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Sanità, così l’economia circolare può renderla più sostenibile

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Per l’Italia il 2022 potrebbe “finire” il 15 maggio, almeno dal punto di vista del consumo di risorse che il nostro pezzetto di pianeta ci mette a disposizione e della nostra impronta ecologica. D’altra parte, l’intero globo sta erodendo le “scorte” di questo anno appena cominciato già dal 30 luglio del 2021. Di cosa parliamo? Dell’Earth Overshoot Day o Giorno del Superamento Terrestre: la data calcolata dal Global Footprint Network (un’organizzazione internazionale non profit) che ci indica il momentoin cui la domanda di risorse supera quello che l’intero pianeta può offrire. Data che ogni anno cade sempre prima. Questa informazione è di interesse non solo economico o ecologico, ma è importante anche per la nostra salute. D’altra parte Covid-19 ce lo ha insegnato bene: il benessere del pianeta è strettamente legato al nostro. Non solo: diversi studi mostrano che il numero di epidemie sta crescendo negli ultimi decenni e un recente rapporto del Wwf indica che ben metà delle zoonosi – malattie trasmesse dagli animali a noi, come anche Covid-19 – è legata al cambiamento dell’uso dei suoli e alla loro distruzione.

L’economia circolare in sanità

Una delle strategie messe in campo per limitare i danni è la cosiddetta economia circolare, in cui una buona parte (se non tutto) di ciò che viene immesso sul mercato rientra dopo l’uso e viene nuovamente impiegata per la creazione di altri beni. Qualche numero? Secondo l’ultimo rapporto dell’organizzazione non profit Circle Economy, raddoppiare la circolarità della produzione ridurrebbe del 39% le emissioni di gas serra e diminuirebbe del 28% l’uso di risorse vergini. Non è insomma un caso che trasformare l’economia tradizionale in economia circolare entro il 2050 sia un obiettivo dell’Unione europea. Il concetto di circolarità si può – e si deve – applicare anche a tutte le attività produttive che ruotano intorno alla sanità.

Philips, per esempio, azienda leader nel settore dell’Health Technology, è impegnata da tempo su questo fronte ed ha attuato cambiamenti che riguardano profondamente il modello di business. Ad oggi oltre il 15% delle vendite deriva da soluzioni di economia circolare, come il ricondizionamento di macchinari concessi in leasing: una possibilità che consente all’azienda sanitaria di contenere i costi e, allo stesso, di dare nuova vita alle apparecchiature, riducendo il consumo di materiali e di energia. Tutti gli obiettivi che l’azienda si era posta in tema di sostenibilità per il 2020 sono stati raggiunti in anticipo e ne sono stati fissati di nuovi per il 2025.

Eccone alcuni: la quota di vendite dell’economia circolare sarà portata al 25%; il 100% dei prodotti e servizi verrà progettato secondo i requisiti EcoDesign per migliorarne l’efficienza energetica; il 75% del consumo totale di energia (carburante incluso) sarà ricavato da fonti rinnovabili (rispetto al 36% del 2015); il programma di trade-in sarà esteso a tutte le macchine e a tutti i dispositivi medici; la quota di rifiuti inviati in discarica sarà zero. Le emissioni di anidride carbonica che non possono essere evitate verranno invece compensate con investimenti in progetti ambientali, come programmi per la potabilizzazione dell’acqua, per la produzione di energia pulita, per la biodiversità e la riforestazione.

“Abbiamo assunto un approccio end-to-end verso la circolarità – spiega Robert Metzke, Philips Global Head of Sustainability – Attualmente, possiamo offrire in tutto il mondo un servizio di permuta su tutte le grandi apparecchiature mediche e di ridare loro responsabilmente una nuova vita tramite il ricondizionamento e il riciclo […] Questo porta – prosegue Metzke – a progetti incentrati sulla riduzione del peso e sul maggiore utilizzo di materiali riciclati fin dall’inizio del processo di creazione del prodotto, così come a prodotti sempre più funzionali, aggiornabili, modulari, che facilitino il recupero di parti”. 

La digitalizzazione aiuta l’economia circolare

Ma la circolarità non consiste soltanto nel riuso e nel ripristino di beni. Sebbene anche le tecnologie digitali e il loro impiego abbiano una loro impronta ecologica, possono comportare anche un risparmio di risorse, grazie anche al processo di dematerializzazione. Basti pensare a come la telemedicina e le interazioni da remoto possano ridurre la necessità di recarsi fisicamente presso le strutture sanitarie e la necessità di spostamenti per accedere alle cure. Anche il cloud computing comporta dei potenziali vantaggi, se utilizzato nel modo migliore: la centralizzazione dei data center, per esempio, permette di impiegare gli hardware in maniera più efficiente, con un risparmio di energia. 

Passare all’azione

Ma un cambiamento, per essere significativo, deve riguardare l’intero paradigma e il modello operativo di un intero settore: tutti devono essere coinvolti e devono essere promossi programmi di formazione specifici. E bisogna creare network tra organizzazioni, pubbliche e private, che abbiano lo stesso approccio e gli stessi scopi. A questo proposito è nata la Capital Equipment Coalition, parte della piattaforma PACE (Platform for accelerating Circular Economy) creata dal World Economic Forum nel 2018, e dedicata a sostenere e ad espandere l’economia circolare. Come ricorda Metzke, è importante che i governi offrano incentivi legislativi o fiscali e incoraggino l’economia circolare; che gli enti regolatori si impegnino per eliminare i blocchi al trasporto transfrontaliero di componenti e prodotti utilizzati verso le sedi di lavorazione e di riuso; che le Ong promuovano il dialogo sociale e monitorino i progressi. E, ovviamente, che le imprese diano l’esempio con azioni concrete per l’innovazione su scala. 

 



www.repubblica.it 2022-01-19 10:10:00

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