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Parto in acqua, meno dolore e rischio di emorragie ma è sicuro solo in ospedale

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ÈIl video pubblicato su Instagram da Josy Peukert, una ragazza di 27 anni, è stato visto milioni di volte e mostra l’incredibile momento in cui ha dato alla vita il suo bimbo partorendo da sola in acqua, in riva al mare, con accanto solo il compagno. Una scelta che ha scatenato tante polemiche tra i favorevoli alla pratica del freebirth (nascita libera) che proclama ‘un parto olistico al di fuori del sistema medicò e i contrari che ne sottolineano la pericolosità. Ma al di là di questi casi estremi, partorire in acqua (a patto di farlo in un ambiente medico) fornisce effettivamente dei benefici sia alle mamme che ai neonati: riduce il rischio di complicanze post-parto e rende tutto più piacevole soprattutto per la partoriente. È quanto emerge da uno studio appena pubblicato su BMJ Open.

Nascere in acqua fa bene a mamma e bambino

Il parto in acqua si effettua utilizzando una vasca che aiuta la partoriente a rilassarsi e a trovare sollievo dal dolore. La mamma, infatti, può assumere le posizioni che più preferisce per affrontare le tanto fastidiose contrazioni uterine. Il parto in acqua si può effettuare sia entrando in vasca soltanto per far rilassare la partoriente che poi ne esce per dare alla luce il bambino come avviene di solito in modo che respiri aria, sia restando in acqua anche per partorire portando il neonato in superficie per farlo respirare.

 

La ricerca

I ricercatori volevano confrontare l’entità degli interventi sanitari necessari durante e dopo il travaglio tra i due diversi tipi di parto in acqua. Perciò hanno esaminato circa 36 studi che hanno coinvolto 157.546 donne che hanno avuto bisogno di vari tipi di interventi tra cui il parto indotto, la rottura artificiale delle acque (amniotomia), la stimolazione del travaglio, il monitoraggio fetale continuo, l’uso di oppioidi, l’epidurale, il taglio cesareo, la rimozione manuale della placenta, la rianimazione neonatale oppure la cura di un’infezione della madre o del neonato.

Meno dolore e procedure invasive

L’analisi dei dati ha mostrato che un parto in acqua, indipendentemente dal fatto che le donne partoriscano dentro o fuori dalla piscina, ha chiari benefici ed è altrettanto sicuro rispetto al parto tradizionale. In particolare, riduce significativamente l’uso di epidurali e di oppioidi. “L’immersione in acqua – spiegano i ricercatori – diminuisce il rischio di dover effettuare un’episiotomia, cioè un intervento chirurgico finalizzato a facilitare il passaggio del feto durante il parto vaginale. Si tratta di un intervento che in realtà non offre alcun beneficio perineale o fetale, può aumentare il dolore postnatale, l’ansia e avere un impatto negativo sull’esperienza del parto di una donna”. Con il parto in acqua, diminuiscono anche il dolore e le forti emorragie, mentre aumentano i livelli di soddisfazione delle madri e le probabilità di un perineo intatto. Infine, i ricercatori non hanno rilevato differenze nel tasso di tagli cesarei effettuati.

La rottura del cordone ombelicale

I ricercatori hanno, però, osservato che tra i nati in acqua si sono verificati più casi di rottura del cordone ombelicale, ma il tasso era ancora basso: 4,3 su 1000 nascite in acqua rispetto a 1,3 su 1000 nascite ‘standard’. Secondo i ricercatori, ciò potrebbe essere collegato alla trazione del cordone ombelicale quando il neonato viene sollevato dall’acqua. Ma nello studio si precisa che “l’immersione in acqua offre benefici per la madre e il neonato se utilizzata in ambito ostetrico perché si tratta di un intervento a bassa tecnologia che può migliorare la qualità e la soddisfazione delle cure”.

Non è adatto a tutte le partorienti

In molti ospedali anche in Italia viene data la possibilità alle donne di scegliere di partorire in acqua e non soltanto nel Nord del paese. Lo scorso aprile, per esempio, è venuto alla luce Brando il primo nato in acqua all’ospedale Umberto I di Siracusa che ha, di fatto, inaugurato la nuova sala parto in acqua del reparto di Ginecologia e Ostetricia. Tuttavia, questa modalità non è adatta a tutte le donne in gravidanza e comunque non è esente da rischi perché anche se rare possono esserci serie complicazioni neonatali associate. In particolare, il parto in acqua è possibile soltanto se si tratta di una gravidanza singola, con feto in posizione cefalica, assenza di complicanze medico/ostetriche e un decorso fisiologico della gravidanza.

Cosa dicono le Linee Guida

Uno dei problemi è che non ci sono abbastanza dati disponibili e proprio per questo l’American College of Obstetricians and Gynaecologists raccomanda che il parto avvenga ‘on land’, ossia non in acqua. Sia il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists che il Royal College of Midwives supportano il travaglio in acqua per le donne sane con gravidanze senza complicazioni. Le linee guida Nice raccomandano di informare le donne sull’insufficienza di evidenze scientifiche per supportare o al contrario scoraggiare il parto in acqua. I rischi materni riguardano la possibilità di riduzione del globo di sicurezza nel post partum (cioè l’ultima contrazione che serve a espellere la placenta e far ritrarre l’utero). Tuttavia, non emergono dalla letteratura eventi avversi legati all’immersione in acqua. Per quanto riguarda i neonati, i pediatri hanno espresso preoccupazioni circa i potenziali rischi di aspirazione dell’acqua, ipotermia, rottura del cordone e infezione . Ma anche in questo caso, gli eventi avversi riportati in letteratura sono molto rari.

 

 



www.repubblica.it 2022-07-16 05:02:24

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