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Malattie cardiache, impariamo a riconoscere i fattori di rischio

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Colpiscono tante, tantissime persone. Sono la prima causa di morte a livello mondiale, con più di 18 milioni di decessi (dati riferiti al 2019). Eppure, per assurdo, le conosciamo ancora poco, o meglio poca è la consapevolezza in materia di malattie cardiovascolari. E poca, o non adeguata, è la prevenzione. È quanto messo in luce dall’iniziativa “Le Strade del Cuore”, realizzata da GVM Care & Research, che ha attraversato l’Italia a bordo di una Clinica Mobiledella propria Clinica Mobile. Forte delle adesioni alla prima edizione nel 2021 – dove ha incontrato 2500 circa tra uomini e donne sopra i 40 anni in otto regioni – l’iniziativa è pronta a ripartire anche per il 2022. Scopo: diffondere la cultura della prevenzione per le malattie cardiovascolari.

“Pur essendo la principale causa di morte nei paesi occidentali, le azioni che mettiamo in atto a contrasto delle malattie cardiovascolari sono ancora poche e comunque non sufficienti – commenta  il prof. Giuseppe Speziale, coordinatore delle Cardiochirurgie di GVM Care & Research e presidente della Mitral Academy – manca l’autoconsapevolezza che sono malattie molto diffuse e pericolose, ma almeno in buona parte prevenibili e per questo le azioni a contrasto dovrebbero essere più mirate. A tutt’oggi non c’è un protocollo standard di prevenzione”. Ecco perché, prosegue il cardiologo, l’augurio è che comunità scientifiche, di pazienti e governo, possano mettere in atto questo protocollo di prevenzione che ancora manca. Continuando al tempo stesso a insistere su tutte quelle buone abitudini – dalla rinuncia al fumo, al mantenimento del peso ideale, a una buona alimentazione, basata sui capisaldi della dieta mediterranea, all’attività fisica svolta con costanza e alla riduzione dello stress – che aiutano e allenano il sistema cardiovascolare a funzionare meglio.

Per la popolazione standard – eccezion fatta dunque per i casi particolari con condizioni famigliari predisponenti al rischio – il consiglio di del prof. Speziale è di realizzare un check-up intorno ai 40 anni, magari dopo averne parlato anche con il proprio medico. È questa l’età in cui solitamente cominciano a presentarsi, continua, e in cui è possibile agire per contenere i rischi: “Penso a qualcosa che comprenda una visita cardiologia, con esami di laboratorio, elettrocardiogramma, ecocardiogramma e TC calcium score index, un test che misura il calcio presente sulle nelle coronarie facendo uso di una tac senza mezzo di contrasto e a bassa irradiazione e che permette di stimare il rischio coronarico”. Qualcosa che consenta di standardizzare le procedure di check-up oggi lasciate a iniziative personali, anche per cercare di colmare quella mancanza di consapevolezza ancora oggi presente quando si parla di fattori di rischio, dalla famigliarità, alla pressione arteriosa elevata, al colesterolo e, alla glicemia alti, allo stress. Non è una solo una sensazione: i dati raccolti durante la prima edizione de “Le Strade del Cuore” lo hanno messo chiaramente in evidenza: “Anche i fattori di rischio più banali da intercettare sono spesso sottovalutati: da nord a sud, manca proprio l’attenzione sul tema”, riprende Speziale: “Per esempio, circa il 25% dei soggetti che abbiamo intercettato nel tour diceva di non avere problemi di colesterolo, e invece aveva valori alterati, e anche sulla pressione arteriosa pochi erano consapevoli del rischio, gli uomini meno delle donne: più della metà dei primi non sapeva di averla alta, contro circa un terzo del sesso femminile”.

Giuseppe Speziale, coordinatore delle Cardiochirurgie di GVM Care & Research e presidente della Mitral Academy

Giuseppe Speziale, coordinatore delle Cardiochirurgie di GVM Care & Research e presidente della Mitral Academy 

Quando si parla di malattie cardiovascolari, uno degli errori più frequenti è infatti pensare che si tratti di qualcosa che interessa sempre gli altri. Ma dal momento che i fattori di rischio impiegano anni prima di esplodere in una malattia, e considerato che molte di quelle cardiovascolari non danno sintomi se non in fase molto avanzata, continua Speziale, il consiglio, di nuovo, è quello di affidarsi al medico e di effettuare un check-up quando consigliato. Per capire a quale classe di rischio si si appartiene, e intervenire per tempo.

Un discorso valido tanto per le patologie coronariche, che per quelle valvolari, che riguardano le valvole cardiache, molto spesso croniche: “Si tratta di patologie che tendono a evolvere nel tempo, e nelle quali il fattore tempo è fondamentale: c’è una finestra in cui sottoporsi a interventi dà una possibilità di recupero elevata, mentre se è troppo tardi i rischi aumentano e diminuiscono così anche le possibilità di recupero. Una visita cardiologica con ecocardiogramma consente già di capire se sono necessari ulteriori accertamenti”. Ed eventualmente di intervenire, beneficiando degli enormi passi avanti compiuti in cardiochirurgia negli ultimi anni, divenuti sempre meno invasivi. Come quelli che hanno riguardato la chirurgia della valvola mitrale, di cui si discuterà nel prossimo MICS 2022 The Mitral Conferences promosso dalla Mitral Academy, il 16 e 17 giugno a Lecce., dove presenzieranno i più importanti esperti internazionali delle patologie mitraliche.  “Uno dei temi di cui si discuterà sarà proprio la possibilità di impiantare valvole mitraliche via catetere, come già avvenuto per la aortica. Si tratta di un cambiamento radicale, perché potrà avere un’applicazione su una popolazione numerosa, e considerata ancora oggi troppo a rischio per altri interventi”, conclude Speziale.



www.repubblica.it 2022-05-16 09:20:00

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