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Sperimentazioni su nuovi farmaci, perché è importante conoscere (subito) la qualità d…

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Si chiamano PRO, acronimo di patient-reported outcomes, e cioè i risultati riferiti dai pazienti coinvolti negli studi clinici. Un tema trascurato ancora oggi, come sottolinea Massimo Di Maio, segretario nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica e direttore dell’Oncologia Medica all’ospedale Mauriziano di Torino in un editoriale su ESMO Daily reporter. Già perché i PRO – spiega – generalmente non vengono pubblicati insieme ai dati di efficacia e sicurezza delle nuove molecole, ed è un peccato, perché forniscono informazioni importanti, molto utili per il processo decisionale sul trattamento.

L’occasione per riflettere su questo tema è stata la presentazione dei dati sulla qualità di vita dello studio Poseidon (sulla combinazione in prima linea di immuno e chemioterapia in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio avanzato) nel corso del Congresso Esmo sul cancro del polmone che si è tenuto recentemente in modalità virtuale. “Negli ultimi anni, per fortuna, molti studi hanno presentato dati di qualità di vita, questo non è certo il primo”, dice l’oncologo: “Ma è stato bello che tra le cose che al congresso hanno avuto risalto ci sia stata la presentazione orale di questa tipologia di dati, anche se in ritardo rispetto alla presentazione dei risultati di efficacia, che risale a settembre 2021”.

I PRO misurano la qualità di vita

I PRO sono l’insieme dei sintomi che misurano la qualità di vita dei pazienti durante un trattamento sperimentale (o anche in altre situazioni), per valutarne l’impatto. In che modo esattamente? Somministrando ai pazienti arruolati questionari standardizzati e validati sui quali riportare gli eventuali effetti. Per esempio, negli studi sul tumore del polmone, la triade dei sintomi più comuni sono dolore, tosse, dispnea. Ma i questionari di cui parliamo permettono di ottenere molto altro, perché non rilevano solo i sintomi ma anche le scale funzionali, per esempio il benessere fisico, emotivo, sociale. Insomma, dentro ai PRO c’è tutta la qualità di vita, e non solo in senso fisico.

Senza filtro

“Lo scopo di questi questionari è fare il punto sull’equilibrio tra la malattia, il modo in cui il trattamento controlla i sintomi e gli effetti collaterali della cura”, dice Di Maio. Ma non è sempre così che si fa? “Nell’oncologia tradizionale – riprende l’esperto – questi fattori erano basati sulla descrizione del medico: era lui che descriveva il controllo di malattia strumentale ed era sempre lui a riportare la tossicità del trattamento. Ma questo non necessariamente corrispondeva alla percezione del paziente. I PRO consentono non di sostituire le informazioni del medico, ma di aggiungere i dati riferiti direttamente dai pazienti, senza alcun filtro”.

Dati utili a tutti

Dati senza filtro che sono certamente utili per la comunità dei pazienti, visto che, se lo studio avesse un esito positivo in termini di efficacia, saranno loro a beneficiare dei nuovi risultati. Ma utili anche per il medico che deve decidere se proporre al suo paziente la nuova cura. “Esattamente”, riprende l’oncologo: Sapere che un trattamento controlla la malattia per un certo numero di mesi in più quando vengono sottoposti, per esempio, a una Tac è una informazione fondamentale per un medico, questo è certo, e anche i pazienti ritengono che lo sia. Ma non è l’unica, perché se io non so come quel beneficio ottenuto alla Tac si traduce nella vita reale del paziente non riesco a dare un’informazione completa a quella persona, che quindi non può scegliere in maniera consapevole. Detto questo, si sceglie, e lo abbiamo sempre fatto, tuttavia senza i dati PRO la comunicazione rischia di essere più superficiale”.

L’effetto di non pubblicare

Qualche anno fa proprio Di Maio con i suoi collaboratori condusse un’analisi di tutti gli studi oncologici pubblicati dal 2012 al 2016 per scoprire che una parte consistente di quei trial non comprendeva la qualità di vita tra gli obiettivi da misurare. “Abbiamo anche visto che anche quando i dati di qualità di vita venivano raccolti, la loro pubblicazione era molto spesso ritardata, anche di anni”, aggiunge. Ma l’effetto di una mancata pubblicazione è importante, particolarmente in caso di studi che confermano l’ipotesi iniziale e cioè che un nuovo trattamento migliora effettivamente l’aspettativa di vita o il controllo di malattia strumentale: visto che in questi casi la nuova cura diventerà pratica clinica, l’oncologo dovrebbe poter giudicare qual è il suo impatto sulla qualità di vita per i suoi pazienti, riflette il segretario nazionale di Aiom. Per esempio molti studi oncologici indagano cosa succede aggiungendo farmaci ai trattamenti. Ora, fermo restando che è molto positivo che una combinazione prolunghi l’aspettativa di vita e il controllo di malattia, è anche importante capire se c’è e qual è l’entità del prezzo per  paziente. Ci sono casi in cui le due cose, miglioramento di efficacia e di qualità di vita, vanno di pari passo, ma non è detto sia sempre così. Un paziente con malattia avanzata, anche se ben consapevole che un trattamento mediamente allunghi la vita, potrebbe considerarlo troppo pesante per lui, e preferirne un altro”.

Dati soggettivi? Ben vengano

C’è qualcuno che ancora oggi, sebbene sempre meno, ritiene che i PRO siano dati non oggettivi. Ma questo è un valore aggiunto, perché ai pazienti va chiesta proprio la soggettività. “Sono loro che devono dirci come stanno, noi medici dobbiamo soltanto assicurarci che compilino i questionari in maniera corretta”, continua l’esperto: “C’è anche un pregiudizio sulla qualità dei dati raccolti, sulla loro affidabilità, ma si sta superando. Oggi anche le società scientifiche enfatizzano l’importanza di questi risultati. I questionari sono strumenti standardizzati e validati per la grande maggioranza dei tipi di tumore. Non è questo il problema. Poi è anche plausibile che alcuni autori non pubblichino tutti insieme i dati per mantenere alto l’interesse sullo studio per tempi più lunghi”. I tempi però potrebbero essere maturi per dare il giusto spazio, e nei giusti tempi, alla misura della qualità della vita e non solo per un cambio di mentalità, ma anche per grazie alle tecnologie: oggi quando pubblichiamo studi non abbiamo più limiti di spazio, com’era quando si pubblicava su carta – conclude Di Maio. Oggi con le pubblicazioni elettroniche, le riviste su cui si pubblica danno la possibilità di aggiungere  appendici, dati supplementari. Se si vuole pubblicare tutto e subito, si può fare e rimane in rete per sempre.



www.repubblica.it 2022-05-05 13:23:06

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