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Tumore al seno, farmaci ‘intelligenti’ che combattono il nemico con un ‘Cavallo di Tr…

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Da Berlino, dove la scorsa settimana si è svolto l’Esmo Breast – il congresso europeo di oncologia medica tutto dedicato al tumore al seno – arriva l’eco di tre parole: anticorpi monoclonali coniugati. Un nome difficile che però porta con sé un concetto semplice: quello del cavallo di Troia. Esattamente come nel mito dell’Eneide, infatti, questi farmaci portano la chemioterapia direttamente dentro la cellula tumorale. E stanno dando degli importanti risultati proprio contro il cancro al seno.

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Migliora la sopravvivenza e la qualità di vita 

“Gli studi più importanti presentati ad Esmo Breast hanno riguardato il ruolo degli anticorpi coniugati, in particolare per i tumori HER2 positivi, che rappresentano circa un quinto di tutti i carcinomi mammari”, conferma Giuseppe Curigliano, responsabile della Divisione Sviluppo nuovi farmaci presso l’Istituto Europeo di Oncologia e professore ordinario di Oncologia medica dell’Università di Milano: “Da segnalare sono i dati sulla qualità di vita delle pazienti metastatiche trattate con trastuzumab deruxtecan nello studio Destiny-Breast03. Con grande sorpresa dei ricercatori, il farmaco non solo l’ha preservata, ma ha addirittura migliorato alcune variabili. In particolare il controllo del dolore, il tempo all’ospedalizzazione e la percezione emotiva della qualità della vita stessa, che è estremamente importante e indicativa”.

Un solo anticorpo per 8 ‘proiettili’

Trastuzumab deruxtecan nasce dall’unione di un anticorpo monoclonale – trastuzumab – con il chemioterapico deruxtecan, particolarmente potente. Ogni molecola di trastuzumab lega a sé ben 8 molecole di deruxtecan. Il meccanismo con cui agisce, semplificando, è questo: trastuzumab riconosce e si lega ai recettori HER2 presenti sulla cellula tumorale e, a quel punto, rilascia all’interno di essa gli 8 “proiettili” (cioè molecole) del chemioterapico. Proprio come un cavallo di Troia. I primi dati importanti su questo farmaco risalgono al dicembre del 2019, quando al congresso sul tumore al seno di San Antonio, in Texas, lo studio Destiny-Breast03 aveva dimostrato vantaggi significativi rispetto a TDM-1 (trastuzumab emtansine, l’attuale standard di cura per le pazienti con tumori HER 2 positivi), per pazienti che avevano ricevuto in precedenza molti trattamenti (da 2 a 27). 

Triplica la sopravvivenza

Anche sulla base di dati successivi, il farmaco ha mostrato di poter triplicare la sopravvivenza mediana e di ridurre il rischio di progressione della malattia del 72%. “Si tratta di un vantaggio impressionante nel controllo della malattia, nettamente superiore allo standard di cura, ma mancavano ancora i dati sulla qualità di vita, che sono arrivati adesso”, sottolinea Curigliano. Un altro studio, Tuxedo-1 (di fase II), sempre presentato ad Esmo Breast, ha inoltre dimostrato che gli anticorpi coniugati possono essere attivi anche sulle metastasi cerebrali. Sono state coinvolte 15 pazienti trattate con trastuzumab deruxtecan: la risposta a livello delle metastasi cerebrali non pretrattate è stata alta, del 73% (11 pazienti) con 14 mesi di sopravvivenza libera da progressione di malattia, il che significa che l’effetto terapeutico di questi farmaci sul sistema nervoso c’è e dovrà essere indagato ulteriormente. 

Servono altri studi

Il farmaco è approvato in Europa dalla fine del 2020 per le pazienti con tumore HER2-positivo metastatico che hanno già ricevuto due o più terapie HER2, ossia dalla terza linea di trattamento in poi (in Italia è approvato da oltre un anno, ma nella fascia Cnn, quindi non ancora rimborsabile). Negli Usa – è notizia di questi giorni – il suo impiego è stato anticipato alla seconda linea (cioè dopo una sola altra terapia anti-HER2). Non solo: l’FDA lo ha appena designato come “Breakthrough Therapy” per i cosiddetti tumori mammari HER2 Low,  che esprimono bassi livelli del recettore HER2: significa che l’approvazione anche per queste pazienti verrà velocizzata. “Sembra che questo farmaco dia un vantaggio in termini di controllo di malattia e di sopravvivenza globale per questo gruppo di pazienti, ma per vedere i dati che hanno portato l’FDA a tale decisione dovremo attendere il congresso dell’Asco, tra qualche settimana”, dice Curigliano.

Tumore al seno iniziale ad alto rischio 

Tornando all’Esmo Breast, altri risultati importanti hanno riguardato il tumore al seno iniziale più comune (quello sensibile agli ormoni femminili, che rappresenta il 60-70% di tutti i casi) nelle donne ad alto rischio di recidiva e metastasi. Nell’aggiornamento dello studio MonarchE (di cui vi abbiamo già parlato nella newsletter di Salute Seno), il farmaco mirato abemaciclib utilizzato come terapia adiuvante (dopo l’intervento) insieme alla terapia endocrina standard ha mostrato benefici significativi sia nelle donne giovani che in quelle meno giovani, e cioè indipendemente che fossero o meno in menopausa. A tre anni dall’inizio dello studio, la percentuale di donne senza malattia è stata dell’89,5% per chi aveva ricevuto anche abemaciclib contro l’83% di chi aveva ricevuto solo la terapia endocrina standard; le percentuali di pazienti libere da metastasi è stata, rispettivamente, del 90,5% e dell’86%. Abemaciclib è il primo (e attualmente unico) anti-CDK 4/6 approvato come terapia adiuvante in Europa.

Il prossimo importante appuntamento con la ricerca, dicevamo, si terrà dal 2 al 7 giugno, quando gli occhi del mondo dell’oncologia – compresi i nostri – saranno puntati su Chicago.

 

 



www.repubblica.it 2022-05-13 10:01:10

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