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Riesce a camminare grazie ed elettrodi impiantati nei nervi; “Così trasmettiamo sensa…

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Ogni volta che si alzava sveniva. Una rara malattia neurodegenerativa le rendeva impossibile fare tutto ciò che non fosse rimanere a letto. La donna, a letto appunto, ci è rimasta oltre 18 mesi, fino a quando, un intervento unico nel suo genere, l’ha portata a camminare di nuovo. Ciò è stato possibile grazie ad alcuni elettrodi impiantati direttamente nei nervi e che generano impulsi elettrici, regolando la pressione sanguigna.

Lo straordinario risultato si deve ai ricercatori dell’Ospedale Universitario di Losanna (Chuv) e della Scuola politecnica federale di Losanna (Epfl), che hanno pubblicato lo studio sul The New England Journal of Medicine. Adesso l’obiettivo è rendere la terapia disponibile per tutti coloro che ne hanno bisogno.

La paziente

Nirina, la paziente in questione, soffre di atrofia multisistemica che assomiglia al Parkinson (Msa-p) ma non lo è. In pratica si tratta di una forma di atrofia che include sintomi come rigidità, tremore irregolare a scatti, instabilità posturale, movimenti estremamente rallentati e difficili da controllare e per la quale non esiste cura. La malattia provoca anche la morte dei neuroni responsabili del controllo della pressione sanguigna: ciò vuol dire che se il paziente cerca di mettersi in posizione eretta la pressione si abbassa vertiginosamente, provocando svenimenti e crisi e costringendo la persona a rimanere perennemente sdraiata.

L’impianto

L’impianto, inizialmente pensato per persone paralizzate in seguito a incidente, era già stato testato su pazienti tetraplegici per il trattamento della pressione sanguigna, ma questa è la prima volta che viene applicato per questo genere di disturbi. Gli elettrodi impiantati sono collegati ad un generatore di impulsi, che viene già comunemente usato per il trattamento del dolore cronico, e hanno permesso al corpo della paziente di migliorare la propria capacità di controllare la pressione, consentendole di rimanere cosciente quando si trova in posizione eretta e di iniziare la fisioterapia. Con l’aiuto di un telecomando, Nirina ha potuto controllare in prima persona l’intensità della stimolazione: in questo modo è riuscita a rimettersi in piedi e a camminare per più di 250 metri.

Un intervento che segna la storia

Che si tratti di un intervento chirurgico che apre nuove possibilità e nel contempo conferma teorie esistenti, lo sostiene il professor Alberto Mazzoni, dell’istituto di Biorobotica e responsabile scientifico del laboratorio di Neuroingegneria computazionale, nonché parte del team del professor Silvestro Micera, docente dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna. 

“E’ un intervento  interessante per più motivi – spiega Mazzoni -. Gli impianti spinali di cui si parla solitamente, e di cui ci siamo occupati sino ad ora, erano motori: parlo dei nervi “efferenti” che azionano i muscoli, in alcuni casi direttamente e in altri, invece, sui nervi che danno luogo al cammino. Ma in quest’ultimo caso la cosa è diversa: la paziente non riusciva a camminare non per un problema motorio, ma sensoriale, che riguardava i nervi “afferenti”, ossia quelli che attengono l’esterno”.

“La  novità più grande si può sintentizzare in questo modo – prosegue Mazzoni -. Sino ad oggi siamo riusciti a stimolare almeno un poco i nervi “efferenti”, mentre non era mai accaduto di poter fare altrettanto con gli “afferenti”. Quindi si tratta di un fatto inedito. E lo è anche un altra cosa: i pochi studi che sino ad oggi hanno riguardato i nervi “afferenti”, quindi sensoriali, si sono limitati al tatto. Invece qui vengono presi in causa i sensori della pressione”.

Così il cervello regola la pressione  

Ogni volta che  camminiamo, ad esempio, la nostra testa si alza e si abbassa. Per evitare che ci venga il mal di mare, il nostro cervello attua delle correzioni. Ovviamente senza che ce ne accorgiamo. 
“Una cosa banale, come il fatto di alzarsi, fa sì che ci sia un forte cambiamento della pressione del sangue – sottolinea Mazzoni -. Per tutto il tempo il nostro vervello ne viene informato dai sensori di pressione e la aggiusta. Nella paziente che ha subito quest’ultimo intervento, il cervello non riceveva l’informazione perché mancavano i neuroni. E ogni volta sveniva. Un effetto simile al Parkinson, non tale”.

“La cosa interessante è che, come in altre fasi, siamo riusciti a sostituirci alle informazioni del tatto mancante  – aggiunge l’esperto -. Ammiro l’équipe che ha raggiunto questo risultato. I colleghi sono riusciti a sostituirsi ad un senso interno, che è quello del sensore della pressione, e lo hanno fatto con l’impianto spinale. Inoltre, altro importante risultato, l’hanno fatto adattando l’impianto esistente, quindi non partendo da zero per costruirne uno originale. Credo che il loro obiettivo sia quello di ottenere un impianto spinale multifunzione”.

“Puntare sulla modularità”

Così facendo, puntando sulla modularità, si possono risparmiare i costi della ricerca. “Si possono  creare pezzi con strumenti medici in grado di curare più malattie – conclude Mazzoni -, mentre i chirurghi sarebbero avvantaggiati dal fatto di dover imparare un solo tipo di impianto e gli ospedali negli acquisti. Oltre a ciò, non sarebbe necessario tutte le volte dimostrare da capo che l’impianto è biocompatibile. Attraverso un algoritmo diverso, quindi, saremo in grado di curare più patologie. L’intervento di Losanna dimostra che stiamo procedendo su questa strada”.



www.repubblica.it 2022-04-06 15:18:04

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