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Telemedicina: quanto piace a pazienti e caregiver?

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C’è chi si è dovuto ricredere dopo avere scoperto che l’interazione a distanza con il medico non era poi un’esperienza così frustrante e poco soddisfacente, e chi considera questa modalità molto utile per superare problemi logistici e burocratici. C’è però anche chi la ritiene poco funzionale per effettuare prime visite o urgenze, chi si sente solo e abbandonato e chi pensa che WhatsApp sia uno strumento utile ma problematico, perché invasivo e perché è impossibile regolamentare tempi e spazi. Sono queste alcune delle testimonianze che la ricerca ISTUD Sanità e Salute ha raccolto sull’uso della telemedicina, interpellando pazienti, caregiver, medici, ricercatori, decisori di politica sanitaria e manager di in ambito sanitario. L’indagine è stata realizzata per comprendere cosa pensano della telemedicina le persone che l’hanno utilizzata durante la pandemia. Un obiettivo, questo, quanto mai strategico, visto che la sanità digitale – telemedicina compresa – è al centro dei finanziamenti del PNRR per il “nuovo” Servizio sanitario nazionale post-covid.

Il bello e il brutto della telemedicina

Da luglio 2021 a marzo di quest’anno sono state raccolte 110 testimonianze. Ne è emerso che l’utilizzo della telemedicina da parte dei pazienti è ancora limitato, ma l’interesse a capire meglio come funziona è elevato, perché se ne riconoscono i benefici: evitare spostamenti se non strettamente necessari, scambiarsi documenti in modo veloce e avere un riscontro più rapido dal medico. E anche tenere sotto controllo parametri clinici e stili di vita utilizzando le apposite app, spesso consigliate da alcuni medici, che prenderebbero in considerazione addirittura l’idea di “prescriverle”, come rilevano alcuni dati dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano.

E proprio le testimonianze raccolte tra i medici evidenziano diversi aspetti positivi nell’uso della telemedicina, ad esempio la capacità per alcuni di loro di trasmettere empatia anche a distanza, addirittura in modo più facile e naturale rispetto a quanto accade negli appuntamenti in presenza: ”Focalizzarsi solo sul viso del paziente – hanno detto diversi professionisti– è stato utile per comprendere meglio stati d’animo ed emozioni”. Un aspetto questo confermato anche dalla gran parte dei pazienti, che si è sentita ascoltata e compresa seppure da remoto. “È fondamentale non disumanizzarsi – spiega Maria Giulia Marini, Direttore Scientifico dell’Area Sanità e Salute di ISTUD – e far sì che la relazione medico-paziente resti rilevante sempre, non solo quando il paziente è fragile, come spesso registriamo dalle narrazioni”.

Uso della telemedicina promosso a pieni voti anche tra una visita medica e l’altra, soprattutto per quei pazienti con malattie croniche, che necessitano di continui controlli e di una vita più facile. Meno soddisfatti anche i caregiver, perché aumenta il carico di quanto già devono gestire, organizzando spazi adeguati in casa, assicurandosi di avere una buona connessione e aiutando il proprio caro a usare computer o altri dispositivi durante i collegamenti, cosa non sempre banale senza un supporto per chi non ha tanta dimestichezza con la tecnologia.

Come migliorare la telemedicina

L’indagine ha innanzitutto messo in luce un dato: per fare telemedicina bisogna imparare a usarla. Un monito tanto per personale sanitario che per pazienti e caregiver. Serve però anche investire nelle infrastrutture, perché la formazione è nulla senza gli strumenti necessari: serve dunque dotare tutto il territorio nazionale di fibra per connessioni più veloci, di una tecnologia alla portata di tutti e più chiarezza ed equità sui sistemi di rimborso delle televisite. Ma se è vero che da un lato bisogna puntare sull’innovazione digitale e sui percorsi di assistenza blended (ovvero sia in presenza che a distanza), dall’altro occorre investire non solo in strutture fisiche ma anche in personale sanitario. È infatti impensabile muoversi verso la cura dei pazienti a distanza senza prima garantire medici, infermieri e luoghi di cura. Per i manager interpellati, inoltre, servono anche informazione, dialogo e collaborazione nei processi organizzativi per garantire funzioni personalizzate, e includere le piattaforme in modalità di consultazione medico-paziente nella cartella clinica elettronica dei gestionali ospedalieri.

La telemedicina nella ricerca clinica

Spesso si pensa alla telemedicina solo come uno strumento a sostegno dei medici, nella pratica clinica. Eppure, strumenti digitali possono essere d’aiuto anche nella ricerca, per esempio nelle attività di monitoraggio (sempre affiancato a quello delle visite in presenza). Intanto c’è chi pensa alla possibilità di effettuare sperimentazioni anche a distanza.



www.repubblica.it 2022-07-12 15:33:57

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