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Tumori ereditari, un bollino per gli ospedali con percorsi dedicati

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Un bollino blu e giallo – i colori del logo di Fondazione Mutagens – per identificare le strutture ospedaliere in grado di offrire Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) ai pazienti ad alto rischio eredo-familiare. Questa l’iniziativa dell’organizzazione no profit, con l’obiettivo di indirizzare le persone verso i presidi ospedalieri più virtuosi. In Italia si stima che siano ben 600mila i portatori di varianti patogenetiche costituzionali, quindi a rischio di sviluppare tumori eredo-familiari, come le neoplasie della mammella e dell’ovaio nelle donne, della prostata nell’uomo, ma anche del colon, del pancreas, della pelle e del sistema endocrino, che colpiscono entrambi i generi. 
“Da quasi dieci anni la normativa sanitaria prevede l’attuazione di percorsi clinici dedicati ai portatori di sindromi familiari – spiega Salvo Testa, presidente di Fondazione Mutagens –. Purtroppo, i ritardi e le inadempienze sono notevoli. Ci si è concentrati inizialmente solo su quelle tipicamente femminili, in particolare sulle varianti patogenetiche BRCA, ignorando l’alto numero di uomini a rischio di sviluppare tumori ereditari e di trasmettere la mutazione alla prole. Oggi, inoltre, i percorsi dedicati alle sindromi più diffuse, come quella HBOC (mammella, ovaio, prostata, pancreas) e di Lynch (colon-retto, endometrio, ovaio), sono stati approvati ufficialmente in meno di un terzo delle Regioni e province autonome. Sono criticità sulle quali dobbiamo intervenire al più presto”.

Quali servizi prevedono i PDTA

Le azioni previste dai PDTA comprendono prima di tutto l’accesso ai test genetici e genomici, fondamentali per individuare il tipo di mutazione presente e decidere se e come intervenire per gestire al meglio i soggetti già malati e quelli sani a rischio di malattia. Per quelli malati si può accedere a terapie innovative personalizzate (medicina di precisione, immunoterapia). Per quelli sani, oltre alla sorveglianza intensificata, per una diagnosi precoce, è possibile in alcuni casi la chirurgia profilattica, che prevede l’asportazione preventiva di organi per evitare la formazione delle neoplasie. “Come Fondazione abbiamo deciso di offrire un riconoscimento ai presidi sanitari virtuosi, in grado di offrire Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali completi e Gruppi Oncologici Multidisciplinari (GOM Sindromi Ereditarie) specializzati. È importante che le persone sappiano a chi rivolgersi per ottenere un supporto completo – test genetici e genomici, esami, visite, interventi chirurgici, terapie oncologiche, supporto psicologico, consulenza su prevenzione, sulla fertilità e la procreazione responsabile, sugli aspetti psicologici – per mettere al sicuro se stessi e i propri familiari, grazie al lavoro di specialisti in grado di consigliare il percorso migliore per il singolo caso”, spiega Testa. “Siamo al lavoro anche per siglare con tali strutture dei protocolli d’intesa per la divulgazione di informazioni sulle sindromi ereditarie, la realizzazione di eventi informativi e formativi negli ospedali e la collaborazione tra strutture. In un secondo momento, in collaborazione con alcune società scientifiche, abbiamo un obiettivo ambizioso: strutturare un processo per l’ottenimento di una certificazione qualitativa, volta a migliorare nel tempo la presa in carico nel maggior numero di centri dotati di tali percorsi. Richiederà molto lavoro, ma siamo certi dei benefici che potrà garantire”.

Il tema della procreazione

Oggi in Italia non è possibile – salvo in rarissimi casi – accedere alla diagnosi pre-impianto degli embrioni (PGT-M), all’interno del SSN, in modo da poter interrompere la cascata generazionale delle mutazioni ereditarie. Per questa ragione, attraverso un protocollo di intesa con la associazione scientifica N.I.D.O., Fondazione Mutagens sta elaborando una raccomandazione ad hoc con un team multidisciplinare, composto da genetisti, ginecologi, andrologi, specialisti di PGT e PMA. A loro saranno affiancati giuristi esperti di tematiche legate alla procreazione e ai test genetici pre-natali. “Speriamo in questo modo di offrire un’opportunità ai tanti pazienti che oggi si trovano in difficoltà e che sono costretti a ricorrere a costi elevati a delle strutture private per soddisfare il loro desiderio di genitorialità responsabile”, sottolinea Testa. 

I rischi da non correre

Senza l’identificazione della sindrome ereditaria, i pazienti già malati non possono usufruire di terapie oncologiche personalizzate, come quelle a bersaglio molecolare (PARP inibitori, anticorpi farmaco-combinati, immunoterapia). “Oggi queste tecniche sono sempre più efficaci, permettono sia di curare le neoplasie che, in caso la remissione completa non sia possibile, di cronicizzarle, garantendo una buona qualità di vita. Non bisogna dimenticare, poi, che l’alterazione genetica in genere mette a rischio più organi: è quindi necessario l’inserimento dei pazienti malati in specifici protocolli di prevenzione e sorveglianza intensificata, preclusi nel caso in cui la sindrome non sia stata identificata”, conclude Testa. “Un altro ‘effetto collaterale’ delle carenze dei percorsi per soggetti ad alto rischio è quello sui familiari sani, che rappresentano una popolazione ancora più ampia di quella malata. In tale caso i protocolli di prevenzione primaria e secondaria (diagnosi precoce) sono fondamentali sia per salvare tante vite umane, sia per identificare il prima possibile il tumore, in modo da disporre delle migliori armi per poterlo fronteggiare”. 

 



www.repubblica.it 2022-07-11 09:40:57

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