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Tumore al seno avanzato, conoscere la risposta alla terapia con la biopsia liquida

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Sapere in soli 15 giorni se la terapia scelta funzionerà, grazie alla biopsia liquida. Una possibilità importante per chi ha un tumore al seno metastatico, perché risparmiare tempo prezioso può fare la differenza per la sopravvivenza. Ed è esattamente a questo che punta una ricerca interamente italiana che sarà presentata il 6 giugno al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology – ASCO, in corso a Chicago.

Lo studio BioItaLEE

Lo studio si chiama BioItaLEE e riguarda le pazienti con il tipo più comune di cancro al seno (quello ‘ormono-sensibile’ ed HER2 negativo), trattato con una terapia standard di prima linea, e cioè la combinazione di ribociclib (un inibitore di CDK4/6) e letrozolo (un inibitore dell’aromatasi). I ricercatori hanno utilizzato due marcatori per seguire nel tempo la risposta della malattia al trattamento: la timidina chinasi 1 e il DNA tumorale circolante, misurati attraverso la biopsia liquida. “BioItaLEE per la prima volta al mondo ha considerato la combinazione di due biomarcatori, misurati con prelievi del sangue”, spiega Michelino De Laurentiis, Coordinatore dello studio BioItaLEE e Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli: “Questo metodo sembra dare informazioni più precoci rispetto alla TAC tradizionale per monitorare l’andamento della cura. Se i dati dello studio saranno confermati, con la biopsia liquida potremmo sapere in netto anticipo quali tumori sono resistenti al trattamento, a esclusivo vantaggio delle pazienti”.

Le promesse della biopsia liquida

La sperimentazione ha coinvolto 287 pazienti di 47 centri italiani. La variazione dei due biomarcatori è stata misurata con un prelievo di sangue prima dell’inizio della terapia e a distanza di 15 giorni. “I valori iniziali dell’attività della timidina chinasi 1 e del DNA tumorale circolante sono importanti, ma hanno carattere informativo, perché la terapia con ribociclib in alcuni casi è in grado di ridurli, risolvendo così un’eventuale resistenza iniziale”, sottolinea Grazia Arpino, Professoressa di Oncologia Medica all’Università Federico II di Napoli, che presenta lo studio BioItaLEE al Congresso ASCO: “È necessaria, quindi, l’analisi dinamica della variazione dei biomarcatori nel corso delle prime due settimane di trattamento per avere un’idea più chiara circa l’eventuale esito della terapia. Siamo di fronte a dati preliminari che possiamo definire ‘generatori di ipotesi’, perché tracciano una strada che dovrà essere confermata con ulteriori studi clinici. La loro utilità, però, potrebbe essere importante perché, dopo solo 15 giorni dall’inizio della terapia, potremmo essere in grado già di capire come sta rispondendo la paziente e far fronte ad eventuali resistenze”.

“Questo lavoro, tutto italiano, sta riscuotendo un grandissimo interesse a livello internazionale”, dice Saverio Cinieri, Presidente Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM): “Definisce un modello di ricerca, che si colloca all’interno dell’oncologia di precisione e apre importanti prospettive per cronicizzare la malattia metastatica. Rappresenta inoltre un segnale di vitalità della ricerca del nostro Paese, che dimostra di saper coinvolgere moltissimi centri in sperimentazioni complesse. Le evidenze ottenute necessitano di ulteriori conferme per poter essere applicate nella pratica clinica quotidiana, ma segnano un punto di partenza importante per l’avvio di ulteriori ricerche”.

I progressi nel tumore al seno al seno metastatico

Nel 2020, in Italia, sono stati stimati circa 55mila nuovi casi di carcinoma mammario. Più di 37.000 donne vivono con la diagnosi di malattia metastatica, che in circa il 70% dei casi esprime i recettori ormonali. “Ribociclib – riprende De Laurentiis – è l’unico farmaco della classe degli inibitori CDK4/6 in grado di vantare una totale coerenza e solidità di risultati. Ha infatti dimostrato un vantaggio in sopravvivenza globale in donne in pre/peri e postmenopausa e con diverse combinazioni ormonali. I dati di BioItaLEE non sono ancora definitivi, ma vanno nella direzione della conferma dell’efficacia già dimostrata nello studio MONALEESA-2, con metà delle pazienti vive oltre 5 anni”. “Siamo orgogliosi di aver supportato questo studio di alto valore scientifico – conclude Gianluca Fincato, Direttore Medico di Novartis Oncology-. Da sempre siamo impegnati in prima linea nella ricerca di terapie che migliorino la sopravvivenza delle pazienti colpite da tumore del seno. Lo studio BioItaLEE è l’esempio dei risultati prodotti dalla collaborazione proficua fra comunità scientifica e industria”.



www.repubblica.it 2022-06-03 16:27:00

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