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Linfociti T, come potranno aiutarci a diagnosticare le malattie

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Le cellule T sono fondamentali per il nostro sistema immunitario. E potrebbero svolgere un ruolo cruciale nella diagnostica. Per malattie diverse tra loro, come la tubercolosi o il Covid. In che modo? L’argomento è stato approfondito durante il 49° Congresso nazionale dell’associazione microbiologi clinici italiani.

Il sistema immunitario, un sistema complesso

Come sappiamo, il sistema immunitario è un sistema complesso: in particolare le cellule T riconoscono le cellule dell’organismo come proprie evitando di aggredirle. Si attivano quando i recettori presenti sulla loro superficie riconoscono degli antigeni (agenti estranei) specifici per quel recettore.

Mentre le cellule T naïve impiegano in media due giorni per rispondere all’antigene perché non l’hanno mai incontrato, le cellule T della memoria reagiscono in sole due ore e, in caso di esposizioni ripetute allo stesso antigene, garantiscono un potenziamento della riposta.

Ma perché possono essere importanti nella diagnostica? Perché permettono di analizzare diversi composti come le citochine che oggi sappiamo, per esempio, essere implicate nel Sars-CoV 2.

Il virus della Sars e quello del Covid

“Questo virus – spiega Oscar Matteo Gagliardi, Università di Milano, Scuola di Farmacologia e Tossicologia Clinica – è geneticamente simile a Sars-CoV 1, cioè il virus della Sars. Diversi studi condotti su Sars-CoV 1 per indagare le risposte immunitarie dei soggetti che lo avevano contratto, hanno evidenziato come, nella maggior parte dei casi, la risposta T sia rilevante a fronte di una risposta degli anticorpi e dei linfociti B nulla. Questi, infatti, sono presenti dopo l’infezione, ma durano solo 4 anni, mentre la risposta T permane anche dopo 11-17 anni. Perciò – afferma l’esperto – si potrebbe ipotizzare che la risposta T possa durare a lungo anche nel caso di Sars-CoV 2″.

Gran parte degli studi oggi in corso sul virus valutano l’andamento degli anticorpi nel tempo, ma in realtà la risposta T potrebbe essere un parametro complementare per indagare la protezione in quei soggetti vaccinati che hanno livelli di anticorpi non rilevabili. Inoltre, sappiamo che diverse cellule T della memoria sono presenti in vari punti. Per esempio, nella tubercolosi abbiamo una risposta di queste cellule nel polmone.

“Probabilmente – conclude Gagliardi – in futuro la diagnostica a cellule T potrà essere applicata a tutte le malattie in cui queste cellule rivestono un ruolo importante, come quelle autoimmuni, tra cui il diabete, la celiachia e il lupus”.



www.repubblica.it 2022-05-02 13:08:57

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