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L’ottimismo allunga la vita: soprattutto quella delle donne

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‘Tutti su’ è il titolo del tour che Claudio Baglioni sta portando in giro per l’Italia ed è un invito per tutti noi a tirarci su di morale. Un invito che tutti dovremmo accogliere ed ora una ricerca scientifica fornisce alle donne un motivo in più per farlo: vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, infatti, allunga la vita delle donne e la migliora tanto che i medici stanno considerano l’ottimismo una strategia su cui puntare per la prevenzione delle malattie e aumentare l’aspettativa di vita. A far tornare il tema attuale è uno studio appena pubblicato sul Journal of the American Geriatrics Society condotto dai ricercatori della Scuola di Salute pubblica di Boston.

Una relazione già nota

Prove crescenti suggeriscono che un atteggiamento positivo nei confronti della vita è associato ad un minor rischio di morbilità e mortalità. In particolare, l’ottimismo è stato costantemente associato a migliori condizioni di salute, inclusa un’eccezionale longevità poiché le persone che adottano quest’approccio di vita sopravvivono ben oltre l’età media della popolazione (81,2 anni per le donne e 76,2 anni per gli uomini).

Ma le ricerche condotte sino ad ora sono state effettuate in genere su popolazioni bianche non ispaniche e senza distinzione di genere. Inoltre, i precedenti studi sull’associazione tra ottimismo e longevità non erano arrivati ad ipotesi sempre conclusive: “In genere l’ottimismo è stato considerato un mediatore di altri fattori come uno stile di vita più sano incluse un’alimentazione sana, evitare fumo e alcol, svolgere attività fisica e avere una vita sociale attiva”, spiega Chiara Ruini, docente di Psicologia clinica presso l’Università di Bologna e past president della Società Italiana di Psicologia Positiva di cui si svolge il congresso nazionale dal 9 all’11 giugno.

La ricerca

Insomma, non era l’ottimismo in sé a determinare un allungamento della vita quanto piuttosto il suo effetto positivo indiretto. In questo nuovo studio i ricercatori hanno analizzato 160mila donne appartenenti a gruppi etnici diversi inclusi le asiatiche e le africane e soprattutto hanno analizzato meglio il nesso tra ottimismo e longevità.

“L’aspetto interessante di questa ricerca – prosegue Ruini – è che viene valutato meglio l’effetto diretto e indiretto dell’ottimismo sulla longevità delle donne e hanno concluso che davvero l’atteggiamento che si ha nei confronti della vita può fare la differenza indipendentemente dallo stile di vita che si segue”.

Longevità e felicità

I ricercatori, infatti, hanno osservato che livelli più elevati di ottimismo sono associati a una maggiore durata della vita e a una maggiore probabilità di vivere oltre i 90 anni di età. In particolare, si è visto che nelle donne con un atteggiamento più positivo si registrava in media nei vari sottogruppi etnici un aumento della durata di vita del 5,4%. Nel 53% delle donne è stata osservata addirittura una longevità eccezionale e hanno vissuto oltre i 90 anni e in alcuni casi superato anche i 95 anni. “I ricercatori – aggiunge la psicoterapeuta – hanno verificato che l’impatto dello stile di vita sugli anni di vita è soltanto del 25% ed è la prima volta che si arriva ad un’analisi del genere”.

Una questione di prospettive

Ma perché l’ottimismo allunga la vita? Assodato che chi vede la vita in rosa tende ad occuparsi di più della propria salute e a seguire stili di vita più sani, c’è dell’altro? “In genere – risponde Ruini – l’ottimista ha uno scopo nella vita, agisce pensando di realizzare degli obiettivi e dunque ha una prospettiva temporale che lo fa guardare al futuro. Questo motiva le persone a vivere bene perché ci si mette nell’ottica di avere un lungo percorso davanti mentre chi è pessimista, depresso e ansioso tende a guardare di più al passato e a lasciarsi andare”.

Geni e ottimismo

Ma l’ottimismo e quindi la propensione ad essere felici dipende dai geni? Vari studi hanno dimostrato che l’ottimismo è una questione genetica, ma c’è dell’altro e anche chi è nato in una famiglia di pessimisti può trovare il proprio raggio di sole interiore. Infatti, anche se c’è una componente genetica nella regolazione del tono affettivo molto dipende anche dalle attività che svolgiamo, dallo stile cognitivo che sviluppiamo, dalle persone che frequentiamo. Insomma, ci si può allenare all’ottimismo con vari metodi come la scrittura creativa oppure esercizi cognitivo-comportamentali. Proprio per questo, lo studio appena pubblicato suggerisce di considerare l’ottimismo un nuovo obiettivo per il miglioramento della salute pubblica.

Allenare l’ottimismo

In questo particolare momento storico, con la pandemia (quasi) alle spalle, il timore di nuove ondate e di una guerra che ormai si prolunga da troppo tempo, è più difficile lasciarsi trasportare dall’ottimismo: “Certamente oggi è più difficile essere ottimisti perché c’è un senso di allerta e di aspettative negative. I media non aiutano le persone ad essere serene perché sono bombardate da notizie spesso allarmanti e non sempre in modo giustificato”, sottolinea Ruini che aggiunge: “Ma anche di questi tempi non è impossibile coltivare il seme dell’ottimismo magari facendosi guidare da interventi psicologici specifici di matrice cognitivo-comportamentale. Anzi oggi più che mai c’è bisogno di essere ottimisti perché se davvero abbiamo una strada in salita è meglio godersi l’attimo e mettersi nell’ottica che ce la possiamo fare anche se con fatica”.

Un esercizio pratico

Per chi volesse provare ad allenare a casa la parte positiva che si nasconde in sé stessi ecco un esercizio pratico: “Bisogna pianificare qualcosa di bello da fare: che sia il fine settimana oppure le vacanze, è bene fare dei progetti ma non in modo teorico ma concreto, per realizzarli davvero perché abbiamo bisogno di riscoprire la voglia di scendere in pista, di incontrarsi e assaporare le cose belle e che ci piacciono che in questi due anni sono state molto sacrificate”, conclude Ruini.



www.repubblica.it 2022-06-08 16:34:56

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