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Degenerazione maculare senile, nuovi dati sul farmaco che permette di ridurre le inie…

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La degenerazione maculare legata all’età è la principale causa di cecità nel mondo occidentale. Per le forme umide (o neovascolari) il trattamento prevede l’iniezione di farmaci nell’occhio che mirano a bloccare la crescita dei vasi sanguigni alla base della malattia. Oggi, però, la sfida è trovare soluzioni che consentano ai pazienti di allungare i tempi tra un’iniezione e l’altra, semplificando la terapia. Meno somministrazioni, quindi, ma con la stessa efficacia, così da migliorare la gestione dei pazienti. E i risultati che arrivano dagli studi TENAYA e LUCERNE, presentati al congresso dell’American Society of Retina Specialists del 2022, vanno proprio in questa direzione, dimostrando che è possibile fare meno iniezioni senza perdere efficacia nel trattamento.

Un nuovo farmaco a doppio bersaglio

Gli studi in questione riguardano il medicinale faricimab, un innovativo anticorpo bispecifico, ovvero che prende di mira due diversi target. Oltre a inibire il fattore di crescita endoteliale vascolare A (VEGF-A), come molti altri trattamenti contro la degenerazione maculare legata all’età di tipo umido, faricimab è diretto anche contro l’angiopoietina 2 (Ang-2) allo scopo di stabilizzare i vasi sanguigni (si ritiene, infatti, che Ang-2 contribuisca alla destabilizzazione vascolare e quindi alla perdita della vista nella malattia). Negli studi TENAYA e LUCERNE, i pazienti hanno ricevuto faricimab a intervalli diversi (a due, tre o quattro mesi) o aflibercept (un altro anti-VEGF) ogni due mesi, e nel secondo anno la dose per pazienti trattati con faricimab poteva essere aggiustata in base alle loro risposte. A due anni, i miglioramenti nella vista sono stati sovrapponibili nei bracci di trattamento, ma oltre il 60% dei pazienti in trattamento con l’anticorpo bispecifico è stato trattato ogni 4 mesi, e l’80% a intervalli di almeno tre mesi.

I vantaggi di ridurre le iniezioni

Nel complesso, quindi, i pazienti con faricimab hanno ricevuto meno iniezioni rispetto a quelli trattati con aflibercept. Con un potenziale vantaggio nell’ottica di aderenza alla terapia, ha commentato Giovanni Staurenghi, Ordinario di Malattie dell’apparato visivo dell’Università Statale di Milano, Ospedale Sacco: “Le terapie mirate a inibire la crescita di nuovi vasi sanguigni sono efficaci ma complesse da gestire, soprattutto per il paziente che si deve sottoporre con frequenza e continuità ad iniezioni intravitreali. L’aderenza alla terapia è fondamentale tanto quanto la diagnosi tempestiva, per poter ritardare il progredire della patologia. Trattamenti come faricimab, che permettono di allungare l’intervallo di tempo tra una somministrazione e l’altra, potrebbero rappresentare un supporto importante per il paziente nell’avere una piena aderenza terapeutica. Questi dati rappresentano un passo avanti importante per i pazienti e per l’intera comunità scientifica”. Il farmaco, già approvato negli Usa e in altri paesi per la degenerazione maculare legata all’età e l’edema maculare diabetico, è attualmente in fase si valutazione da parte dell’Agenzia europea dei medicinali.



www.repubblica.it 2022-07-18 15:08:52

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