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Se la medicina va dal paziente

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CIRCA 3,6 milioni di italiani vivono con un tumore, in fasi differenti della malattia e con esigenze diverse. Sappiamo che essere curati nei grandi centri dove si fa ricerca e dove si concentra l’esperienza fa la differenza, ma anche che, per molti aspetti della diagnosi precoce e del follow up, sarebbe più utile ed efficiente un modello di assistenza “locale”. È possibile tenere insieme questi due aspetti per rispondere meglio ai bisogni dei pazienti? È esattamente quello che si cercando di fare attraverso la medicina del territorio. Perché, come spiega Luigi Cavanna, Presidente della Società scientifica CIPOMO (Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri) e Direttore della Asl di Piacenza, una migliore organizzazione del percorso di cura può ridurre il tempo trascorso in ospedale e gli spostamenti e i costi associati, promuovendo la qualità della vita. E, allo stesso tempo, alleggerisce il carico per il sistema sanitario, ottimizzando le risorse economiche e umane.

L’argomento è al centro della terza puntata del talk Roche Now: “È dimostrato – spiega l’esperto – che la distanza dal centro di cura influenza in modo statisticamente significativo alcuni elementi fondamentali. Per esempio contribuisce a una diagnosi tardiva. Riuscire a intercettare precocemente i bisogni dell’individuo in una fase pre-ospedaliera permetterebbe di lasciare libere risorse da destinare a pazienti che devono essere necessariamente curati in ospedale”.

Medicina del territorio: cos’è e perché ne parlano tutti


La medicina del futuro? Personalizzata, tecnologica e vicina

Come ci ha dimostrato la pandemia, salute e sostenibilità procedono nella stessa direzione. “Per rendere il sistema più sostenibile – prosegue Cavanna – un elemento fondamentale consiste nella formazione del personale sanitario, che sia preparato sia da un punto di vista tecnico sia soprattutto da un punto di vista umano, ricordandosi che il paziente è prima di tutto una persona, con un vissuto e una storia familiare, lavorativa e sociale unica”. Imprescindibile è l’appropriatezza terapeutica, il coinvolgimento dei pazienti all’interno degli studi clinici e, infine, la capacità di lavorare in rete, collaborando per esempio con centri che trattano un alto numero di patologie rare. “Il futuro – conclude – è quello di una medicina più personalizzata, che si serve di strumenti altamente tecnologici e che è più vicina al paziente”.



www.repubblica.it 2022-03-31 08:56:50

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