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Tumore al seno, una nuova terapia per ridurre il rischio di metastasi

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Uno dei farmaci che hanno rivoluzionato la terapia del tumore al seno metastatico è stato approvato, a livello europeo, anche nelle fasi precoci di malattia, per prevenire le recidive nelle pazienti che presentano un rischio elevato.

Parliamo di abemaciclib, un inibitore delle chinasi ciclina-dipendente – CDK 4/6 – che nel prossimo futuro potrà essere quindi utilizzato come terapia adiuvante, cioè da impiegare dopo l’intervento chirurgico, in combinazione con la terapia endocrina.

Una decisione basata sui dati dello studio monarchE, in cui l’associazione ha dimostrato di ridurre le probabilità che la malattia si ripresenti, soprattutto con metastasi, del 32%. Erano quasi due decenni – dicono gli esperti – che non si assisteva a miglioramenti clinici sostanziali nel cancro al seno ormono-sensibile in stadio iniziale.

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La notizia riguarda tutte le pazienti con un tumore di tipo “ormonale”, cioè il più comune (positivo per i recettori ormonali e negativo per il recettore del fattore di crescita epidermico umano 2), che presentano i criteri di “alto rischio”. Cosa si intende? In questo caso, con almeno 4 linfonodi positivi, oppure da uno a tre linfonodi positivi con una malattia di grado 3, o con un tumore di dimensioni superiori ai 5 centimetri.

“Nel tumore al seno metastatico abbiamo avuto risultati talmente importanti che ci hanno portato a studiare gli inibitori delle chinasi CDK 4/6 anche in una fase più precoce di malattia”, dice a Salute Seno Valentina Guarneri, Professoressa ordinaria di Oncologia Medica e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia 2 presso l’Istituto Oncologico Veneto IRCCS: “I primi dati che mostravano una riduzione importante del rischio di recidiva in queste pazienti sono stati presentati nell’autunno del 2020, nel corso del congresso annuale dell’Esmo. A quei risultati ne sono seguiti altri che hanno confermato i benefici anche dal punto di vista clinico”.

Questo ha portato all’approvazione di abemaciclib come primo anti-CDK 4/6 per la terapia adiuvante da parte dell’agenzia regolatoria statunitense lo scorso ottobre e, ora, anche da parte di quella europea.

Lo sviluppo degli anti-CDK 4/6

Le chinasi ciclina-dipendenti 4 e 6 sono delle molecole che aumentano la velocità con cui le cellule tumorali crescono e si dividono. I primi tentativi di modulare il ciclo vitale delle cellule per trattare il cancro risalgono agli anni Novanta, ma la tossicità e la mancanza di specificità dei farmaci utilizzati avevano portato a un fallimento delle sperimentazioni. In seguito, però, gli studi in vitro e in modelli animali sugli inibitori selettivi di CDK4/6 si erano rivelati promettenti, soprattutto per il tumore al seno di tipo ormonale.

Tre di questi inibitori – palbociclib, ribociclib e abemaciclib – sono rapidamente passati agli studi di fase III per il tumore al seno metastatico. I risultati avevano superato le aspettative ed erano migliori di tutti quelli riportati in precedenza per questo stadio di malattia. Era logico – ed è prassi – guardare quindi alle fasi più precoci. Ad oggi gli studi sul palbociclib come terapia adiuvante non sono stati positivi, mentre si attendono ancora quelli su ribociclib.

“I tre farmaci anti-CDK 4/6 disponibili sono simili, ma non del tutto uguali e hanno attività peculiari”, spiega Guarneri: “Anche gli studi che li hanno testati come terapia adiuvante non sono completamente sovrapponibili. Ad oggi non sono mai stati fatti studi comparativi diretti tra queste tre molecole, neanche nella fase metastatica, quindi non è possibile confrontarli. Ora siamo in attesa dei risultati dello studio Natalee, che ha testato ribociclib come terapia adiuvante per un periodo di tre anni”.

Capire le giuste sequenze e combinazioni

Quel che è certo è che lo scenario è in forte evoluzione e sono già in studio anti-CDK di nuova generazione e terapie ormonali nuove. Altre ricerche stanno indagando come superare i meccanismi di resistenza verso questi farmaci.

“Per il futuro – continua l’oncologa – ci aspettiamo un calo nella percentuale delle recidive, mentre per chi svilupperà nuovamente la malattia avremo una pletora sempre più ricca di possibilità terapeutiche. Grazie a strumenti come la biopsia liquida, inoltre, verosimilmente potremo seguire l’evoluzione della malattia anche dal punto di vista molecolare, per personalizzare la strategia di cura”.

In un articolo uscito su The Asco Post, Gabriel Hortobagyi, professore di Oncologia medica del tumore al seno presso l’MD Anderson Cancer Center (in Texas), scrive che ci sono molte ragioni per essere ottimisti.

La sopravvivenza mediana delle pazienti con carcinoma mammario metastatico di tipo “ormonale” trattate con ribociclib ha superato i 5 anni nello studio MONALEESA-2 – il che significa che la metà delle pazienti vive oltre questo periodo – e la sopravvivenza delle pazienti con malattia allo stadio iniziale è eccellente. È probabile – riporta l’esperto – che le nuove opzioni di trattamento migliorino ulteriormente questi risultati. La sfida, ora, è determinare le giuste combinazioni e le giuste sequenze e identificare i biomarcatori per selezionare il trattamento più adeguato per ciascun paziente.

“Ritengo importante – conclude Guarneri – poter utilizzare come terapia adiuvante un farmaco che ha dimostrato di ridurre in modo così significativo il rischio di recidiva, perché vuol dire essere potenzialmente in grado di evitare la malattia metastatica, e quindi puntare alla guarigione dal tumore al seno, per una quota importante di pazienti ad alto rischio. Sappiamo che questo farmaco è molto efficace anche nella fase avanzata, quando però l’obiettivo non è più la guarigione, ma il controllo della malattia”. 



www.repubblica.it 2022-04-15 08:47:24

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