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Centro Sclerosi Multipla di Catania: in ascolto dei bisogni dei pazienti per un’assis…

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Personalizzare le cure in base alle necessità dei singoli pazienti avendo bene in mente che la Sclerosi Multipla può richiedere continui adattamenti del tipo di terapia, ma anche del tipo di assistenza di cui ciascuno ha bisogno. Con quest’obiettivo lavora da anni il Centro per la Sclerosi Multipla dell’AOU Policlinico-San Marco, UOC Clinica Neurologica di Catania, operativo sin dal 1994 e parte del progetto StayHome, sviluppato da Biogen, in collaborazione con l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM).

 

L’organizzazione del Centro di Catania

Sono oltre 2500 i pazienti che fanno riferimento a questo Centro dove collaborano diverse unità operative pronte a intervenire sui diversi bisogni che le persone con Sclerosi Multipla incontrano durante le diverse fasi della propria malattia. “Il nostro Centro – spiega il Professore Francesco Patti, Responsabile del Centro SM dell’AOU Policlinico-San Marco, UOC Clinica Neurologica di Catania – si è organizzato con più neurologi, due infermieri e due operatori socio-sanitari dedicati più altro personale di supporto pagato con i fondi della ricerca per sostenere i bisogni assistenziali e la ricerca particolarmente attiva in campo clinico”.

 

L’approccio personalizzato al paziente

Il Centro di Catania è parte integrante dell’Unità Operativa Complessa di Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico-San Marco di Catania, ma ha sempre cercato di instaurare collegamenti con gli altri centri di Sclerosi Multipla della Regione secondo il modello di Rete Hub e Spoke. “Il nostro Centro – prosegue il Prof. Patti – è stato classificato Hub nel 2014 e si è adattato nel corso degli anni all’aumentato numero di pazienti che si riferiscono alla struttura cercando di aggiornarsi sulle nuove conoscenze sia in termini di diagnosi sempre più precoce, sia in termini di prognosi, ma operando sempre paziente per paziente, pronti a modificare il processo di cura tutte le volte che si rende necessario”.

L’uso della telemedicina

Uno degli aspetti su cui è più urgente intervenire è quello della riabilitazione perché attualmente il paziente ancora non riesce a trovare sul territorio risposte a tutti i bisogni assistenziali. “Nel corso degli ultimi due anni, in situazione di lockdown, sono state sperimentate e incrementate attività di telemedicina in termini di teleconsulto (con il paziente, altri medici, altri operatori sanitari), utilizzando un indirizzo di posta elettronica dedicato al quale i pazienti hanno inviato esami e referti ricevendo una risposta entro 24-48 ore”, spiega Patti. “Quando si dispone del caregiver sembra esistere una discreta concordanza fra la visita in remoto e quella in presenza. Ciò ha permesso di tenere a casa le persone, facendole viaggiare meno e avvicinando l’Ospedale ai loro bisogni”. L’invio di esami e referti ha consentito poi la prescrizione di ricette terapeutiche (quando necessario) o di altre consulenze che sono state recapitate al paziente tramite e-mail.

 

La partecipazione al progetto StayHome

Come altri nove Centri, anche quello di Catania è stato ‘reclutato’ per partecipare al progetto StayHome. “Grazie a questa iniziativa – spiega Patti – è stato possibile scattare una fotografia trasversale a diversi centri fra quelli ritenuti più attrezzati e numerosi d’Italia. Questo genere di valutazioni dovrebbero ispirare il decisore politico, ovvero l’Assessorato oppure il Ministero della Salute al fine di migliorare le eventuali criticità emerse”. Quattro le criticità evidenziate dall’analisi realizzata nell’ambito del progetto StayHome: “In primo luogo – sottolinea Patti – manca un buon collegamento con il territorio e il coinvolgimento di altre figure di cui ha bisogno il paziente nel setting prossimale delle cure, a cominciare dal medico di medicina generale. Inoltre, non c’è una ottimizzazione degli accessi all’ospedale per cui il paziente deve recarsi più volte al Centro”.

 

L’empowerment del paziente

Un’altra criticità emersa dalla ‘fotografia’ scattata grazie al progetto StayHome è la formazione del paziente rispetto alle possibilità offerte dalla telemedicina, ma anche della stessa patologia. “Occorre un empowerment del paziente, al fine di far conoscere meglio la malattia che l’affligge, i nuovi sintomi o gli eventi avversi di un certo farmaco. L’empowerment consentirebbe un dialogo più evoluto tra il paziente e i sanitari del Centro che potrebbero richiedere la visita in presenza in alcuni casi, dedicando il resto del tempo disponibile alle abituali attività di assistenza e ricerca che ogni giorno vengono svolte all’interno del Centro, da lunedì a sabato di ogni settimana, festivi esclusi”.

Potenziare il personale

E poi è necessario un potenziamento delle risorse umane. “Attraverso l’istituzione di un fondo dedicato – spiega il responsabile del Centro di Catania – sarà possibile assumere pro tempore altro personale che possa potenziare l’azione del personale già in dotazione al Centro e che possa fungere da ‘case manager’, a completo supporto del paziente nel proprio domicilio e nel proprio territorio, allo scopo di individuare la soluzione del bisogno nel posto più prossimo alla residenza del paziente, tenendo sempre stretto e saldato il legame con il Centro”. Ciò permetterebbe ai pazienti di non sentirsi abbandonati: “A volte – fa notare Patti – l’eccesso eventuale di attività in remoto potrebbe essere vissuta dal paziente come una sorta di abbandono dello stesso”.   

 

Coinvolgere le istituzioni

Cosa si aspettano gli operatori sanitari dalla partecipazione al progetto StayHome? A rispondere è ancora il Prof. Patti: “Che possa ispirare l’azione di governo centrale a supporto del paziente nel processo di cura al proprio domicilio, ad esempio permettendo di inviare alcuni piani terapeutici in formato digitale, creando l’infrastruttura perché questo possa verificarsi, la realizzazione della cartella elettronica e del fascicolo sanitario elettronico; dando ruolo e veste legale e finanziaria ad attività di telemedicina”. Ma c’è di più: “Vedrei un’azione combinata: Biogen con il progetto StayHome, la Società Italiana di Neurologia, l’Associazione pazienti e i partecipanti al progetto nella figura dei principal investigators, intorno ad un tavolo con componenti del Ministero della Salute a ragionare su come migliorare e investire risorse economiche”, conclude Patti.



www.repubblica.it 2022-05-17 08:21:00

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