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La nuova arma contro il Covid? Ce l’ha data il calcolatore

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Produrre un farmaco contro un virus responsabile di un’emergenza pandemica è, come si è visto con la crisi del Covid, una durissima sfida contro il tempo. Oggi però, grazie all’intelligenza artificiale e ai supercalcolatori, bastano poche ore – invece di lunghi mesi di studi – per identificare la molecola curativa che può fare la differenza. Lo dimostra il caso del “raloxifene”, nuova arma contro il Covid capace di accelerare la negativizzazione dei positivi (paucisintomatici): la funzione anti Covid di questo farmaco è stata scoperta dal consorzio multidisciplinare Exscalate4Cov (formato da 30 istituzioni pubbliche e private di sette Paesi europei e sostenuto dalla Commissione Europea nel quadro del programma Horizon 2020) grazie alla piattaforma di supercalcolo Exscalate realizzata da Dompé Farmaceutici. A mostrare l’efficacia del raloxifene sono due studi, appena pubblicati su The Lancet e Nature da ricercatori dell’Istituto “Lazzaro Spallanzani” IRCCS di Roma, della Temple University di Philadelphia e di Dompé.

“I risultati sul raloxifene pubblicati su eClinical Medicine di Lancet mostrano un impatto virologico significativo in termini di tampone nasofaringeo negativo al giorno 7 nei pazienti Covid-19 trattati a casa con raloxifene rispetto allo standard di cura. Questo studio clinico randomizzato conferma i dati in vitro pubblicati su Nature’s Cell Death and Disease, sull’efficacia del raloxifene su linee cellulari infettate sperimentalmente da Sars-CoV-2″ commenta Emanuele Nicastri, coautore di entrambi gli studi e direttore dell’Unità di malattie infettive e tropicali dell’Istituto Spallanzani di Roma.

La piattaforma ExScalate può sia progettare un nuovo farmaco che trovare un nuovo uso per un farmaco già esistente: “Ne abbiamo dato una dimostrazione già nel 2018, quando, in un programma finanziato dalla Commissione Europea, abbiamo effettuato un test di simulazione di un’emergenza pandemica col virus Zika”, spiega Marcello Allegretti, chief scientific officer di Dompé e coautore dei due nuovi studi. “In quell’occasione, con Exscalate è stata ricostruita la struttura di tutte le proteine espresse dal virus, sono state identificate quelle vitali per la sopravvivenza dello Zika, ovvero i bersagli ideali per un farmaco. Poi abbiamo costruito una libreria con tutte le molecole approvate come farmaco e già testate con successo sull’uomo, molecole quindi di cui è comprovata la sicurezza”.

Simulato l’effetto contro sei proteine virali

Con Exscalate è stato simulato l’effetto di tutti questi farmaci contro le sei proteine virali di Zika individuate come bersagli. “In genere quando si progetta un farmaco si ha un singolo target e su questo si prova una libreria di molecole” spiega Allegretti. “Ma grazie alle possibilità che il supercalcolo ci offre nel parallelizzare questo processo, noi abbiamo potuto valutare ogni farmaco considerando sei target contemporaneamente, così da identificare quelli potenzialmente più efficaci perché in grado di colpire il virus in più di un punto”. E così in poche ore si sia trovata una molecola efficace, in modelli animali, nel fermare lo Zika.

E poi è arrivato Sars-Cov-2

Un anno dopo questa simulazione di pandemia, con il Sars-CoV-2 è arrivata la pandemia vera e la piattaforma Exscalate ha potuto essere impiegata in condizioni di realtà. “Quando ancora non si sapeva molto del virus, ci siamo basati sulle omologie strutturali e funzionali tra il Sars-CoV-2 e gli altri coronavirus già noti per capire l’utilità delle singole proteine del Sars-CoV-2 nell’infezione delle cellule e nella replicazione del virus” spiega Allegretti. “E questo lavoro ci ha portati a concentrarci su 9 proteine virali – continua Allegretti – poi con il centro di Lovanio (Belgio) che è il centro per i test di screening più importante d’Europa, abbiamo testato le librerie di molecole farmacologiche contro i 9 target del virus”.

Il raloxifene funziona indipendentemente dalle varianti

Trovando una molecola più efficace delle altre, appunto il raloxifene. “Il raloxifene è in grado di interferire con la proteina Spike e anche con la PLpro, una proteasi importante per il virus” spiega Allegretti. “Abbiamo collaborato con il professor Arnaldo Caruso dell’Università di Brescia, presidente della Società Italiana di Virologia, nella caratterizzazione dell’efficacia in modelli standard di infezione in vitro, e abbiamo confermato l’ipotesi che il raloxifene potesse rallentare la replicazione virale. Particolarmente interessante è il fatto che questa capacità del farmaco è risultata indipendente dalle varianti”.

Questo è il risultato dal lavoro che i ricercatori, insieme ai colleghi dell’Istituto Spallanzani e dell’Università di Brescia, hanno svolto sia sulle cellule di scimmia che su quelle umane. “E uno studio clinico multicentrico, approvato in Italia e in altri Paesi, su pazienti paucisintomatici in trattamento domestico ha mostrato che il raloxifene accelera il tempo di negativizzazione del virus, e quindi riduce il rischio di complicazioni” spiega Allegretti. Il fatto che il raloxifene fosse un modulatore dei recettori degli estrogeni è sembrato doppiamente rilevante ai ricercatori: questo tipo di farmaci infatti erano stati studiati in Asia al tempo delle epidemie dei virus Sars e Mers, e si era vista una loro funzione protettiva nelle infezioni da questi altri coronavirus.

C’entrano gli estrogeni (e si poteva intuire)

“Inoltre un coinvolgimento degli estrogeni nella risposta al virus poteva essere intuito anche dalle differenze tra uomini e donne rispetto alla gravità dell’infezione. Si è visto che le donne sono più protette rispetto agli uomini nello sviluppo della severità della malattia” spiega Allegretti. “Quindi oltre all’attività diretta del farmaco sul virus, l’attivazione dei recettori degli estrogeni poteva risultare un ulteriore beneficio”. La doppia azione del raloxifene contro il Sars-CoV-2 verrà dettagliata dai ricercatori in un articolo di prossima pubblicazione, ma il meccanismo di base sembra assodato: “La proteina Spike interagisce con i recettori degli estrogeni: attivandoli, la Spike induce l’espressione del famoso recettore ACE2 che favorisce l’ingresso del virus” spiega Allegretti.

“Il raloxifene ostacola questo processo perché – oltre a bloccare la proteina Spike – occupa lui stesso i recettori degli estrogeni, che così non sono più disponibili per la proteina Spike”. Questo spiegherebbe anche perché nelle donne c’è un effetto protettivo rispetto all’infezione: avendo le donne una maggiore quantità di estrogeni in circolo rispetto agli uomini, nel loro caso per la proteina Spike è un po’ più difficile trovare recettori degli estrogeni “liberi”, e quindi invadere le cellule.



www.repubblica.it 2022-08-01 10:40:38

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