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Tumore ovarico, una mostra fotografica per testimoniare la “rinascita”

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CATTURARE in una fotografia la miriade di emozioni che si possono provare dopo aver ricevuto la diagnosi di un tumore ginecologico e le cure per riuscire a combatterlo. Raccontare, quindi, attraverso un’immagine la propria rinascita dopo la malattia. È questo il tema del contest fotografico e della mostra “Scatta la rinascita”, a cura di Loto Odv, associazione impegnata nel supporto e nellasensibilizzazione contro i tumori ovarici, che ha lo scopo di dare speranza e conforto a tutte le pazienti affette da questa neoplasia. Una malattia silente e subdola, che lascia ferite sia nel corpo che nella mente, ma che può essere un punto di svolta, una vera e propria rinascita, grazie al sostegno di medici e psicologi, delle cure adeguate, delle associazioni e della condivisione della propria esperienza.

La mostra “Scatta la Rinascita”

Le 40 fotografie più significative, scattate da pazienti oncologici e non, vanno a comporre così la mostra “Scatta la Rinascita”, realizzata in collaborazione con il fotografo Nino Migliori, il patrocinio del Comune di Bologna e visitabile a Palazzo d’Accursio dal 29 aprile all’8 maggio, Giornata mondiale sul tumore ovarico. La mostra farà poi tappa nei Day Hospital dei reparti di Ginecologia e Senologia Oncologica dei sette ospedali italiani in cui è attiva Loto: il Policlinico Sant’Orsola a Bologna, l’Ospedale Maggiore di Parma, l’Ospedale Morgagni Pierantoni di Forlì, l’Ospedale degli Infermi di Rimini, gli Ospedali Riuniti di Ancona, il Policlinico Universitario Gemelli di Roma e l’Ospedale Civico di Palermo.

 

Fotografie come carezze

Ogni fotografia che allestirà i reparti di questi ospedali potrà essere un incoraggiamento e una carezza per tutte le pazienti che stanno lottando contro questa malattia. “La lente di una fotocamera permette di rappresentarci e di reinterpretarci, è un’istantanea sulla propria mente, ma anche il riscatto di se stessi attraverso l’immagine”, commenta Sandra Balboni, presidente di Loto Odv: “In ognuna delle nostre foto c’è una parte di noi e ci racconta contenuti spesso inconsapevoli, come un ponte diretto tra mondo interno e mondo esterno. Il nostro scopo è quello di sensibilizzare e informare le donne sui tumori ginecologici e prendere per mano quelle che ricevono la diagnosi. Anche arricchendo le sale d’aspetto degli ospedali con immagini di speranza e rinascita”.

Una neoplasia silente

Il carcinoma ovarico, che ogni anno in Italia colpisce oltre 5mila donne e che rappresenta la quinta causa di morte per tumore nelle donne tra i 50 e i 70 anni di età, è una malattia subdola. Nelle fasi iniziali del suo sviluppo, infatti, non causa alcun sintomo specifico e non esistono ancora oggi programmi di screening per la diagnosi precoce. Proprio per questo, in oltre il 70% dei casi la diagnosi avviene tardivamente, quando il tumore è già esteso nella cavità peritoneale. Alla luce di questo, è importante che le donne prestino attenzione alla comparsa di sintomi che perdurano nel tempo e che, pur non essendo specifici, possono aiutare a scovare prima la malattia e anticipare quindi la sua diagnosi. I sintomi più comuni a cui rivolgere maggiormente interesse sono gonfiore all’addome, necessità di urinare spesso, difficoltà ad evacuare, dolori pelvici, che potrebbero essere riconducibili alla presenza di una massa addominale o alle ascite (ossia raccolta di liquido nel peritoneo).

Chi rischia di più

Per la maggior parte delle donne affette da carcinomi dell’ovaio non c’è evidenza di familiarità. Secondo le stime, l’incidenza maggiore si registra tra le donne di età compresa tra i 50 e i 70, mentre non più del 10% delle pazienti con questa neoplasia ha meno di 40 anni. Oltre a terapie sostitutive in menopausa basate sull’impiego di estrogeni, e al fumo, il fattore di rischio più importante sembrerebbe essere legato ad alterazioni genetiche: circa il 15% dei tumori ovarici è riconducibile alla mutazione dei geni Brca1 e Brca2. Le donne portatrici di queste mutazioni, infatti, presentano un rischio di svilupparlo più alto del 40-60% e dell’11-30% rispettivamente, a confronto dell’1,5% osservato nella popolazione generale.



www.repubblica.it 2022-05-03 10:09:20

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