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Sempre più uomini insoddisfatti dei propri genitali, ecco quando la chirurgia estetic…

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C’è chi ha davvero bisogno di aiuto, ma sono in molti che si rivolgono all’urologo per risolvere problemi che spesso esistono solo nella loro testa. Stiamo parlando di chirurgia estetica dei genitali maschili, un tema delicato, a cui una rivista autorevole come l’International Journal of Impotence Research ha dedicato un numero speciale. “Dall’apparire della civiltà gli uomini si sono preoccupati della forma e delle dimensioni dei loro genitali –  ricorda Ege Can Serefoglu dell’Università di Istanbul nell’editoriale -. Diversi studi mostrano che più della metà degli uomini non ne è soddisfatta, anche se dal punto di vista anatomico sono perfettamente normali”.

Tanti interessi economici

E dietro questa insicurezza ci sono anche interessi economici. “Negli ultimi anni si sono moltiplicate le pubblicità di prodotti o interventi non validati e in qualche caso rischiosi – spiega l’urologo Celeste Manfredi dell’Università Luigi Vanvitelli di Napoli, che ha curato la pubblicazione insieme a Javier Romero-Otero dell’Università di Madrid -. Per questo abbiamo dato voce agli esperti più autorevoli per evidenziare potenzialità e limiti dei diversi interventi”.

Crescono le richieste di interventi ricostruttivi

“Oggi sono in aumento le richieste di interventi ricostruttivi a seguito di precedenti operazioni rese necessarie da un tumore o da un trauma – sottolinea l’urologo Paolo Verze dell’Università di Salerno, uno degli autori degli studi pubblicati -. Ma ci arrivano sempre più sollecitazioni da parte di maschi giovani che non sono soddisfatti dei propri genitali e che chiedono un vero e proprio lifting. Domande tra le più difficili da soddisfare”.

Il problema sono le dimensioni, la lunghezza o la forma dell’organo, “ma nella quasi totalità dei casi si tratta di soggetti con un pene nella norma”, assicura Verze. E sempre più spesso si parla di dismorfopenofobia per indicare la condizione di chi, senza ragione, vede il proprio pene troppo piccolo: “E’ improbabile che un intervento che nel migliore dei casi fa guadagnare pochi centimetri soddisfi un disagio soprattutto psicologico – avverte Manfredi -. In questi casi, soprattutto quando a una disfunzione erettile si accompagna una percezione errata delle dimensioni dei propri genitali, avrebbe senso rivolgersi a un sessuologo”. Il problema è che la vecchia sindrome da spogliatoio, l’ansia di confrontare i genitali con quelli dei propri simili, è stata sostituita dalla pornografia, “sempre più utilizzata da ragazzi e ragazze, che dà una visione distorta, non fisiologica della sessualità”, spiega Verze.

Organo sessuale piccolo o grande?

Ma quando si può dire che un pene è troppo piccolo? “Non esiste un vero e proprio standard: ci sono criteri per definire un micropene, inferiore ai sette centimetri in erezione: il concetto fondamentale è che la misura del pene non va mai valutata in condizioni di riposo”, prosegue Verze.

Gli urologi suggeriscono di fare riferimento alla fisiologia femminile: “Normalmente il pene entra nel canale vaginale per 7/8 centimetri”, ricorda l’esperto. E i dati mostrano che sono soprattutto i maschi a lamentarsi, mentre le donne in genere si dicono soddisfatte. “Diciamo che la lunghezza media del pene in erezione va dai 10,5 ai 16 centimetri”, aggiunge Manfredi. “Sappiamo poi che le dimensioni dei genitali non sono in relazione con l’altezza, con le dimensioni delle mani o dei piedi come si pensava una volta e, sembra, neppure con l’etnia”.

Su Internet i rimedi più bizzarri

Purtroppo basta andare su Internet per trovare i rimedi più bizzarri: dalle pillole ai dispositivi di trazione, “che oltre a non essere efficaci spesso sono anche pericolosi”, sottolinea Manfredi. E ci sono trattamenti estetici molto pubblicizzati, come le iniezioni di acido ialuronico o di grasso autologo – prelevato dal paziente stesso – che però col tempo sono riassorbite, o altre procedure che permettono di guadagnare qualche millimetro a pene flaccido, ma non cambiano niente rispetto alla lunghezza in erezione.

Ovviamente ci sono casi in cui si deve intervenire su chi ha subito traumi o mutilazioni per patologie oncologiche, “oppure su malformazioni congenite, e in qualche caso anche per rimediare a interventi di chirurgia estetica mal riusciti”, spiega Verze. “Ricordiamo che i corpi cavernosi che costituiscono la struttura del pene non possono essere allungati: in caso di mutilazione è necessario un intervento ricostruttivo”, precisa Marco Capece, ricercatore all’Università Federico II di Napoli.

I metodi meno invasivi

Ma ci sono anche interventi meno invasivi: “In pazienti in forte sovrappeso, per esempio, si elimina il pannello adiposo che nasconde il pene, che così appare più lungo, o in altri casi s’interviene per sezionare il legamento sospensore che lo trattiene”, aggiunge Capece. Ma, conclude,  quando non ci sono motivi fisiologici “si deve valutare attentamente il rapporto rischi benefici, ed è importante rendersi conto di quanto siano realistiche le aspettative del paziente “. In sintesi? “Abbiamo ancora pochi studi e spesso mancano informazioni attendibili sulle complicazioni – ricordano Manfredi e Romero -Otero a colleghi e pazienti -. Senza dimenticare l’importanza di rivolgersi a uno specialista competente e qualificato”.



www.repubblica.it 2022-07-02 05:00:58

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