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Tumore al seno, così l’intelligenza artificiale migliorerà le diagnosi

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Chi è più bravo a riconoscere un tumore in un’immagine: un computer o un essere umano? La contrapposizione tra intelligenza artificiale (IA) e intelligenza umana è un tema complesso, ma questa non è forse la domanda giusta da cui partire. Perché, tenendo conto che la prima impara dalla seconda, si sta piuttosto lavorando a modelli che stabiliscano un’alleanza tra le due. E probabilmente non dovremo aspettare troppi anni prima di vederle lavorare insieme alla lettura delle mammografie per lo screening, come vi raccontiamo questa settimana nella newsletter di Salute Seno.

Una questione di fiducia

I sistemi IA in grado di leggere le immagini mediche – radiografie, ecografie, risonanze magnetiche, Tac – rappresentano un grande ambito di applicazione e, quindi, un grande mercato. Sono stati sviluppati numerosi algoritmi diagnostici e oltre un centinaio sono già approvati per l’impiego clinico dall’agenzia regolatoria statunitense (Fda). Anche in Europa sono disponibili software diagnostici che hanno ottenuto la certificazione CE. Ci sono però ancora questioni importanti da affrontare.

Alcuni sistemi AI, per esempio, possono rivelarsi meno “bravi” (ossia avere performance non ottimali) quando sono testati su immagini di ospedali diversi da quelli in cui sono stati “allenati”, con una casistica e apparecchiature differenti. Inoltre, in molti casi, l’algoritmo propone una decisione senza spiegarne le motivazioni, e diventa difficile per i clinici fidarsi a scatola chiusa. È il problema del cosiddetto black box. 

Ma non è una gara tra uomo e macchina. La sfida è come rendere questi sistemi davvero utili e utilizzabili nella pratica clinica. E la domanda giusta diventa: in che modo gli algoritmi possono conquistarsi la fiducia degli umani a tal punto da essere considerati al pari di un collega con il quale confrontarsi nei casi dubbi?

Per gli scienziati che analizzano i dati e i radiologi senologi della Duke University (e non solo), la risposta sta nel rendere trasparenti e chiari i passaggi decisionali che portano la “macchina” a stabilire se quello che mostra l’immagine radiologica sia un tumore oppure no, e il grado di incertezza.

La piattaforma che hanno sviluppato, e che descrivono su Nature Machine Intelligence, analizza le lesioni sospette alla mammografia e indica se sia necessaria o meno una biopsia. Non è certo la prima a farlo, ma il suo algoritmo mostra ai radiologi esattamente come arriva alle conclusioni. 

L’algoritmo della Duke University è stato sviluppato chiedendo ai radiologi di etichettare le immagini per l’apprendimento, replicando il metodo che loro stessi utilizzano per distinguere le lesioni nella pratica clinica. Il loro sistema IA si esercitato su un database di oltre 1.100 mammografie di quasi 500 donne (un buon numero, sebbene non eccezionalmente alto), concentrandosi in particolare sui margini dei noduli.

Il punto però, non è questo, ma il modo in cui questa piattaforma comunica con i medici: dice perché una lesione è ritenuta sospetta (o non sospetta) e su quali precedenti casi si è basata per stabilirlo. Numerosi software presenti sul mercato – dicono gli autori dello studio – è invece del tipo black box: questo è il risultato, punto.  

Un software più sofisticato per la lettura delle ecografie

“Questo studio affronta un aspetto metodologico che in gergo chiamiamo explainability, e si inserisce in un ampio dibattito”, commenta Francesco Sardanelli, Professore di Radiologia all’Università di Milano e direttore dell’Unità di Radiologia del IRCCS Policlinico San Donato di Milano. In collaborazione con Isabella Castiglioni, docente di Fisica Medica dell’università di Milano-Bicocca e alla startup Deep Trace Technologies nata dall’Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia, è stato messo a punto e testato un software di machine learning per la valutazione delle immagini ecografiche delle lesioni mammarie.

Anche questo software IA, che ha preso in considerazione circa 900 immagini ecografiche di lesioni mammarie, è explainable: connette le caratteristiche “radiomiche” delle immagini rilevate dal software alla descrizione e alle categorie diagnostiche standardizzate utilizzate dal radiologi senologi. Lo studio, appena pubblicato su Diagnostic, ha mostrato la potenzialità del software nel ridurre del 15-18% le biopsie non necessarie. Su scala nazionale si tratterebbe di diverse migliaia di biopsie in meno ogni anno. “Evitare gli esami non necessari, in particolare le biopsie, è uno degli obiettivi dei sistemi IA nella radiologia diagnostica”, spiega Sardanelli.

“Per arrivare a questo risultato su ampia scala occorrerà una stretta collaborazione tra clinici e data scientist. Più in generale, dovremo mirare a migliore la qualità del lavoro radiologico. La lettura delle immagini potrà essere supportata da sistemi AI, con l’intelligenza umana che deve mantenere un ruolo di guida, di ultima decisione e di responsabilità”. 

Obiettivo: migliorare il servizio ai pazienti

Insomma, a firmare il referto sarà sempre e comunque un essere umano, che oltre all’esperienza mette a disposizione la sua etica professionale e la sua empatia, aspetti fondamentali quando si deve comunicare la diagnosi e, soprattutto, l’incertezza di una diagnosi. “Il tempo di lettura eventualmente risparmiato – continua l’esperto – può consentire di avere più tempo per parlare con i pazienti, comunicare la necessità di approfondimenti, discutere i casi nelle riunioni multidisciplinari, aumentare la copertura degli screening”. Il processo per rendere realtà quanto appena descritto dipende quindi soprattutto dalle politiche sanitarie.

“Spero – conclude Sardanelli – che per quanto riguarda l’utilizzo dell’AI nella lettura dello screening mammografico possa operare una concertazione dei sistemi regionali di screening e si possa avere quindi almeno un indirizzo nazionale, se non europeo”. 



www.repubblica.it 2022-01-21 11:19:49

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