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Demenza, sette regole per prevenirla

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Sono le semplici e solite buone pratiche, ma ricordarle non guasta. Perché possono davvero, tra le altre cose, giocare un ruolo determinante nel prevenire l’insorgenza di demenza in età avanzata, anche in presenza di fattori di rischio genetico. Sono i cosiddetti “Simple 7”, come li ha definiti l’American Heart Association, i sette fattori che determinano la salute cardiovascolare e cerebrale: essere fisicamente attivi, mangiare bene, mantenere un peso corretto, non fumare, mantenere una pressione sanguigna sana, controllare il colesterolo e ridurre la glicemia. A ribadirlo è oggi una ricerca pubblicata su Neurology.

Pazienti monitorati per trent’anni

Le conclusioni arrivano da uno studio che ha coinvolto 8.823 pazienti di etnia europea e 2.738 di etnia afroamericana con età media di 54 anni, seguiti per circa trent’anni, dal 1987-1989 al 2019. Per valutare il grado di adempienza dei partecipanti ai Simple 7 sono stati attribuiti dei punteggi sulla base dei resoconti riportati periodicamente da loro stessi. In una scala che andava da zero a quattordici, veniva attribuito il punteggio più basso ai comportamenti meno sani. Nell’intero periodo, i soggetti di origine europea hanno avuto una valutazione media di 8.3, mentre quelli di origine afroamericana di 6.6.

“Un gruppo di lavoro dell’American Heart Association e dell’American Stroke Association ha sintetizzato molti anni di ricerche per raccomandare i Simple 7 per ottimizzare la salute del cervello”, spiega a Repubblica Adrienne Tin, professore associato del Centro per i disturbi della memoria e le demenze neurodegenerative dell’Università del Mississippi e prima autrice dello studio. “Tuttavia – prosegue – non è chiaro se questi effetti protettivi possano essere osservati anche in soggetti ad alto rischio genetico. Questo ci ha spinto a intraprendere l’attuale studio per valutare l’associazione fra Simple 7 e demenza a insorgenza tardiva in tutta la gamma di rischi genetici”.

Nello studio il rischio genetico è stato valutato sulla base di un gene, Apoe, alle cui mutazioni è associata la malattia di Alzheimer. Il 27,9% delle persone di origine europea presentava la variante Apoe e4 – quella con rischio più elevato di insorgenza della malattia – mentre nel gruppo afroamericano questa percentuale saliva al 40,4%. Sulla base di questa e di altre mutazioni, i partecipanti con ascendenza europea sono stati suddivisi in cinque gruppi e quelli con ascendenza africana in tre gruppi. Alla fine del periodo di monitoraggio, dopo trent’anni, 1.603 persone con ascendenza europea e 631 con ascendenza afroamericana hanno sviluppato demenza.

Conta più lo stile di vita o la genetica?

Per le persone con ascendenza europea, i ricercatori hanno scoperto che chi aveva ottenuto punteggi più alti (dunque migliori) nei Simple 7 aveva un rischio minore di demenza in tutti e cinque i gruppi di rischio genetico, compreso il gruppo con la mutazione Apoe e4. In particolare, all’aumentare di una unità nel punteggio attribuito allo stile di vita, il rischio di sviluppare demenza diminuiva del 9%. Complessivamente, tra coloro che avevano un punteggio intermedio e alto il rischio diminuiva dal 30 al 43%. Fra le persone di origine afroamericana, invece, queste percentuali erano del 6% e del 17%, rispettivamente. Questi valori dipendono da un lato dal fatto che quest’ultimo gruppo era meno rappresentato nello studio, dall’altro dal fatto che i partecipanti avevano tutti la stessa provenienza geografica.

“L’importanza relativa della genetica rispetto ai Simple 7 dello stile di vita e rispetto ad altri fattori modificabili sulla demenza a insorgenza tardiva è ancora oggetto di ricerca”, dice Tin. “Il Rapporto 2020 della Lancet Commission ha stimato che vi sono 12 fattori di salute, fra cui sono compresi i Simple 7, responsabili del 40% delle demenze a insorgenza tardiva in tutto il mondo. Altre ricerche hanno stimato che la genetica è responsabile fino all’80% dei casi di Alzheimer, la forma più comune di demenza. Con studi più ampi su popolazioni diverse – conclude – potremmo essere in grado di raggiungere stime più accurate. Nel frattempo, esistono forti evidenze a sostegno dell’uso dei Simple 7 per ridurre fortemente il rischio di demenza a insorgenza tardiva”.



www.repubblica.it 2022-06-08 16:53:42

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