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“Fermati al rosso”, uno spot contro il tumore della vescica

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Fabio è un uomo sulla cinquantina che vive a Milano. La sveglia suona come ogni mattina. Lo smartphone gli ricorda che ha una riunione alle 9. In bagno nota qualcosa che non va. Si veste, fa colazione, esce per andare alla riunione. Poi ha un momento di lucidità, mentre sulle strisce pedonali aspetta il verde: l’omino rosso del semaforo sembra parlare al suo inconscio e dirgli stop, fermati, non andare alla riunione, perché stamattina è accaduta una cosa più importante e di cui ti devi occupare subito. Fabio prende il telefono, annulla la riunione e fa quello che chiunque veda del sangue nelle urine dovrebbe fare: andare dal medico.

 

Lo spot

Tutto accade in un solo minuto nello spot di cui abbiamo appena raccontato la sinossi, voluto e promosso dall’associazione PaLiNUro – Pazienti Liberi dalle Neoplasie UROteliali per il mese della prevenzione del tumore della vescica (è possibile vederlo a questo link). A firmarlo è il regista Fabrizio Mari, mentre a interpretare Fabio è l’attore italiano Mauro Negri. Un video (realizzato con il supporto non condizionante di Astellas) che passa il messaggio importante: la prevenzione e la diagnosi tempestiva di questo tumore possono salvare la vita, per questo è fondamentale “fermarsi al rosso”. “Vogliamo rendere le persone consapevoli, educarle e sollecitare in loro la reazione e l’azione: se vedi il rosso, vai dal medico”, sottolinea Edoardo Fiorini, Presidente dell’Associazione.

 

Sintomi non riconosciuti, soprattutto nelle donne

Il tumore della vescica, chiamato più propriamente carcinoma uroteliale, è il quinto tumore più diffuso in Italia, il quarto nella popolazione maschile. Colpisce dopo i 50 anni di età, più tra gli uomini ma è in aumento anche tra le donne, soprattutto fumatrici, dal momento che il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio. Oltre al sangue nelle urine (ematuria), gli altri sintomi sono: stimolo frequente e urgenza di urinare, bruciore, dolore pelvico e dolore alla schiena, spesso sottovalutata dai pazienti – soprattutto le donne, contrariamente a quanto avviene in altre malattie – e dagli stessi medici. “Nelle donne – ricorda Giaro Conti, segretario nazionale della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO) – i sintomi vengono spesso confusi con quelli di altre patologie femminili, come la cistite, ma se la perdita di sangue persiste dopo un primo tentativo di cura, non bisogna perdere tempo e andare dall’urologo. Inoltre, gli esami di primo livello che possono rivelare il tumore sono semplici e poco costosi (citologia urinaria e cistoscopia, ndr.), non c’è alcun motivo per non prescriverli e non farli”.

 

Le possibilità di cura

Scoprire il tumore in fase precoce o tardiva fa un’enorme differenza non solo per il rischio di recidiva e di mortalità, ma anche per la qualità di vita. “Possiamo immaginare la vescica come una serie di palloncini concentrici”, spiega Patrizia Giannatempo, Dirigente SC Oncologia Medica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: “Il tumore origina in quello più interno e man mano può arrivare anche al secondo, in cui vi è il tessuto muscolare ricco di vasi sanguigni, che possono facilitarne la diffusione”.

 

Quali sono, in questo caso, le possibilità di cura? “Un paziente con carcinoma uroteliale muscolo-invasivo o metastatico (circa il 20% dei casi totali, ndr.) – spiega l’oncologa – riceve la chemioterapia, ma per chi non è candidabile a questo trattamento vi sono diverse opzioni all’interno di protocolli clinici, tra cui l’immunoterapia. Al momento sono disponibili, solo all’interno di protocolli clinici, anche gli inibitori dell’FGFR3, farmaci che si legano ad alcuni recettori presenti sulle cellule maligne e le uccidono in modo selettivo. Infine, abbiamo una terza categoria di nuovi farmaci, che stanno rivoluzionando le possibilità terapeutiche dei pazienti con carcinoma uroteliale avanzato: gli anticorpi monoclonali coniugati con un farmaco antitumorale che si lega alla nectina, uno specifico recettore presente sulla superficie delle cellule tumorali”. Il paziente con malattia non muscolo-invasiva, invece, può essere sottoposto a un trattamento locale come il TURB (Transurethral Resection of the Bladder – Resezione vescicale transuretrale) e le istillazioni di farmaci chemioterapici in vescica, oltre ai trattamenti chirurgici locali e a quelli combinati di radioterapia.

 

L’impatto psicologico

Anche l’intervento chirurgico è più o meno invasivo a seconda dello stadio della malattia, e questo ha un impatto sull’aspetto psicologico. La perdita di sangue è già di per sé un evento traumatico. Ma all’intervento chirurgico di cistectomia, che rimane il trattamento d’elezione, può seguire incontinenza urinaria, impotenza sessuale che pone gravi problemi di coppia, e infine, non meno importante, la componente estetica con un cambiamento dell’immagine corporea.



www.repubblica.it 2022-05-20 16:41:20

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