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Beta-talassemia: con farmaco innovativo il 50% dei pazienti dimezza il fabbisogno di …

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Estate, restrizioni anti-Covid via ed è subito voglia di libertà. Senza eccezioni, neppure per chi si porta dietro una malattia che da sempre lo limita come nel caso della beta-talassemia che richiede continue trasfusioni. Ma da Vienna, dove si è appena svolto il congresso dell’Associazione Europea di Ematologia, arriva una buona notizia che renderà più liberi anche i pazienti talassemici. Sono i risultati dello studio Believe che dimostrano che dopo tre anni di trattamento con luspatercept, circa la metà dei pazienti riduce del 50% il fabbisogno di trasfusioni e il 12% ne ottiene l’indipendenza per più di due mesi. I nuovi dati sono stati presentati oggi in una conferenza stampa virtuale, promossa da Celgene ora parte di Bristol Myers Squibb.

La forma ‘major’ e quella intermedia

La beta-talassemia è una malattia genetica trasmessa da due genitori asintomatici o portatori sani, che colpisce circa 7mila persone in Italia, 5mila nella forma più grave, la ‘major’. Richiede continue trasfusioni, ogni 2-3 settimane e per tutta la vita, con il rischio di incorrere in accumuli di ferro che possono danneggiare cuore, fegato e pancreas. Per questa ragione, devono essere assunti farmaci ferrochelanti, che a loro volta possono causare effetti collaterali. “Conosciamo più di 350 diverse mutazioni del gene beta-globinico che causano la malattia, ma dal punto di vista clinico le talassemie vengono classificate in forme trasfusione dipendenti (talassemia major) e in forme non trasfusione dipendenti (forme intermedie)”, afferma Maria Domenica Cappellini, già direttore dell’unità Operativa di Medicina Interna, responsabile del Centro Malattie Rare, Coordinatore del Nucleo Malattie Rare presso Irccs Fondazione Cà Grande Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

La dipendenza dalle trasfusioni

La talassemia major colpisce circa l’80% dei pazienti, è la più severa e richiede una terapia trasfusionale continua, mentre le forme intermedie richiedono controlli periodici e occasionali trasfusioni in momenti particolari, come gravidanze, interventi chirurgici o infezioni. “Nella forma più grave – prosegue Cappellini – le manifestazioni della malattia si verificano già da neonati, con livelli di emoglobina molto bassi, aumento di volume di fegato e milza e rallentamento della crescita. Le intermedie si possono presentare invece più avanti nel tempo e con sintomi meno gravi”.

Riduzione del 50% delle trasfusioni

La causa principale che determina l’anemia grave e le manifestazioni cliniche è l’eritropoiesi inefficace, conseguenza del deficit di produzione delle catene globiniche che formano l’emoglobina. “Il nuovo farmaco – dichiara Cappellini – la riduce e di conseguenza diminuisce anche l’anemia. Ha un profilo di sicurezza tollerabile e rappresenta una prospettiva di enorme interesse come alternativa alla terapia tradizionale di trasfusioni e ferrochelazione. Dopo 3 anni di terapia, il 50% dei pazienti ha raggiunto una riduzione delle trasfusioni del 50%, in ogni intervallo di 12 settimane, rispetto al 40% dei pazienti che avevano raggiunto questo endpoint dopo 1 anno. Il 12% dei pazienti, dopo 3 anni, ha ottenuto un’indipendenza dalle trasfusioni per più di 8 settimane, rispetto al 10,7% dopo 1 anno. Ovviamente la riduzione degli accessi in ospedale ha un importante impatto sulla qualità della vita”.

Lo studio Believe

Il nuovo farmaco, rimborsato dall’Aifa nel 2021, permette di ridurre di oltre il 30% la necessità di sangue, con un grande miglioramento della qualità di vita. Lo studio internazionale Believe, già pubblicato sul ‘New England Journal of Medicine’, ha evidenziato come, su più di 300 pazienti affetti da talassemia trasfusione dipendente, il 70% grazie a luspatercept ha ottenuto una riduzione iniziale del 33% del fabbisogno trasfusionale. “Luspatercept aveva dato ottimi risultati anche durante la fase due della sperimentazione clinica – dichiara Silverio Perrotta, responsabile della UP Ematologia e Oncologia Pediatrica dell’Università degli Studi della Campania ‘L. Vanvitelli’, responsabile del Centro per la diagnosi e cura delle Emoglobinopatie e del Centro ERN-EuroBloodNet – ma i dati che abbiamo ora ci permettono di garantirne la sicurezza a lungo termine. Il gruppo di pazienti dello studio Believe che aveva ricevuto il placebo si è unito a quelli in trattamento, per un totale di 315 pazienti che hanno ricevuto il farmaco”.

Possibili effetti benefici sulle ulcere malleolari

Tra questi pazienti, che hanno portato avanti il trattamento per tre anni, solo il 7% lo ha interrotto per effetti collaterali, che vanno dal dolore osseo, gestibile con blandi antidolorifici, agli eventi tromboembolici. “In questo ultimo caso, però – chiarisce Perrotta – è da evidenziare che i pazienti erano già a rischio, perché avevano subito l’asportazione della milza. Luspatercept non sembra aver aumentato significativamente questo rischio. Non solo, sembra poter avere anche effetti benefici sulle ulcere malleolari, una complicanza comune, che in alcuni casi addirittura guarisce col farmaco, e sulle ossa, con un miglioramento del quadro di osteoporosi. Inoltre, permette di migliorare il problema del sovraccarico di ferro causato dalle trasfusioni, riducendo l’assunzione dei ferrochelanti. È quindi in grado di cambiare notevolmente la vita delle persone affette da beta-talassemia, con una riduzione importante dei periodi di assenza dal lavoro e una ricaduta minore sulle incombenze familiari”.

Il trial per i bambini

Il nuovo farmaco è rimborsato dall’Aifa dal 202: “Oggi le indicazioni sono per gli adulti, ma c’è già un trial in corso per l’approvazione in fascia pediatrica, con età inferiore ai 18 anni: una grande prova della sua sicurezza. In molte Regioni italiane ci sono ancora delle difficoltà nella prescrizione nei pazienti adulti trasfusione dipendenti, ma presto sarà disponibile in tutto il Paese”, conclude Perrotta.
 
 
 
sono più di 7mila le persone affette da beta-talassemia in Italia. La maggior parte è colpita dalla forma più grave, la ‘major’, che causa dipendenza dalle trasfusioni, con il rischio di incorrere in effetti collaterali a causa dell’accumulo di ferro, che può danneggiare organi vitali come cuore, fegato e pancreas. Lo studio internazionale BELIEVE ha evidenziato risultati significativi e mostrato come una nuova molecola possa migliorare sensibilmente la qualità di vita di questi pazienti. Le importanti novità sono illustrate a Vienna, in occasione del congresso dell’Associazione Europea di Ematologia (EHA).
 



www.repubblica.it 2022-06-13 09:49:57

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