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Morto Mario Pappagallo, penna del giornalismo medico scientifico

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È morto all’improvviso a 68 anni il collega Mario Pappagallo. Per la piccola comunità che scrive da qualche decennio di Medicina e Salute e insegue i congressi in giro per il mondo, Mario era non solo collega autorevole e intelligentemente critico, ma persona amabile, gentile, perbene. Ha lavorato per qualche decennio per il Corriere della Sera, poi, andato in pensione, per il Mattino di Napoli e il Corriere dello Sport. Medico, oltre che giornalista, autore di libri, molti dei quali con Umberto Veronesi, ha vinto molti premi giornalistici per i suoi articoli medici. E ha avuto tanti riconoscimenti per il suo lavoro.

Un professionista di livello, generoso anche con i colleghi più giovani, con i quali chiaccherava e non lesinava spiegazioni quando i dubbi sovrastavano le certezze. Ma al di là della sua indiscussa professionalità e competenza, Mario era quello che alle cene che si facevano insieme, dopo giornate passate a seguire i lavori dei congressi in Italia e all’estero, e a scrivere di corsa per mandare l’articolo al giornale, ci faceva sorridere con i racconti dei suoi tanti viaggi, degli incontri che faceva. Sempre sorridente, a consigliare i ristoranti di tutto il mondo dove potevi mangiare la migliore bistecca, il miglior crudo di pesce, i vini da vitigno autoctono che lo avevano sorpreso, le spezie che riteneva indispensabili.

Un buon compagno di viaggio, anche durante i voli intercontinentali: averlo sul sedile accanto magari non ti faceva dormire quanto avresti voluto, ma era un continuo alternarsi di aneddoti professionali, critiche anche severe a quello che succedeva in un ambito o in un altro della Medicina, della poca cultura scientifica del nostro paese. Alle conferenze stampa c’era sempre, anche quando lui che era un big poteva permettersi di andar via prima. E invece restava, e faceva domande, spesso scomode. E discuteva con tutti. Qualche volta anche con veemenza. Da un bel po’ di tempo si era appassionato delle nuove forme di comunicazione social e a un congresso americano un tweet inviato anzitempo lo aveva fatto cacciare dalla sala stampa. Inutili i tentativi di noi colleghi di farlo riammettere: era stato un banale errore di calcolo del fuso, non c’era alcuna intenzione di violare l’embargo. Ma i responsabili americani della comunicazione furono inflessibili.

Andai con lui in un bellissimo viaggio alle isole Solomon per raccontare la filiera del tonno in scatola che troviamo nei nostri supermercati. Viaggiammo su aerei microscopici dove oltre che il bagaglio pesavano anche i passeggeri per bilanciare bene il volo, atterrammo su una pista sterrata affollata fino a qualche minuto prima che l’aeroplanino si allineasse di venditori di ogni tipo di genere alimentare. Non dimentico gli aperitivi al tramonto chiaccherando dei nostri giornali, di quello che ci sarebbe piaciuto scrivere, del tempo in più che avremmo voluto, ma anche di libri, dei nostri figli e della nostra vita. Sapeva ascoltare, Mario, e anche questa non è cosa comune. Caro Mario, in queste ore è un susseguirsi di messaggi e telefonate dei colleghi di questa piccola comunità di cui facevi parte. Siamo tutti increduli, sinceramente dispiaciuti e addolorati. Ci mancherai davvero. Tanto.

La redazione di Salute, con tutti i collaboratori dell’Hub del gruppo Gedi, sono vicini alla famiglia e ai colleghi



www.repubblica.it 2022-07-23 11:16:04

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