesi occidentali tra i quali il nostro: da noi la Legge 257 del 1992257/1992 vieta la produzione e l’uso sull’intero territorio nazionale di tutti i prodotti contenenti amianto. Ciononostante, siamo ancora oggi tra i paesi più colpiti dal mesotelioma pleurico. La ragione è che questa malattia ha un tempo di latenza molto lungo: parliamo di decenni, anche di 40 anni.
Lavoratori e non lavoratori
Il rischio di sviluppare un mesotelioma pleurico aumenta sia tra i lavoratori esposti ad amianto sia tra le persone con esposizione non occupazionale. Secondo i dati del VI Rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM) che riporta i dati di incidenza ed esposizione all’amianto per i casi di mesotelioma maligno rilevati dalla rete dei Centri Operativi Regionali, l’esposizione non lavorativa è responsabile del 10,8% dei casi di mesotelioma pleurico in Italia.
Un picco atteso nel prossimo futuro
Le fibre di amianto, una volta inalate, si depositano nei tessuti sani dove attirano i macrofagi, le nostre cellule spazzine, che tuttavia non riescono a rimuoverle: lentamente la loro presenza provoca uno stato infiammatorio cronico che, a sua volta, attraverso diversi complessi passaggi, può trasformare cellule sane in cellule tumorali. Visti i tempi di latenza e i periodi di utilizzo massimo dell’amianto, diversi modelli prevedono un picco di incidenza del mesotelioma sul territorio nazionale tra il 2020 e il 2030, cioè in questi anni. Non abbiamo a disposizione esami specifici che permettano la diagnosi precoce del mesotelioma in assenza di sintomi, il che significa che oggi non esistono test di screening convalidati. Ma in Italia esistono programmi di sorveglianza e assistenza, in particolare in caso di esposizione professionale.
www.repubblica.it 2021-11-24 13:53:35