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I segreti di benessere di Stefano Accorsi: “Mangiare bene, muovermi e la musica”

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Nelle fotografie di Luigi Ghirri scattate in angoli affascinanti dell’Emilia-Romagna si trovano le radici di Stefano Accorsi: alberi, campagna, vita all’aria aperta. Mantenere un legame forte con questa dimensione anche attraverso lo sport e l’attività fisica è sempre stata una priorità per l’attore bolognese che ha interpretato ruoli da protagonista in film e serie.

L’attenzione alla forma fisica, alla salute e al benessere psicofisico è una costante nella sua quotidianità. Accorsi sa dare il giusto valore a ciò che può migliorare la qualità della vita, e quindi alla diversità e pluralità di sguardi che rendono il mondo complesso e meraviglioso.

Lo testimonia con il suo personaggio nel nuovo film di Simone Godano, “Marilyn ha gli occhi neri”, con Miriam Leone. “Questo film è stato un dono, come ogni volta che ci si rende conto che “gli altri” in realtà sono dentro di noi, anzi, siamo noi”, spiega Accorsi. “È ispirato a una storia vera, un ragazzo a Londra si era inventato un ristorante che non esisteva e nel giro di pochi mesi aveva scalato le classifiche con centinaia di messaggi di gente che giurava di esserci stata”.

Nel suo ultimo film, il suo personaggio, Diego, soffre di balbuzie. Come ha fatto a entrare nella parte e che cosa ha compreso delle problematiche e dei disturbi delle persone balbuzienti?
“Oltre alla fase iniziale col lavoro di documentazione, sono stato in un centro che cura questo disturbo e che è stato fondato proprio da una persona che soffriva di balbuzie e che oggi riesce a risolverla veramente con risultati notevoli. Dico soffrire perché troppo spesso è una sofferenza, in primis per coloro che balbettano. È un problema complicato perché si lega alle fragilità, all’insicurezza, che in qualche modo vengono comunicate all’esterno, ma allo stesso tempo diventa una zona di conforto psicologico per chi ne soffre. La balbuzie, in un certo senso, è un rito rassicurante che il corpo innesca come meccanismo in un momento di tensione: è una delle classiche cose che vanno al di là della volontà delle persone. In questo centro, che ho visitato, ho scoperto il metodo creato dal fondatore che ha aiutato tantissime persone a vivere diversamente in società. È stato molto utile per me incontrarlo e approcciarmi ai diversi tipi di balbuzie. Poi, pian piano, abbiamo lavorato con il regista provando nelle improvvisazioni, sui tic, sugli eccessi d’ira, e sistemando la quantità rispetto alle diverse situazioni. La fase di indagine, di documentazione, è stata come sempre affascinante e l’ho condivisa come faccio da tempo con Anna Redi, bravissima, con la quale esploriamo attraverso il copione una serie di zone dell’esistenza che poi ci servono per portare in scena un personaggio”.

Una scena del film 

Diego dice: “credono di avere ragione solo perché sono di più, quelli normali”. Secondo lei perché si creano categorie per evidenziare le diversità, come normodotati, plusdotati o diversamente abili?
“Credo che visti dalla giusta distanza siamo tutti diversi. È chiaro che ci sono persone che riescono con più facilità a gestire anche le stesse emozioni, a tenerle a bada, a volte perfino troppo, e questo poi provoca un eccesso dall’altra parte, o un malessere in altri casi, rispetto ad altre persone come i nostri protagonisti, Diego e Clara, che invece non riescono proprio a gestire quei momenti in cui ci si ritrova a essere sopraffatti dai propri stati d’animo e dalle proprie fragilità. Però è vera ed esiste la contrapposizione tra normali e diversi cui fa riferimento Diego: la cosiddetta “normalità” fatica a rapportarsi con ciò che non rientra in un certo perimetro comportamentale prestabilito. Oggi più cha mai questa divisione appartiene a una realtà molto metropolitana, mentre nei comuni più piccoli le persone con disabilità psichica sono più coinvolte e integrate nel tessuto sociale, e questo accadeva certamente in misura maggiore nel passato”.

Qual è la sua interpretazione di salute e benessere psicofisico e come riesce a mantenerli nella sua vita?
“Faccio il possibile e ovviamente quando trovo il tempo mi piace molto dedicarmi alle attività outdoor. Sono un amante della montagna. Mi piace perché ti consente un rapporto molto attivo con la natura: camminare, andare in bicicletta o passeggiare non solo fa bene al corpo, ma anche allo spirito. Poi, nei momenti più carichi di tensione oppure in quelli in cui mi è più difficile fermarmi, perché ogni tanto nella vita ci sono accelerazioni abbastanza furibonde, l’attività fisica e un certo istinto di sopravvivenza mi vengono in soccorso. Però il movimento, in generale, mi fa stare bere, mi aiuta a stare bene. Anche l’attenzione a quello che mangio. Volendo essere schietti, credo che se ci ascoltiamo un po’ ci rendiamo conto che ci sono cose e abitudini che ci creano quell’abbiocco pesante in certi momenti, e a me questa sensazione non piace. Cerco di evitarlo, perché mi accorgo che sto molto meglio se mi tengo più leggero, e anche lo spirito ne beneficia se sto bene fisicamente. Credo purtroppo che non ci sia ancora una vera cultura, un vero insegnamento in questo senso, anche se negli ultimi anni qualcosa è cambiato: noi come italiani abbiamo una tradizione alimentare fantastica, la nostra dieta è la più ricca, completa e incredibilmente varia, però subiamo il fascino del cibo e, quindi, anche l’eccesso del cibo. Questi aspetti andrebbero analizzati, spiegati, non solo perché è un tema importante per il singolo essere umano, ma anche per la società, in termini di sanità, di spese mediche e sanitarie”.

Sui social ha spesso sottolineato gli effetti terapeutici della musica e le ricadute positive che può generare sulla salute.
“Certamente è uno strumento migliorativo per il nostro benessere. La musica è uno di quegli elementi immediati e semplici che incidono sulla qualità della nostra vita. Credo profondamente in questa sorta di terapia che deriva da esperienze che attingono dalla bellezza, come ascoltare musica, guardare un film o assistere a uno spettacolo a teatro. A volte approfitto anche dei momenti in cui faccio sport o vado a correre per ascoltare le mie canzoni preferite. Si sa che libera delle endorfine. Per esempio, nello sport a livello agonistico non si può ascoltare musica perché è equiparata al doping: questo ci può far capire l’impatto potentissimo che ha sul nostro organismo e sul nostro sistema ormonale”. Nonostante il livello di attenzione sulla pandemia resti alto, i luoghi dello spettacolo di nuovo aperti dopo tanto tempo e con la capienza piena sono un segnale importante.

È fiducioso?
“Ho accolto la notizia della capienza di cinema e teatri al cento per cento davvero con grande soddisfazione. Finalmente si è tornati alla normalità e in Italia stiamo gestendo la situazione con rigore e grande senso di responsabilità. Anche se con tutte le precauzioni, come le mascherine e i green pass, poter tornare al cinema, nella sala di un teatro o da concerto è di vitale importanza, non solo in termini di arricchimento culturale e umano. Il settore dello spettacolo dal vivo in tutte le sue forme ha infatti sofferto in modo particolare nel periodo della pandemia perché è stato il primo a chiudere e tra gli ultimi a riaprire. Quindi è urgente che si risollevi. Anche economicamente”.



www.repubblica.it 2021-12-07 11:26:21

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